ANASTASIO II, papa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANASTASIO II, papa

Paolo Bertolini

Romano, figlio, come già papa Felice III, di un sacerdote, Pietro; diacono, fu elevato al soglio pontificio (24 nov. 496), dopo la morte di Gelasio I, in un momento difficile per la Chiesa di Roma, quando i rapporti dell'imperatore con quest'ultima, in lotta contro la ripresa del monofisismo nelle Chiese orientali, erano assai tesi.

Nel 482 l'imperatore Zenone, d'accordo col patriarca di Costantinopoli, Acacio, aveva promulgato, nell'intento di trovare una via di fra le dottrine monofisite e la solenne definizione di fede che le aveva condannate nel concilio di Calcedonia del 451, il famoso 'Enwtikán o "Editto di unione". Il papa Simplicio, se pure aveva conosciuto il documento, era morto nel marzo 483 senza aver avuto il tempo di prender posizione nei suoi confronti; Felice III (consacrato probabilmente il 13 marzo 483), eletto ad onta dei maneggi del partito filobizantino, stroncati dalla pronta reazione della fazione senatoria favorevole ad Odoacre, dopo avere invano invitato Acacio a presentarsi dinanzi al suo tribunale, convocava in Roma un concilio dove, il 28 luglio 484, settantasette vescovi dichiaravano deposto Acacio. La difesa delle dottrine ortodosse veniva continuata da Gelasio I (1° marzo 492-21 nov. 496) con rinnovata fermezza: fallita un'ambasceria pontificia e irrigiditosi l'imperatore (allora Anastasio I Dicoro, 491-518) nelle sue posizioni di intransigenza, Gelasio I gli indirizzava una lettera, in cui, pur dichiarando di rispettare, amare, accettare l'imperatore, non si limitava a riaffermare il principio dei primato giurisdizionale della Sede apostolica, ma enunciava anche, con limpidezza singolare, il concetto dell'indipendenza dell'"auctoritas sacrata pontificum" dalla "regalis potestas"ambedue pari in dignità, ma con competenze autonome ed essendo soltanto alla prima delegato il potere di emanare decreti in materia religiosa. Il concilio di Roma del maggio 495 aveva solennemente approvato l'atteggiamento di Gelasio I.Ma la gravità delle conseguenze che poteva avere, nel mondo cristiano, lo scisma. di Acacio fu la prima, preoccupazione del nuovo pontefice che mostrò subito di voler cercare la via d'un accordo. mutando, in senso più conciliativo, le direttive della politica religiosa dei suoi predecessori. Innanzitutto tentò di riprendere i rapporti con le Chiese di Oriente, troncati nel 484; profittando della missione senatoria inviata da Teoderico a Costantinopoli (inizi del 497) per risolvere, sotto la guida, del caputsenatus Flavio Festo, i problemi d'ordine politico e costituzionale che stavano a cuore al re ostrogoto, A. mandava con essa due vescovi, Cresconio e Germano, che comunicassero la sua avvenuta elezione all'imperatore e gli consegnassero una sua lettera. Era una mossa distensiva come l'amichevole tono della lettera che non conteneva, in realtà, nessuna concessione su problemi di fondo: H papa chiedeva infatti, e con insistenza, la condanna della memoria di Acacio. Era la posizione di Gelasio I, anche se più conciliante nello stile: "Felice ed Acacio sono morti", scriveva A., "perché disturbare il nome di Acacio?", e pregava l'imperatore di adoperarsi perché "quella tunica del Salvatore, che era stata tessuta dal cielo in un unico pezzo, non fosse soggetta più a lungo, a causa d'un sol morto, agli incerti di una sorte avversa". Dichiarava altresì di riconoscere la validità dei battesimi e delle ordinazioni conferite secundum canones da Acacio; ma anche questo era già stato, fatto dai suoi predecessori. Le istruzioni che aveva dato ai suoi legati dovevano, tuttavia, essere abbastanza larghe se, come pare, due rappresentanti della Chiesa di Alessandria, il cui vescovo era di idee talmente avanzate che lo stesso paniarca di Costantinopoli ne aveva respinto la comunione, si misero m contatto con Cresconio e Germano per tentare un accordo con la Santa Sede e consegnarono loro un documento di contenente una professione di fede che si manteneva, però. Sulle linee dell''Enwtikán.

