Parassiti

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

parassiti

Gabriella D’Ettorre
Giulio Levi

Organismi ‘scrocconi’ causa di molte malattie

I parassiti sono esseri che vivono a spese di altri organismi animali o vegetali, detti ospiti, che ne garantiscono la sopravvivenza e la capacità di riprodursi. Per alcuni parassiti l’uomo rappresenta la ‘casa’ ideale per sopravvivere e moltiplicarsi, per altri invece è solo una tappa transitoria prima di completare il proprio ciclo vitale. Per molti altri parassiti gli ospiti preferiti sono gatti, cani, topi, pecore, capre, maiali, mucche, da cui possono passare all’uomo. In senso figurato, si dice parassita una persona che sfrutta senza fare fatica il lavoro o la mensa altrui (in quest’ultimo caso equivale a scroccone). Sono molti i parassiti responsabili di malattie, anche gravi, nell’uomo

Chi sono i parassiti

Molti parassiti dell’uomo o di altri ospiti sono organismi costituiti da una sola cellula; per lo più si tratta di Protozoi, tra cui l’ameba, la leishmania, il tripanosoma, il toxoplasma, il plasmodio della malaria. Altre volte sono organismi pluricellulari e la loro presenza nell’organismo si chiama infestazione. Alcuni (soprattutto i vermi o elminti) sono in grado di installarsi nelle cavità dell’organismo che comunicano con l’esterno, per esempio stomaco, intestino, vescica, oppure in tessuti e organi più profondi e per questa capacità di vivere dentro il nostro corpo sono classificati come endoparassiti. Parassiti pluricellulari che infestano l’uomo e altri animali sono però anche quelli che si installano sulla superficie corporea e che sono denominati ectoparassiti. Tra questi ricordiamo molte specie di acari e vari insetti, quali i pidocchi e le pulci.

Il parassitismo può essere accidentale oppure obbligatorio. Il primo si riferisce a organismi animali o vegetali che conducono normalmente vita libera, ma che, una volta penetrati nell’ospite, passano a vivere come parassiti. Il secondo, invece, si riferisce a organismi che dipendono, per almeno una parte del loro ciclo biologico, dall’ospite senza il quale non possono completare la loro crescita e la loro riproduzione.

Malattie da endoparassiti

La maggior parte degli endoparassiti umani compie il suo ciclo vitale in ospiti diversi, quali animali vertebrati o invertebrati. In questo caso l’ospite obbligato in cui si svolge la fase del ciclo vitale che porta alla riproduzione prende il nome di ospite definitivo, mentre l’ospite in cui il parassita compie una fase del proprio ciclo biologico, dando origine alle forme infettanti che sono trasmesse poi all’ospite definitivo, è detto ospite intermedio. Tra i numerosi endoparassiti dell’uomo, gli elminti, o vermi, spiccano per la loro diffusione e, in certi casi, per la gravità delle malattie che possono provocare. Essi sono in genere rivestiti di sostanze che l’ospite riconosce come estranee (antigeni): ciò innesca una serie di risposte immunitarie che possono danneggiare gli organi. I vermi parassiti, inoltre, per sopravvivere utilizzano il sangue dell’ospite, spesso causandogli grave anemia e quindi uno stato di affaticamento cronico.

In generale, molte malattie, anche gravi, dovute a parassiti possono essere evitate con la prevenzione, che spesso consiste nell’adottare adeguate misure igieniche, come evitare di mangiare cibi sospetti, quali carni o pesci crudi o poco cotti, non fare il bagno né lavarsi in acque contaminate e astenersi da eccessiva familiarità con animali in grado di trasmettere le uova o le larve di parassiti che poi si installano nel nostro corpo.

Nematodi: i vermi più diffusi nel nostro paese

Tra gli elminti, i parassiti della classe dei Nematodi sono i più comuni. A questi appartengono gli ossiuri, vermi biancastri e piccoli (mezzo centimetro se maschio, uno se femmina), che vivono esclusivamente nell’intestino umano. Per infettarsi con gli ossiuri basta ingerirne le microscopiche uova, mettendosi le mani poco pulite in bocca (come capita spesso ai bambini) dopo aver toccato le feci o oggetti sporchi (pavimento, giocattoli, biancheria). Dall’uovo installatosi nella parte più alta dell’intestino (duodeno) si sviluppa il verme che poi si dirige verso le parti più basse dell’intestino da cui infine esce con le feci. La femmina adulta depone le uova vicino all’orifizio anale, soprattutto di notte, causando un prurito a volte assai fastidioso, ed è facile che le uova passino sulle dita di chi combatte il prurito grattandosi. Al prurito si possono associare altri sintomi, quali dolori alla pancia, nausea, vomito, disturbi urinari. La cura per eliminare gli ossiuri è un po’ lunga, e sarebbe meglio evitare di ingerire queste uova poco nutrienti, usando le norme igieniche necessarie. In alcune scuole materne (ma non solo) un bambino su due ha questa infestazione.

Uova da cui stare alla larga sono anche quelle di altri Nematodi, tra cui emerge il genere Ascaride, specie Ascaris lumbricoides, che infesta l’uomo. Le sue uova, una volta giunte nell’intestino dell’ospite, si schiudono e rilasciano larve che poi diventano vermi cilindrici biancastri o rosacei che possono raggiungere i 30÷40 cm di lunghezza. Le uova (ogni femmina ne può produrre fino a 200.000 al giorno!) vengono rilasciate nell’ambiente con le feci dell’ospite ma, resistenti come sono, possono rimanere nel terreno anche per mesi o anni, contaminando ortaggi e verdura. L’ascaride dell’uomo può causare disturbi intestinali (dolori, diarrea, stitichezza), e a volte le sue larve riescono a raggiungere il fegato o i polmoni, e allora i disturbi diventano più consistenti. È buona norma, per prevenire la malattia, lavare sempre la frutta, la verdura e le mani; e curarsi al più presto se gli ascaridi ci hanno scelto come loro dimora.

