COMOTTO, Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)

COMOTTO, Paolo

Francesco Quinterio

Nacque da Giuseppe e da Margherita Magistrello a Bianzè (Vercelli) il 14 ott. 1824. Studiò a Torino laureandosi ingegnere e architetto civile alla regia università d'ingegneria; fu allievo di Carlo Promis.

Il giovane C. nel 1847 firmò come architetto il progetto della casa di proprietà Cobasso e Bonesco in viale del Re a Torino; nel 1852 firmò invece come ingegnere l'edificio in via Carrozza di proprietà del conte A. Carpanetto; probabilmente lavorò anche alla stazione di porta Nuova (Bessone Aureli). Ancora come assistente del vercellese A. Peyron, già segnalatosi per il restauro della vecchia aula del Parlamento subalpino, lavorò alla costruzione dell'aula del primo Parlamento italiano realizzata a partire dal 27 ott. 1860 (il giorno dopo l'incontro di Teano) in soli centotredici giorni: il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II vi poté pronunziare lo storico discorso della Corona.

La nuova aula, a carattere provvisorio, in ferro e legno, venne costruita nel cortile di palazzo Carignano con l'emiciclo tangente al celebre corpo ovale. L'interno "di ordine lombardo ha una sola e ampia galleria composta di ventun arcate, molto e forse troppo elevata per le tribune dei corpi dello Stato, per il pubblico [la capienza totale era di 1000 posti]. Una tinta grigia e verde chiaro con poche dorature, di freschezza ed effetto al torrente di luce che viene dal ricco ed elegante lucernario... il numero degli stalli coloriti e scolpiti in terra d'ambra e oro..." (Mondo illustrato, 1861, p. 120). Al C. fu affidata in particolare la decorazione, e al giovane ingegnere A. Albert la direzione e vigilanza dei lavori.

Trasferita la capitale a Firenze, il C. partecipò nel marzo-giugno 1866 al concorso per una nuova aula parlamentare nel salone del Cinquecento in palazzo Vecchio, dopo che la precedente realizzata dall'ingegnere C. Falconieri (poi accusato di illeciti nella conduzione dei lavori), ispirata alla forma a U della Camera del comuni, era risultata stretta e acusticamente difettosa.

Scartata l'ipotesi di trasferire la sede nel cortile dei filippini di S. Firenze, per il quale lo stesso C. aveva presentato un progetto di riduzione a sede del ministero della Pubblica Istruzione, un apposito comitato segreto bandì un concorso per rifare ex novo l'aula. La commissione giudicatrice, composta dal presidente della Camera A. Mari, dal questore L. Baracco e dagli architetti E. Alvino, C. Monti e F. Francolini, scelse fra i sedici concorrenti il tredicesimo contrassegnato dal motto "In labore virtus" redatto dal "cavalier Comotto", esprimendo gravi riserve sui lavori ritenuti privi di "vero merito" e fatti da "persone non molto esperte nell'arte" pur nella difficoltà del tema. Il C. prevedeva (il suo progetto non fu attuato ma vinse il premio di 4.000 lire; al suo posto venne realizzato nel 1868 un progetto più economico dell'ingegnere U. Arnaud) una planimetria ovale, scomoda per gli stalli che rientravano dietro il banco presidenziale ma apprezzata per la "forma più raccolta nel suo insieme più graziosa e più confacente alla sonorità" (La Nazione, 18 ag. 1866); il preventivo era di 256.000 lire. L'illuminazione diurna era ottenuta mediante l'apertura di tre lucernari da ricavarsi nei comparti del soffitto vasariano, quella notturna con lumi a gas da porre lontano dagli affreschi; per l'aerazione si prevedeva di rialzare altre formelle del soffitto. I quattrocentoquarantaquattro stalli erano su otto gradini; gli accessi alle tribune, indipendenti. La struttura era in legno trattato con un procedimento antincendio, la decorazione prevedeva un dossale che avrebbe circondato l'aula con un arco ispirato a quelli dell'Udienza del Bandinelli.

