MASNELLI, Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MASNELLI, Paolo

Gregorio Moppi

MASNELLI (Masenelli), Paolo. – Nacque intorno al 1551 a San Francesco al Teggio (oggi San Francesco di Roverè Veronese), da Angela e Melchiorre (Marchioro) di Simone.

All’inizio degli anni Ottanta del Cinquecento i genitori del M. risultano residenti a Verona, dove Melchiorre era bidello presso l’Accademia Filotima, un posto remunerato con un modesto salario e la concessione gratuita di un alloggio; l’impiego comportava pure l’obbligo di suonare il tamburo durante giostre e tornei organizzati dall’Accademia.

Già dagli anni Settanta il M. aveva cominciato a emergere come musicista negli ambienti veronesi: nel 1578, infatti, due suoi brani Quando nocchier ben saggio su per l’onde e Gridi, pianti, sospiri, aspre querele erano stati pubblicati nel Primo libro de madrigali a cinque voci di Paolo Bellasio, un collega poco più giovane del M., anch’egli al debutto editoriale.

Quattro anni dopo il M. pubblicò la sua prima raccolta a stampa, i Madregali… libro primo a quattro voci (Venezia, A. Gardano, 1582; ed. moderna, a cura di C. Tupputi, Padova 1998). L’opera è dedicata «ai musici dell’honoratissimo ridotto musicale degll’illustri signori conti Bevilacqua». Per tale raffinato sodalizio veronese, dedito al colto conversare e al fare musica, e animato in prima persona dal conte Mario Bevilacqua nel suo palazzo traboccante di libri, opere d’arte e strumenti rari, il M. svolgeva le mansioni di organista; inoltre con ogni probabilità era anche insegnante di musica del conte Alessandro Bevilacqua che, alla morte dello zio Mario, avvenuta nel 1593, continuò a portare avanti l’attività del ridotto. Il libro di madrigali del M. accoglie due madrigali composti da A. Bevilacqua assai prossimi per definizione formale e impostazione stilistica a quelli del suo probabile maestro.

Per la sua prima raccolta madrigalistica il M. scelse alcune rime, per lo più incentrate sul topos della sofferenza amorosa, non particolarmente originali, ma comunque poco o affatto considerate da altri compositori, come la sestina d’apertura Già disfatt’ha le nevi intorn’il sole di Anton Francesco Raineri, risalente a diversi lustri prima e mai intonata in precedenza. Ignota finora la paternità degli altri testi, a eccezione di tre, attribuibili al patrizio veneziano Pietro Gradenigo, al frate predicatore fiorentino Remigio Nannini e al letterato veneto Luigi Groto. La musica che li riveste è improntata a misura ed equilibrio; benché non mostri tratti particolarmente originali, essa è tuttavia conforme al canone medio dell’epoca. Il testo risulta sempre comprensibile e il tipico descrittivismo madrigalistico è utilizzato con discrezione. Sovente vengono accostati episodi contrastanti per densità o complessità di scrittura, omoritmici e imitativi, a polifonia piena e a organico ridotto. Il madrigale conclusivo, Miser’alma, perché tanto sospiri?, è un dialogo a otto voci in doppio coro tra l’Anima e un interlocutore algido e razionale, forse una donna: dal carattere teatrale del brano sembra trasparire la memoria di attività rappresentative svolte nel ridotto dei Bevilacqua.

Dal 1583 il M. non risulta più residente a Verona, dove tuttavia, nella casa dei suoi genitori, abitava ancora il figlioletto Claudio di otto anni. È probabile che già a quell’epoca il M. fosse stato assunto come organista alla corte di Guglielmo Gonzaga a Mantova. Nel febbraio 1585, infatti, la corte mantovana si lamentava di una sua assenza, segno dunque che a quella data egli era già al servizio stabile del duca. Qualche mese più tardi la sua candidatura al posto di organista della cattedrale di Padova fu respinta a larga maggioranza dal capitolo. Il M. conservò l’incarico alla corte di Mantova fino al marzo 1592.

