ORSI, Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORSI, Paolo

Irene Calloud

ORSI, Paolo (Pietro Paolo Giorgio).Nacque il 17 ottobre 1859 a Rovereto – allora appartenente all’Austria, oggi in provincia di Trento – settimo di otto fratelli, da Pietro e da Maria Keppel.

Crebbe in un clima familiare improntato al patriottismo mazziniano e nel fervore culturale della Rovereto positivista. Appena sedicenne, divenne assistente di archeologia ed entomologia di Fortunato Zeni nel Museo civico della città, fondato dallo stesso Zeni nel 1851. Nel 1879 fu incaricato dalla Società del museo di catalogare le monete della collezione donate da Zeni all’istituzione. L’anno dopo ebbe la carica di conservatore della sezione archeologica e numismatica, condivisa per il quinquennio 1890-95 con Federico Halbherr e poi tenuta da solo per tutta la vita.

Dopo il liceo presso l’Imperial Regio ginnasio di Rovereto, nel 1877 intraprese studi umanistici all’Università di Padova, proseguiti a Vienna con Otto Hirschfeld e Otto Benndorf, grazie ai quali poté affinare la sensibilità storico-antiquaria ed epigrafica. Agli inizi degli anni Ottanta, a Roma, seguì le lezioni di paletnologia di Luigi Pigorini, rimanendone profondamente influenzato. Si laureò a Padova nel 1882. Nel 1884 chiese la nazionalità italiana.

Negli anni universitari, suggestionato dalla passione dell’epoca per l’esplorazione dell’ambiente alpino, perlustrò le vallate natie con metodo scientifico, raccogliendo informazioni sulla storia e sulla topografia del territorio. In taccuini poi divenuti celebri appuntò le impressioni ricavate dalle ricognizioni, segnalando con rigore reperti mobili, indizi di toponomastica ed epigrafia, nonché confronti di tipo naturalistico, esito di una formazione di impostazione positivistica e filologica.

Tra il 1881 e il 1883 avviò i primi scavi in tre siti preistorici trentini: il Colombo di Mori, la Busa dell’Adamo e Castel Tierno. I risultati, pubblicati a partire dal 1878, segnarono l’inizio della moderna ricerca scientifica sulla regione, dalla preistoria all’epoca medievale, rivelando uno studioso dalle singolari competenze e capace di lavorare su contesti e problemi archeologici di differenti periodi storici.

Dopo un trimestre d’insegnamento nel 1883 presso il liceo di Alatri (Frosinone), dal gennaio 1884 al maggio 1885 fu alla Direzione generale delle antichità e belle arti di Roma, come vice-auditore straordinario nell’Ufficio speciale per le antichità di Roma e del suburbio, all’epoca diretto da Felice Bernabei e Giuseppe Fiorelli. Dall’estate del 1885 fu sottobibliotecario di seconda classe alla Biblioteca nazionale di Firenze con compiti di catalogazione e riordino inventariale, e strinse rapporti con Domenico Comparetti. In quel periodo la pubblicazione con Halbherr dello studio Antichità dell’antro di Zeus Ideo in Creta (Firenze 1888) gli conferì rinomanza internazionale.

Nominato ispettore di terza classe degli Scavi, musei e gallerie del Regno dalla Direzione centrale dell’antichità di Roma nel maggio 1888, fu destinato a Siracusa come coadiutore del direttore del museo della città, Francesco Saverio Cavallari. Nel 1889 ottenne la libera docenza in archeologia all’Università di Catania, dove, senza mai avere il ruolo, insegnò fino al 1899, quando rinunciò per incompatibilità burocratica con la carica di ispettore agli scavi. Direttore reggente del Museo nazionale di Napoli (dicembre 1900-marzo 1901) come successore di Fiorelli, vi lasciò un’impronta significativa, gettando le basi per il riordino globale realizzato dal suo successore Ettore Pais. Dal 1891, divenuto direttore del Museo nazionale di Siracusa, si prodigò nell’allestimento delle sale e nell’ampliamento delle collezioni preistoriche, romane e medievali.

Nel 1907 gli furono affidati tre uffici: la Soprintendenza agli scavi e ai musei archeologici per le province di Siracusa, Catania e Caltanissetta (comprensiva allora di Enna), la Soprintendenza ai monumenti per le province di Siracusa e Catania e la Soprintendenza alle gallerie, ai musei medievali e moderni e agli oggetti d’arte per le province di Siracusa, Catania e Messina. Rimase in Sicilia per un quarantennio, aprendo prospettive di studio destinate ad avere un’incidenza profonda e duratura sulle conoscenze archeologiche dell’isola.