Nel 1870, all'indomani del 20 settembre il C. venne nominato assieme agli ingegneri F. Armellino e P. Barilari membro della Commissione per la proposta degli edifizi per l'Amministrazione centrale di Roma istituita dal Sella onde affrettare i tempi del trasferimento della capitale a Roma. In quell'occasione fu computato il numero dei vani necessari (3.585) e degli impiegati da alloggiare (4.209); gli edifici da adattare dovevano essere ubicati in centro, tra il Quirinale, piazza Venezia, la Chiesa Nuova, Ripetta e piazza di Spagna (escludendo quelli della grande nobiltà romana) per una somma di L. 13.000.000. Per la sede delle Camere, dopo una prima ipotesi di sistemazione in edifici contigui o meglio ancora in uno solo, la commissione propose la Cancelleria per il Senato e Montecitorio per la Camera dei deputati. Il 9 nov. 1870 il C. era fra gli incaricati a porre i sigilli di esproprio al palazzo del Quirinale. Il 23 dic. 1870 la Camera decideva infine la data dello spostamento a Roma: entro sei mesi a partire dal gennaio seguente.

Il C. venne nominato direttore dei lavori, ricevette l'incarico di progettare un'aula provvisoria (e più tardi una biblioteca) dentro il palazzo di Montecitorio. I disegni vennero approvati nel febbraio 1871, ma a causa dei molti appalti da stipulare, della manodopera non specializzata, dei difetti e ritardi di consegna, l'opera fu completata solo nel novembre del 1871.

Ancora una volta la struttura dell'aula era in legno trattato con un sistema antincendio, coperta con lastre di zinco ed illuminata da un gran lucernario al centro. Il collaudo fu positivo ma le critiche feroci: costo eccessivo, sordità dell'aula ("ma l'Onorevole Sella ha voluto il Comotto e il Comotto sia...": in Montecitorio..., 1972, p. 169), pericolo di incendio dovuto alle condutture del gas, correnti d'aria, il colore che era stato previsto in rosso pompeiano era risultato uno smorto sangue di bue e veniva ribattezzato "rosso Comotto" e poi cambiato in un grigio cinerino. L'ingegnere venne compensato con 3.000 lire e con un orologio donato dal presidente; fra i complimenti anche quelli del vecchio Promis (che non erano mancati anche per il precedente progetto fiorentino) che giudicò l'aula "buona composizione, soprattutto nella porzione rettilinea; nell'emiciclo si potrebbe desiderare un po' più di sveltezza nelle colonne...". I difetti si trasformarono presto in pericolo; pochi anni dopo cadevano calcinacci, c'era un "fastidioso schioppettio dei tubi e delle lastre", il legno era marcito dalla pioggia (in Archivio della Camera dei deputati, Presidenza, IV, p. 688).

Si rese necessario bandire un concorso nel 1879, ma per una struttura muraria sempre da realizzare nel palazzo di Montecitorio. Vi partecipò ancora una volta il C. (motto "Laboremus"), prevedendo un'aula nuova da costruire in un'area su via della Missione derivata dalla demolizione dell'antica chiesetta di S. Biagio. Ma non se ne fece mente e in età crispina, nel 1881 fu bandito un altro concorso che prevedeva progetti di massima da realizzarsi in un'area della città scelta appositamente da una commissione. Su diciannove progetti secondo classificato fu quello del C.; fra gli altri c'erano quelli di C. Boito, L. Beltrami, G. Calderini e del giovane E. Basile; anche questo, come i successivi, progetti venne accantonato.

Nel 1883, in qualità di ispettore del genio civile, il C. aveva fatto parte, assieme con l'ingegner F. Giordano, di una Commissione per le prescrizioni edilizie di Ischia istituita dopo il terremoto del luglio di quell'anno; prescrizioni che furono pubblicate in una Relazione (Roma 1883).

Il C. morì a Roma il 14 luglio 1897.