Negli anni Ottanta composizioni del M. figurano con regolarità all’interno di importanti antologie del tempo, come la serie di tre volumi intitolati De’ floridi virtuosi d’Italia, pubblicati a Venezia dagli stampatori Giacomo Vincenzi e Riccardo Amadino, rispettivamente nel 1583, 1585, 1586 (poi ristampati fino all’anno 1600). Nella prima raccolta, curata da Angelo Barbato, compare il madrigale Clori vezzosa e snella; nella seconda la Canzon de’ baci («Baci soavi e cari») di G.B. Guarini, molto amata dai musicisti dell’epoca; nella terza A che tormi il ben mio, versi che già avevano attirato l’attenzione di L. Marenzio e che poco dopo sarebbero stati pubblicati nella versione di C. Monteverdi. Da notare che il terzo volume della serie De’ floridi virtuosi fu dedicato dallo stampatore Vincenti al duca di Mantova Guglielmo Gonzaga, noto musicofilo e compositore, al cui servizio il M. si trovava in quegli anni.

Nel settembre 1585 apparve a Monaco la raccolta, curata da Giulio Gigli, Sdegnosi ardori a cinque voci, concepita come una sorta di gara tra compositori (fra i quali O. di Lasso, J. Regnart, G. Riccio, L. Lechner) chiamati a confrontarsi con un medesimo testo di Guarini, il fortunatissimo Ardo sì, ma non t’amo. Il M. reinserì questo suo madrigale in una sua successiva raccolta, il Primo libro de madrigali a cinque voci (Venezia, G. Vincenzi - R. Amadino, 1586), accompagnandolo con la risposta tassesca Ardi e gela a tua voglia. Dedicata al duca Guglielmo Gonzaga, la raccolta comprende madrigali su poesie manierate e languide di materia amorosa o agreste, perlopiù adespote, culminanti nel conclusivo dialogo a sette voci Deh, fosse il ver che miei fosser quest’occhi. Alle relazioni professionali instaurate durante la permanenza mantovana e al suo rapporto con la dinastia regnante va ricondotta la sua partecipazione, a fianco dei più noti musicisti della cerchia gonzaghesca, alla silloge Novelli ardori… a quattro voci (Venezia, R. Amadino, 1588) dedicati ad Alfonso Gonzaga conte di Novellara da Paolo Bozi, già maestro di canto in S. Barbara a Mantova, così come ai Madrigali a cinque e a sei voci in soggetti di nozze (Venezia, R. Amadino, 1590) messi insieme dal frate agostiniano Ippolito Baccusi per il matrimonio fra Luigi Gonzaga e Felicita Guerrieri.

Tornato a Verona, nel 1593 il M. riuscì ad assicurarsi due prestigiosi posti di organista che mantenne fino alla morte: l’uno in duomo, ottenuto dopo la morte di Giovanni Padovano nel febbraio di quell’anno, avendo quale collega il maestro di cappella I. Baccusi, che nel decennio precedente aveva occupato la stessa posizione nella cattedrale di Mantova; l’altro, a partire dal 1° apr. 1593, presso l’Accademia Filarmonica, dove divenne il primo organista in pianta stabile dalla costruzione dell’organo, del quale supervisionò, con il marchese Spinetta Malaspina e il musicista Bartolomeo Carteri, i lavori di restauro, affidati al bresciano Bernardino Virchi nel 1604. Il contratto con l’Accademia Filarmonica impegnava il M. a essere presente nella sede del sodalizio due giorni a settimana e a comporre ciò che gli organismi direttivi gli avessero richiesto; a tal fine veniva retribuito con 50 ducati annui, 20 dei quali versati direttamente da singoli accademici, fra i quali i conti Marco Verità e A. Bevilacqua. A quest’ultimo, già allievo del M. e all’epoca membro della Filarmonica con l’appellativo di Dedicato, il compositore rese omaggio con la dedica dei Madrigali a cinque, libro secondo (Venezia, R. Amadino, 1596); oltre a lodare la determinazione del nobiluomo veronese nel mantenere in vita le attività del ridotto, il M. ne esaltò le competenze musicali a tal punto da inserire in apertura del volume un madrigale dello stesso Bevilacqua, Soavissimo ardore, su testo di Guarini, definito nella dedicatoria «dottissimo, et leggiadrissimo componimento».

