PAOLO da Firenze

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PAOLO da Firenze

Alessandra Fiori

PAOLO da Firenze (Don Paolo da Firenze; Paolo Tenorista; Don Paghollo; Paulus de Florentia; Paulus abbas; magister dominus Paulus abbas de Florentia; dompnus Paulus). – Nacque a Firenze intorno al 1355.

Paolo di Marco da Firenze, monaco e poi abate benedettino, fu teorico della musica e compositore. Il suo lascito musicale è inferiore solo a quello di Francesco Landini; sul finire del secolo XX sono emerse numerose notizie che hanno permesso di far luce sulla sua biografia, con una quantità di documenti inusitata per un compositore di quell’epoca.

In base alle denominazioni che accompagnano i brani musicali di Paolo nelle fonti, due informazioni possono essere assunte con certezza: la qualifica di ‘tenorista’, dalla quale si evince che Paolo fu per un certo periodo attivo come cantore, e il titolo di abbas.

Se già nel secondo dopoguerra vennero espresse varie congetture circa l’identità e la carriera di Paolo, è pur vero che buona parte di esse si rivelarono poi infondate; per esempio le presunte origini altolocate in una famiglia dell’aristocrazia fiorentina, dedotte dalla presenza di emblemi delle famiglie Capponi o Leoni nei mss. contenenti le sue opere.

La sua presenza a Roma a seguito del cardinale Angelo Acciaiuoli, documentata dalla firma su una procura del 1404 (cfr. Pirrotta - Li Gotti, 1952, p. 580), non può essere assunta con certezza: nel documento Paolo viene infatti indicato come «abbas Pozzoli aretine diocesis», ossia abate di S. Andrea del Pozzo, presso Castel Fiorentino. Si è poi potuto accertare che Paolo operò effettivamente nella diocesi di Arezzo; restano da provare i rapporti con il monastero del Pozzo. Del tutto erronea, invece, l’identificazione con un «dompnus Paulus monacus» cantore nel 1408 della cattedrale di S. Reparata a Firenze: Paolo, all’epoca, era già abate da diversi anni; del pari infondata quella con un certo don Paolo della badia del Sasso presso Arezzo, morto nel 1419.

La fonte dalla cui conoscenza hanno preso avvio ricerche più fruttuose sulla vita di Paolo è il ms. 1171 della Biblioteca Municipale di Douai, un antifonario fiorentino riccamente miniato e per questo già noto agli storici dell’arte. Dall’iscrizione in apertura del ms. apprendiamo che il codice fu donato nel 1417 dai Capitani di Parte guelfa alla chiesa di S. Maria Annunziata di Firenze, presso l’ospizio detto Orbatello, e che il volume era stato organizzato e ordinato dal reverendo padre don Paolo, abate di S. Martino al Pino, presso Arezzo, nonché rettore della stessa chiesa dell’Orbatello. Al ritrovamento di questa importante testimonianza hanno fatto seguito altre indagini che hanno consentito di delineare la biografia di Paolo a partire dai primi anni del Quattrocento: una carriera divisa tra Arezzo e Firenze.

Le miniature del ms. di Douai sono state attribuite a Bartolomeo di Fruosino, l’artista che, insieme a Lorenzo Monaco e Matteo Torelli, è anche indicato come possibile miniatore di due importanti codici della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze: Palatino, 87 (lo ‘Squarcialupi’) e Ashburnham, 999: tutti e tre i mss. provengono infatti dallo scriptorium di S. Maria degli Angeli a Firenze. La comune origine dei mss., oltre al fatto che Paolo abbia svolto una funzione di supervisore nella progettazione dell’antifonario, ha portato a ritenere ch’egli possa aver avuto mano anche nell’organizzazione del codice Squarcialupi. Singolarmente, però, la sezione musicale riservata a Paolo (oltre a quella prevista per Giovanni Mazzuoli) è rimasta vuota, presentando il solo ritratto del compositore: se si accoglie l’idea che Paolo sia intervenuto nella redazione del codice Squarcialupi, bisognerà dedurne che la compilazione sia stata interrotta proprio a causa della sua morte.

