Paradiso fiscale

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

paradiso fiscale

Gianpaolo Crudo

Locuzione di origine inglese (tax haven, «porto» o «riparo fiscale»), coniata nel 1727 da Giorgio II re di Gran Bretagna per designare le Isole Cayman. Nel linguaggio corrente individua un Paese che offre un trattamento f. privilegiato, rispetto alla generalità degli altri Stati, al fine di attirare capitali di provenienza estera.

Il prelievo f. nazionale finanzia i servizi pubblici da offrire ai cittadini (per es., difesa del territorio, istruzione e assistenza sanitaria); pertanto, quanto maggiore è la popolazione o l’estensione territoriale, tanto maggiori sono le risorse che si rendono necessarie. Tale circostanza impedisce di ridurre la pressione f. oltre certi limiti, senza diminuire la qualità o la quantità dei servizi pubblici. I p. f., al contrario, sono generalmente caratterizzati da ridotta popolazione e/o estensione territoriale e necessitano, quindi, di minori risorse economiche. Per tali Paesi l’abbassamento delle aliquote può determinare un afflusso rilevante di base imponibile estera, consentendo d’incrementare i servizi pubblici offerti ai propri residenti.

La concorrenza dannosa dei paradisi fiscali

In origine i p. f. nascono spontaneamente, con politiche liberiste di laisser faire (➔) che ne favoriscono il rapido sviluppo economico (per es., Isole Cayman e Hong Kong). A partire dagli anni 1970, con la progressiva liberalizzazione finanziaria e l’avvento della globalizzazione (➔), sempre più giurisdizioni hanno iniziato a praticare politiche f. aggressive, tese all’erosione del gettito dei Paesi con maggiore pressione tributaria. Per tali ragioni, la politica f. perseguita dai p. f. è classificata, in ambito internazionale, come concorrenza f. dannosa. Negli anni 1990 l’OCSE (➔) ha coordinato le politiche internazionali per contrastare i fenomeni di concorrenza f., predisponendo elenchi (le cosiddette black lists) nei quali sono enumerati i Paesi che offrono trattamenti tributari privilegiati e la tipologia di operazioni potenzialmente dannose. Tale strategia ha consentito ai singoli Stati di attuare idonee misure antievasive.

Normativa italiana contro i paradisi fiscali

Con riferimento all’Italia, si può evidenziare come siano state rafforzate le disposizioni a contrasto dei p. f., soprattutto grazie alla l. 244/2007 (Finanziaria 2008). Quest’ultima, infatti, ha inserito l’art. 2, 2° co. bis, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che consente di presumere ancora residenti – salvo prova contraria – tutte le persone fisiche che si trasferiscono in Paesi a fiscalità privilegiata. Sono state potenziate, inoltre, le disposizioni che regolano la determinazione del reddito d’impresa, escludendo la deducibilità dei costi delle operazioni che hanno come controparti imprese residenti in p. f. (art. 110, 10° co., TUIR). Non sono considerati p. f. gli Stati che non presentano trattamenti fiscali di favore e quelli che consentono lo scambio d’informazioni con l’amministrazione finanziaria nazionale; tali nazioni sono incluse nella cosiddetta white list predisposta dal ministro dell’Economia e delle Finanze (ex art. 168 bis, TUIR).

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