È significativo che degli stessi versi si fosse già servito il M. nel Primo libro de madrigali a cinque voci di dieci anni prima, quasi a voler configurare una affabile tenzone tra discepolo e maestro. Fra gli autori delle rime di taglio elegiaco e patetico, scelte dal M. per il secondo libro di madrigali, Guarini è presente con lo stesso numero di testi di L. Celiano, del quale perlomeno tre brani rappresentano autentiche primizie in campo madrigalistico. Vero e proprio unicum è poi il conclusivo Soavissimo bacio di T. Tasso, che con il suo incipit pare appositamente collocato in quel contesto per far eco a distanza al primo madrigale del ciclo. Contemporaneamente un pezzo del M. già pubblicato, Era tranquillo di Nettuno, venne ristampato nella silloge Paradiso musicale, stampata ad Anversa per P. Phalèse; l’anno dopo lo stesso editore ripropose, all’interno della miscellanea Il vago arboreto, il guariniano Crudel perché non v’ami, posto in musica dal M. e già apparso nell’antologia Di XII autori vaghi e dilettevoli madrigali a quattro voci (Venezia, R. Amadino, 1595).

I problemi finanziari che al principio del nuovo secolo assillarono l’Accademia Filarmonica e il fatto che nel 1600 il conte A. Bevilacqua prendesse congedo dal sodalizio si ripercossero negativamente sul tenore di vita del M., il cui salario fu ridotto drasticamente, in poco tempo, fino a 27 ducati. Spinto dallo stato di salute sempre più precario a causa dell’età e di un’infermità agli occhi, nonché dalla sua situazione familiare (a suo carico aveva all’epoca la moglie Giulia, di vent’anni più giovane, e il figlioletto Gasparo da lei avuto), nel 1611 chiese perciò un aumento, che gli venne accordato nella misura di 5 scudi l’anno.

Il M. morì a Verona il 10 febbr. 1613.

Tali erano le condizioni di indigenza in cui versava che i figli si videro costretti a inviare alla Filarmonica una richiesta di contributo per la sepoltura. La supplica venne accolta e gli accademici erogarono 10 ducati, onorando nella loro assemblea le qualità del defunto musicista.

Fonti e Bibl.: A. Banchieri, Conclusioni nel suono dell’organo, Bologna 1609, p. 12; P. Canal, Della musica a Mantova. Notizie tratte principalmente dall’Arch. Gonzaga, Mantova 1881, p. 67; G. Turrini, L’Acc. Filarmonica di Verona dalla fondazione (maggio 1543) al 1600 e il suo patrimonio musicale antico, in Atti e memorie della Acc. di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 5, XVIII (1940), p. 170; R. Casimiri, Musica e musicisti nella cattedrale di Padova nei secc. XIV, XV, XVI. Contributo per una storia, in Note d’archivio..., XVIII (1941), p. 123; XIX (1942), p. 75; E. Paganuzzi, Documenti veronesi su musicisti del XVI e XVII secolo, in Scritti in onore di mons. Giuseppe Turrini, Verona 1973, p. 563; Id., Medioevo e Rinascimento, in La musica a Verona, a cura di P.P. Brugnoli, Verona 1976, pp. 175, 179, 184 s.; L. Rognini, Organi e organari a Verona, ibid., pp. 442, 444; I. Fenlon, Music and patronage in sixteenth-century Mantua, Cambridge 1980, I, pp. 192-194; C. Tupputi, P. M. veronese (1551-1613). Ricerche sulla biografia e sulla produzione musicale, tesi di laurea, Università di Padova, a.a. 1991-92; Id., Ricerche sulla biografia di P. M. veronese (1551-1613), in Musica a Verona. Studi in ricordo di Carlo Bologna, a cura di M. Materassi - P. Rigoli, Vicenza 1998, pp. 53-81; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, p. 14; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 56; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, pp. 368 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 705; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, pp. 30 s.