Da un elenco degli abati di S. Martino veniamo a sapere che Paolo tenne l’incarico dal 1409 e che nello stesso anno prese parte al Concilio di Pisa. La sua partecipazione è confermata da altri documenti; da uno di essi apprendiamo che Paolo fu nominato abate da papa Bonifacio IX l’8 marzo 1401. Il Concilio di Pisa vide la deposizione dei pontefici antagonisti Benedetto XIII e Gregorio XII e l’elezione di Alessandro V, l’antipapa Pietro Filargo. La partecipazione ai concili, per chi si dedicava alla musica, era occasione di scambio e confronto, poiché gli alti prelati avevano al loro seguito musicisti e cantori. A un momento prossimo al concilio può essere ricondotto il madrigale di Paolo Girand’un bel falcon (il testo cela un’invettiva contro Gregorio XII), proprio il brano che avrebbe dovuto aprire la sezione di Squarcialupi a lui destinata.

Svariati documenti fiorentini testimoniano l’alta stima goduta da Paolo nell’ambiente ecclesiastico cittadino; durante gli anni Venti egli fu tra gli amministratori della Curia; fu inoltre legato papale per gli interessi di S. Maria degli Angeli e commissario apostolico di Martino V. In diversi documenti è designato come «abbas de Pinu»; negli ultimi anni di vita, tuttavia, risiedette all’Orbatello. Da queste fonti apprendiamo il nome del padre, Marco, e sappiamo che un fratello, Domenico, aveva preso anch’egli dimora nell’ospizio a causa della sua indigenza. Quest’ultima circostanza va contro l’ipotesi dell’appartenenza a una famiglia aristocratica.

Nel 1428 Paolo, per motivi di salute, nominò suo vicario generale a S. Martino il perugino don Angelo dei Tarlatini; e nel 1433 lo designò abate al posto suo.

Il testamento di Paolo, redatto il 21 settembre 1436, nomina, tra i vari eredi, tre fratelli: oltre a Domenico, Antonio e Niccolò. Il lascito connota Paolo come cittadino benestante: oltre a una dote personale di una certa entità, risultano ben otto libri, cinque almeno dei quali liturgici, oltre a una Musica di Boezio e alle Etimologie di Isidoro da Siviglia.

Tra gli esponenti più rappresentativi dell’ars nova italiana, e del particolare stile che ne fu la continuazione (dai musicologi denominata ars subtilior), Paolo getta nel contempo uno sguardo retrospettivo sulla produzione polifonica delle generazioni precedenti, dedicandosi anche al genere del madrigale. Diverse sue ballate risentono dello stile di Landini, con il quale intercorsero forse anche rapporti personali: alcuni brani dei due compositori condividono gli stessi senhal. Tra i suoi madrigali ricordiamo Godi, Firenze, in cui si celebra la risolutiva vittoria dei fiorentini sui pisani (1406), e Non più infelice, che nel testo poetico-musicale rende omaggio sia a Jacopo da Bologna sia a Francesco Petrarca.

A Paolo sono attribuiti una sessantina di brani: 13 madrigali, 42 ballate (una delle quali ugualmente ascritta a Landini), 2 brani sacri, 4 non identificati per scarsa leggibilità. Nel ms. Paris, Bibliothèque Nationale, fonds it., 568, molte attribuzioni a Paolo furono inspiegabilmente cancellate, cosicché la loro assegnazione si è potuta convalidare solo attraverso altre fonti.

Paolo produsse inoltre uno scritto teorico: l’Ars ad discantandum (adiscendum?) contrapunctum.

Non è nota la data di morte, che dovette avvenire non prima del 21 settembre 1436.

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