Grazie a ricerche sistematiche in una terra fino ad allora in gran parte sconosciuta dal punto di vista archeologico e con un’eredità di studi legata principalmente alla tradizione letteraria, cominciò a tracciare le linee di studio per la ricostruzione della preistoria siciliana e della Sicilia preellenica. Avviò l’esplorazione dei maggiori siti preistorici (Stentinello, Castelluccio, Thapsos, Plemmirio, Melilli, Cozzo Pantano, Pantalica, Cassibile, Finocchio, Banco Grande, Monte Tabulo), riuscendo, tramite l’indagine condotta su centinaia di tombe e la comparazione di corredi funerari, tipologie di sepoltura, dati naturalistici e antropologici, a inquadrare la civiltà indigena dal II millennio al V secolo a.C., fino all’irrompere della civiltà ellenica e alle ultime manifestazioni autoctone. Nel 1892 elaborò la prima classificazione della preistoria siciliana, completata nel 1896 con la suddivisione in quattro periodi siculi, preceduti dal neolitico di Stentinello, e individuò per primo le tracce della civiltà micenea in Sicilia.

Parimenti importanti furono i contributi allo studio del mondo greco coloniale – la topografia, l’evoluzione dell’architettura sacra, civile e militare, la cultura materiale e la monetazione – attraverso lavori imponenti a Siracusa, Agrigento, Lentini, Megara Hyblea, Gela, Pantalica, Camarina e Tapso. Le sue ricerche si estesero anche all’interno, ad Akrai, Eloro, Camarina. Con i collaboratori Sebastiano Agati (architetto), Rosario Carta (disegnatore) e Giuseppe D’Amico (restauratore) diresse grandi scavi, senza mai trascurare la pubblicazione dei risultati in riviste specializzate, fra cui Notizie degli Scavi di antichità e dei Monumenti antichi. L’impegno profuso a Siracusa culminò con l’indagine dell’Athenaion, illustrata in una monografia (Esplorazioni dentro ed intorno al tempio di Athena in Siracusa, Roma 1910), in cui tracciò la storia della colonia dalle origini fino all’età cristiana.

Nel 1907 assunse anche la direzione dell’appena costituita Regia Soprintendenza agli scavi e musei di Reggio Calabria, dove – nonostante problemi economici e di salute – svolse fino al 1924 un’attività assidua e organica su terreni inesplorati della Magna Grecia, lottando contro gli scavi clandestini e promuovendo una politica di espropri a tutela del patrimonio. Anche in Calabria dedicò lo stesso impegno scientifico nella ricognizione dei luoghi. Basandosi sull’intuizione topografica e sull’ottima conoscenza delle fonti identificò Caulonia, la colonia achea a Monasterace Marina (1911-15), Hipponion a Monteleone (1912-15) oggi Vibo Valentia, e la colonia locrese Medma a Rosarno (1912-24).

Le campagne di scavo miravano a confermare ciò che aveva intuito e ad analizzare i tre elementi cardine delle città antiche: il tempio, le mura e le necropoli. Così avvenne a Locri, dove già nel 1889 aveva condotto una fortunata campagna archeologica in contrada Marasà con Eugen Petersen, per poi riprendere i lavori come soprintendente nel santuario di Persefone alla Mannella e in contrada Marafioti, primo impatto con la realtà dei grandi santuari greci. Parallelamente, avviò ricerche nell’entroterra (necropoli di Canale e Janchina), acquisendo i dati necessari alla ricostruzione dei contesti storici-architettonici delle città, come per esempio per il santuario di Hera Lacinia, a Capo Colonna, presso Crotone (1910-11).

Con analoga vivacità intellettuale affrontò la complessa realtà bizantina della Calabria, promuovendo la valorizzazione di edifici in pericolo o dimenticati, quali la Cattolica di Stilo (1911), restaurata grazie all’intervento di Umberto Zanotti Bianco e alla disponibilità della regina Margherita, S. Giovanni Vecchio e l’antica abbazia di S. Maria di Terreti. Dopo la campagna di scavi nella piana di Sant’Eufemia e la ricerca degli insediamenti di Temesa e Terina, l’attività in Calabria subì un arresto per gli eventi bellici.

