PANGERMANISMO

Enciclopedia Italiana (1935)

PANGERMANISMO

Carlo Antoni

. Termine usato per lo più in senso polemico e perciò di significato poco preciso. I Tedeschi negano che la loro parola Alldeutschtum corrisponda a "pangermanismo". In effetti una tendenza a raccogliere in unità tutte le nazioni di origine germanica non è mai esistita, mentre è esistito e in parte esiste un movimento per la riunione di tutte le stirpi tedesche. Nelle sue forme estreme esso vagheggiò d'incorporare anche gli Olandesi e i Fiamminghi.

Tale movimento pantedesco è conseguenza del modo come nel secolo scorso fu risolto il problema dell'unità nazionale tedesca. Dei due partiti, che fin dal 1848 si erano combattuti sulla questione dell'unità, prevalse, col trionfo della Prussia, il piccolo-tedesco (kleindeutsch), che implicava però un più saldo vincolo federale e l'egemonia prussiana. Il partito grande-tedesco (grossdeutsch), che voleva si comprendessero nella confederazione anche i paesi austriaci, rimase soccombente.

Il vecchio programma grande-tedesco fu ripreso verso la fine del secolo, quando il predominio tedesco in Austria parve seriamente minacciato. Risorse però non ad opera dei vecchi federalisti antiprussiani, ma dei fautori d'una grande politica d'espansione. Il trattato di Zanzibar con l'Inghilterra, considerato uno scacco, provocò nel 1891 la fondazione dell'Alldeutscher Verband, associazione che ebbe a primo presidente l'esploratore Karl Peters. Essa propugnava lo sviluppo e la tutela dei grandi interessi economici tedeschi nel mondo mercé una risoluta politica coloniale e navale; voleva alimentare il sentimento nazionale dei Tedeschi emigrati e di quelli rimasti fuori dei confini dell'Impero; chiedeva nell'interno maggiore energia verso le minoranze nazionali della Slesia, dello Schleswig-Holstein, dell'Alsazia e della Lorena; Patrocinava infine una più stretta intesa politica con l'Austria e un'unione doganale medioeuropea con l'inclusione della Svizzera, del Belgio e dell'Olanda.

Parallelamente si costituiva in Austria l'Alldeutsche Vereinigung, partito capeggiato dal deputato G. v. Schönerer, che nel decennio 1896-1907 battagliò nel parlamento di Vienna contro gli Slavi e nel 1897 cercò d'impedire con l'ostruzionismo l'approvazione delle "Ordinanze sulle lingue" concedenti parità di diritti alle popolazioni non tedesche dell'Austria. Esso rappresentava la reazione dell'elemento tedesco alla politica della conciliazione e dell'equilibrio delle nazionalità promossa da E. v. Taaffe e da K. Badeni. Il partito, che era anche aspramente antisemita, non ebbe fortuna, perché fu inviso alla corte in quanto vagheggiava l'annessione dell'Austria all'Impero tedesco e non nascondeva le sue simpatie per i Hohenzollern, e perché, non essendo estraneo alla propaganda protestante del moto Los von Rom (distacco da Roma), si attirò le ostilità dei cattolici.

A questi movimenti politici si accompagnò un pangermanismo dottrinale, cioè una teoria scientifica o pseudoscientifica del germanesimo, le cui origini sono molto remote: l'esaltazione delle prische virtù germaniche risale a Tacito e l'idea d'una vocazione universale della forte e pia nazione tedesca si deve a Lutero; più tardi i romantici contrapposero lo spirito nazionale germanico, tutto raccolta interiorità e sincerità, allo spirito latino, tutto forma esteriore. La coscienza nazionale tedesca si era manifestata nel corso della sua formazione come senso della sua missione spirituale e come gelosa difesa delle tradizioni e del carattere nazionali: durante l'era guglielmina invece vaste zone dell'opinione pubblica vollero trovare la giustificazione della volontà di potenza del nuovo impero in una teoria della razza. Tuttavia i più celebrati campioni di questo pangermanismo, che riduceva la nazione a fatto biologico, non sono tedeschi. Del concetto di razza si sono serviti lo storico inglese E. Gibbon e Ippolito Taine. Verso la metà del secolo scorso il "normanno" conte J.-A. de Gobineau proclamò l'ineguaglianza delle razze, considerò la mescolanza dei sangui come causa di degenerazione e riconobbe alla razza nordica (che i suoi seguaci finirono con identificare con la germanica) il diritto naturale al comando. Penetrate in Germania, le idee del Gobineau divennero la cosiddetta "antropologia politica", che parlò di dolicocefali e brachicefali, di biondi e di bruni, e in base a statistiche antropometriche distinse le razze pure e le miste, le superiori e le inferiori. Tutta la civiltà del Medioevo, del Rinascimento e dell'età moderna fu considerata opera del dolicocefalo biondo, diretto discendente dell'ario primitivo. La teoria fu elemento di calcolo politico, in quanto garantiva prossimo lo sfacelo delle esauste nazioni latine. L'apostolo più acceso di tale pangermanismo fu l'inglese H.S. Chamberlain, le cui vedute sono state adottate ed accentrate dal nazionalsocialismo (v.; cfr., anche Germania, App., p. 91).

Bibl.: 20 Jahre alldeutscher Arbeit und Kämpfe, Lipsia 1910; O. Bonhard, Geschichte des alldeutschen Verbandes, ivi 1920; G. Schönerer, Fünf Reden, Vienna 1891; J. A. de Gobineau, Essai sur l'inégalité des races humaines, 3ª ed., Parigi 1912; F. Lange, Reines Deutschtum. Grundzüge einer nationalen Weltanschauung, Berlino 1893; L. Woltmann, Politische Antrhropologie, Eisenach 1903; W. Hentschel, Varuna. Eine Welt- und Geschichtsbetrachtung vom Standpunkte der Arier, Lipsia 1901; H. S. Chamberlain, Die Grundlagen des XIX. Jahrhunderts, Dresda 1899; J. L. Reimer, Ein pangermanistisches Deutschland, Lipsia 1904; A. Farinelli, L'umanità di Herder e il concetto della razza nella storia dello spirito, in Studi di filologia moderna, I, Catania 1908; ripubblicato in Franche parole alla mia nazione, Torino 1919.