Nelle difficoltà di un tema perseguito per tutta la vita, cioè quello dell'architettura parlamentare, nelle contraddizioni tra l'urgenza del provvisorio e la dignità civile delle istituzioni, il C. portava il segno di una buona scuola, di una tecnica evoluta e capace di ritmi di lavoro che tutt'oggi sarebbero difficili da realizzare. Al tecnico ingegnere, che navigava tra difficoltà politiche, contrasti e provvisorietà di indirizzi, toccò in fondo di essere il bersaglio postumo di colpe che appartenevano al sistema e che niente avevano a che fare con la sua probità da Ecole polytechnique di matrice francese e di ispirazione piemontese.

Fonti e Bibl.: Al di là degli episodi delle tre aule della Camera la bibl. del C. è praticamente tutta da compilare a partire dai repertori: U. Thieme-F. Becker, Künstlerlex., VII, p. 281; A. M. Bessone Aureli, Diz. degli scultori ed archit. italiani, Città di Castello 1947, p. 163; Diz. enc. di architettura e urbanistica, II. Roma 1968, p. 54. Per il periodo torinese: Memorie e lettere di C. Promis, a cura di G. Lombroso, Torino 1877, p. 290; L'Ingegneria civile e le arti industr., XXIV (1898), pp. 51 s. (notizie di M. Pulciano); E. Oliviero, L'archit. in Torino durante la prima metà dell'Ottocento, Torino 1935, pp. 30, 35; C. Merlini, La prima aula del Parlamento ital. nel cortile di Palazzo Carignano, in Torino. Riv. municipale, 1938, n. 3, pp. 37-41; L'aula del primo Parlamento, italiano a Palazzo Carignano, Torino 1961, pp. 45-48; E. Chevallard-D. Frova, Cronaca di Torino: 2000 anni di date, avven. e curiosità, Torino 1972, p. 275. Per il periodo fiorentino: Roma, Arch. della Camera dei dep., Presidenza, vol.3. pp. 515, 516, 557, 561; Ibid., Legislatura IX (seduta 6 agosto 1866); Ibid., Bilancio spese interne (esercizio 1869); Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero Lavori Pubblici, 473, bb. 22 e 30; La Nazione, 21 genn.; 17, 20, 25 marzo; 18 ag.; 5 sett. 1866; Intorno alla novella Camera dei Deputati, ragioni di Carlo Falconieri…, Firenze 1865; Requisitorie e difese pronunciate alla Corte d'Assise di Firenze nella causadel signori C. Falconieri e compagni..., Firenze 1868, p. 38; F. Borsi, La capitale a Firenze el'opera di G. Poggi, Roma 1970, pp. 18-20, nn. 4-10; E. Vitale, in Montecitorio, ricerche di storiaurbana, Roma 1972, p. 166, n. 24; C. Cresti-L. Zangheri, Architetti e ingegneri nella Toscanadell'Ottocento, Firenze 1978, p. 66. Per il periodo romano e successivo: Roma, Arch. centrale dello Stato, Roma capitale, B, bb. 3-6; R, b. 97; Atti parlam., Camera dei dep., Discuss., XI legisl., 1870-71, n. 304; L'Opinione, 24 febbr. 1875; LaLibertà, 26 febbr. 1875; Kunst-Chronik, XIX(1884), p. 710; F. Borsi, Architett. dell'Unità d'Italia, Firenze 1967, pp. 214 s.; Id., in Il palazzo diMontecitorio, Roma 1967, pp. 258-265 (cfr. anche G. Spadolini, ibid., pp. 324 s.); A. M. A. Calandra, Il Palazzo di Montecitorio: genesi, sviluppo, storia, in Storia e nobiltà, IV (1970), 11-12, p. 37; R. Guêze-A. Papa, Gli archivi del IV Corpod'Esercito e di Roma capitale, Inventario, in Romacapitale. Documenti 1870, I, Roma 1970, pp. 49, 66, 74, 165; A. Ravaglioli, Roma la capitale. Immagini di cento anni, Roma 1970, I, p. 101; F. Borsi-M. Del Piazzo-E. Sparisci-E. Vitale, Montecitorio, ricerche di storia urbana, Roma 1972, pp. 141-190; F. Borsi-M. Del Piazzo, Il palazzo del Quirinale, Roma 1973, p. 264; E. Perodi, Roma ital., 1870-1895, Roma 1990, p. 67.

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