Era, probabilmente, questa una conseguenza della relazione, forse fin troppo ottimista nel propri confronti, fatta dal diacono Fotino di ritorno dal suo viaggio a Roma. (497 circa); come è probabile che Fotino si sia vantato di aver ottenuto condizioni assai vantaggiose. Per effetto delle lettere di Gelasio I. in cui si esponevano gli errori e gli eccessi di Acacio che il vescovo di Tessalonica, Andrea, aveva fatto leggere nella sua e nelle chiese limitrofe, si era avuta m quella diocesi una manifestazione favorevole alle idee romane ed era stato lanciato l'anatema contro l'antico vescovo di, Costantinopoli. E proprio come legato del metropolita Andrea (che pure era stato uno dei più, ardenti fautori di Acacio) era giunto a Roma il diacono Fotino ed era stato ammesso alla comunione del pontefice.

Tuttociò mostra il disgusto di A. per questo scisma e la sua propensione veno misure che avrebbero potuto preparare il ritorno delle chiese separate. Ma proprio questo atteggiamento conciliativo sollevò, fra il clero di Roma, le critiche più aspre,specie dopo la benevola accoglienza da lui riserbata al diacono Fotino e la ripresa, tramite quest'ultimo, delle relazioni con la Chiesa di Tessalonica; le garanzie richieste dal papa, infatti, sembrarono, a persone di troppo zelo, insufficienti. Anzi, secondo l'autore dei Liber Pontificalis,una parte dei clero romano si sarebbe staccata dalla comunione col papa; e la realtà di uno scisma, più o meno nettamente delineatosi in Roma negli ultimi tempi di A., non può non apparire a chi tenga conto della vivacità con cui, alla sua morte, il partito filobizantino e quello che potremmo chiamare "romano" si batterono per la successione. L'autore del Liber Pontificalis attribuisce la morte prematura di A. a un castigo di Dio perché, così afferma, voleva riabilitare la memoria di Acacio. Ciò èassolutamente falso. Le lettere autentiche del papa gli danno, a questo proposito, una chiara smentita; anche se si possono comprendere bene le cause del sentimento di cui si è fatto interprete e che lo porta a snaturare la verità delle. intenzioni dei pontefice. Graziano riprodusse nel Decretum (I,XIX, 9) il passo del Liber Pontificialis.

Al successo nel campo politico dell'ambasceria di Flavio Festo, che, probabilmente nel. 498, aveva raggiunto il suo scopo col riconoscimento ufficiale di Teoderico come "rex" in Italia pur nell'ambito dell'Impero, non, si era accompagnato, nel campo religioso, quello della missione pontificia di Cresconio e Germano per l'opposizione dell'imperatore, e per il mancato concorso dei rappresentanti di Teoderico e del Senato; corse anzi voce che Festo avesse promesso ad Anastasio I di portare il papa a sottoscrivere l''Enwtikán Sarebbe stato un ristabilire l'unità religiosa secondo i principi d'Acacio; la sconfitta della Chiesa di Roma, cioè. E l'azione svolta da Festo dopo il suo ritorno a Roma confermò che egli si doveva essere vincolato alla politica religiosa dell'imperatore. Ma il papa morì (19 nov. 498) prima che si fosse riusciti a farlo aderire all'"Editto di unione". Della tradizione che voleva A. eretico si fece portavoce Dante, che pone nell'XI canto dell'Inferno,vv. 8-9, il papa tra gli eresiarchi, in quanto tratto "della via dritta" da Fotino.

Fonti e Bibl.: Jaffé-Wattembach, Regesta Pontificum Romanorum,I,Lipsiae 1885, pp. 95 s.(la lettera che A. avrebbe inviato a Clodoveo in occasione dei suobattesimo [Jaffé-Wattembach, op. cit.,num. 745, p. 96] è un falso del XVIII sec.; cfr. in proposito J. Havet, Questions Mérovingiennes,in Oeuvres,I,Paris 1896, pp. 61-71); A. Thiel, Epistolae Romanorum Pontificum genuinae,I,Braunsberg 1868, pp. 82 e ss., 614 ss.; Liber Pontificalis,a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, pp. 258 s.; L. Duchesne, L'Eglise au VI siècle,Paris 1925, pp. 14-16; H. Grisar, Roma alla fine del mondo antico,II,Roma 1930. pp. 13-17; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi,Bologna 1941, pp. 31 s., 46 ss.; A. Fliche-V. Martin, Storia della Chiesa,IV,a cura di G. Bardy, Torino s.d. [ma 1941], pp. 302 s., 336.

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