Il sodalizio di Orsi con Zanotti Bianco cambiò le sorti dell’archeologia calabrese. Insieme fondarono, nel 1920, la Società Magna Grecia, con l’obiettivo di proteggerne e valorizzarne le memorie e, nel 1931, la rivista Archivio storico per la Calabria e la Lucania, che Orsi diresse assieme al Bullettino di paletnologia italiana.

Nel 1924, con il contributo della Società Magna Grecia – che, in circa tredici anni, consentì alle quattro Soprintendenze del Mezzogiorno di compiere, con fondi privati, una trentina di campagne archeologiche – diresse la sua ultima grande campagna di scavo a Cirò Marina dove riportò alla luce il santuario di Apollo Aleo, una delle sue scoperte di maggior rilievo, con il ritrovamento dell’acrolito in marmo della divinità.

Il 18 settembre 1924, su indicazione del roveretano Ettore Tolomei, fu nominato senatore del Regno, prestando giuramento in dicembre. Anche in questa veste, si adoperò per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali siciliani e calabresi, richiamando l’attenzione del Senato sull’insufficienza delle erogazioni destinate al settore storico-artistico e sull’esiguità del personale nelle soprintendenze.

In pensione nel 1934, lasciò Siracusa nel maggio 1935, dopo aver condiviso il lavoro con il nuovo soprintendente Giuseppe Cultrera. Tornò a Rovereto, rinsaldando il legame con il museo – mai interrotto grazie a donazioni di reperti, contributi economici e pubblicazioni scientifiche – al quale lasciò in eredità la sua collezione di antichità, costituita da materiali dall’epoca preistorica al tardo ellenismo, fino a oggetti di produzione arabo-medievale ed esemplari numismatici. La raccolta è stata ampliata nel 1977 da altri reperti donati al museo dagli eredi dell’archeologo (in particolare dalla nipote Anita, figlia del fratello Osvaldo). La biblioteca privata rimase a Siracusa, presso la Soprintendenza.

Morì a Rovereto l’8 novembre 1935.

Fra le numerose onorificenze e cariche, merita ricordare quelle di socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino (31 maggio 1908) e dell’Accademia dei Lincei (18 luglio 1896 e dal 13 agosto 1914 socio nazionale); di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (29 maggio 1913), di commendatore (1° giugno 1930) e di grande ufficiale (15 febbraio 1934) dello stesso ordine. A Orsi è intitolato il Museo archeologico regionale di Siracusa.

Fonti e Bibl.: A Rovereto, presso l’Archivio Museo civico e Biblioteca, si conservano i carteggi con C. Malfatti e G. de Cobelli, la fototeca, i taccuini dal 1877 al 1880, i disegni e manoscritti; Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Carteggi, 1926, f. 5.1.3356; 1928-30, f. 5.2.4805; Padova, Univ. degli Studi, Dipartimento dei beni culturali, Laboratorio Arch. (sede Ponte di Brenta), fondo Pigorini, Epistolario Orsi a Pigorini (200 manoscritti: lettere e biglietti; ff. 1-6; buste 3; 8 N-P; 10 Str.-Z; 11; 16; 18; 31; 46; 48; 64); Siracusa, Museo archeologico regionale Paolo Orsi (150 taccuini, inventariati ma non accessibili, in corso di digitalizzazione). Per la produzione di Orsi si rimanda alle principali raccolte bibliografiche: G. Agnello, Bibliografia completa delle opere di P. O., in P. O. (1849-1935), a cura di U. Zanotti Bianco, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, V (1935), 3-4, pp. 353-483; P.E. Arias, Quattro archeologi del nostro tempo, Pisa 1976, pp. 15-29; V. La Rosa, Orsi.Una storia accademica, in Archivio storico della Sicilia Orientale, LXXIV (1978), pp. 465-571; Atti del Convegno P. O. e l’archeologia del ’900, in Annali dei Musei civici di Rovereto, sez. archeologia, suppl. vol. 6 (1990), Rovereto 1991; A.M. Marchese - G. Marchese, Bibliografia degli scritti di P. O., Pisa 2000. Informazioni diverse sono reperibili anche in: E. Gran-Aymerich, Dictionnaire biographique d’archéologie: 1798-1945, Paris 2001, ad vocem; E. Gentile - E. Campochiaro, O. P., in Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia fascista, Napoli 2004, p. 1753; Magna Graecia. Archeologia di un sapere (catal.), a cura di S. Settis - M.C. Parra, Milano 2005, pp. 192-284; O., Halbherr, Gerola. L’archeologia italiana nel Mediterraneo, a cura di B. Maurina - E. Sorge, Rovereto 2010, pp. 19-167.

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