Un altro nematode: il verme dell’aringa

Ai Nematodi appartiene anche il genere Anisakis, la cui parassitosi è legata all’usanza di mangiare pesce crudo, molto diffusa in paesi come il Giappone, ma in espansione anche in Europa (con il sushi giapponese, le alici marinate o il carpaccio di pesce). Le larve di alcune specie di Anisakis, che si presentano come sottili filamenti bianchi lunghi vari centimetri, hanno infatti come ospiti intermedi pesci di cui ci nutriamo, tra cui aringhe (da qui il nome comune di verme dell’aringa), acciughe, triglie, merluzzi, sgombri, pagelli e anche molluschi come i calamari. A questo nematode piace anche abitare nello stomaco e nell’intestino dell’uomo, e in questo caso provoca sintomi come dolori, nausea, vomito, diarrea, e addirittura ulcerazioni della parete intestinale e peritoniti. In certi casi può essere necessario l’intervento del chirurgo. È buona norma, quindi, mangiare pesce ben cotto o, se crudo, congelato per almeno 24 ore a 220 °C, una norma stabilita per legge e rivolta ai ristoratori.

La tenia, il verme più lungo

Il verme più lungo, che nel nostro intestino può giungere fino a 10 m di lunghezza e rimanervi sgradito ospite per decenni, è un verme piatto, la tenia, nelle sue varietà di Taenia solium, o verme solitario (la più diffusa), o di Taenia saginata, della classe dei Cestodi.

Anche se l’infestazione da tenia è oggi meno frequente che in passato, rimane sempre temibile. Nel caso di queste due tenie ci si infetta non tramite le uova o le larve ma mangiando carne cruda o poco cotta degli animali di cui si nutrono (il maiale per la Taenia solium e i bovini per la Taenia saginata), nella quale le larve si sono incistate trasformandosi in vescichette con dimensioni di un chicco di riso: i cisticerchi. Sono questi cisticerchi che, giunti nell’intestino, si trasformano nel verme adulto. Questo ha una piccola testa (scolice) fornita di ventose o di uncini con cui si ancora alle pareti dell’intestino e una serie di segmenti, detti proglottidi, come piccoli ‘vagoni’, uno attaccato all’altro, ognuno dei quali è carico di decine di migliaia di uova. Ogni tanto qualche proglottide si stacca e le uova escono con le feci, inquinando l’ambiente. La tenia non ha né bocca né intestino: si nutre del cibo presente nell’intestino dell’ospite assorbendolo direttamente attraverso la sua pelle sottile. Fino a quando, per mezzo di opportuni farmaci, non si riuscirà a fare uscire la testa del verme dal corpo dell’ospite, la tenia continuerà a produrre nuove proglottidi.

Attenzione ai cani randagi

Ai Cestodi appartengono anche altre tenie, piccoli vermi piatti chiamati echinococchi, il cui ospite definitivo è il cane (ma anche la volpe o il gatto), che spesso non mostra segni di malattia anche se il verme si sta sviluppando nel suo intestino. Ogni tanto dal verme si stacca un pezzo (proglottide) pieno di uova che vengono espulse con le feci nell’ambiente, in attesa che un ospite intermedio (mucca, uomo) le ingerisca. Anche la saliva o il pelo del cane possono essere fonte di contaminazione. Nello stomaco dell’uomo le uova si trasformano in larve, che possono migrare in vari organi (di solito fegato e polmoni), dove provocano lentamente la formazione di grosse cisti (grandi come un melone, o anche di più, se c’è lo spazio) che possono comprimere organi importanti o rompersi provocando gravi fenomeni allergici. Una specie di echinococco dà luogo a cisti a molte celle, che contengono numerosi scolici e possono diffondersi ad altri organi, comportandosi come un tumore maligno. Insomma, è un brutto affare! La cisti da echinococco è presente prevalentemente, ma non soltanto, in zone in cui è diffusa la pastorizia. Comunque, attenzione ai cani randagi!

I trematodi, altri parassiti pericolosi

I Trematodi sono vermi piatti e comprendono molte specie di parassiti, tra cui alcuni del genere Schistosoma. Tre specie di schistosoma infestano circa 200 milioni di persone in Africa, Asia e America Meridionale e 600 milioni di persone sono considerate a rischio nei paesi tropicali e subtropicali.

In Italia sono relativamente frequenti casi importati da altri paesi. Diversamente da tutti gli altri vermi precedentemente descritti, il contagio avviene molto rapidamente attraverso la pelle, anche se sana, quando ci si bagna in acque dolci (fiumi, laghi, canali) contaminate dal parassita allo stadio di larva infettante (cercaria). Le cercarie sono immesse nell’acqua da alcuni molluschi che fungono da ospite intermedio, che a loro volta sono stati infettati da uova giunte in acqua con le feci e le urine dei soggetti malati.

Nell’uomo le cercarie si sviluppano in maschi e femmine adulti che s’installano nelle vene dell’intestino o della vescica, a seconda della specie di schistosoma. Lì cominciano a produrre nuove uova che in parte vengono eliminate e in parte restano intrappolate negli organi dell’ospite (fegato, sistema urinario), dove causano reazioni infiammatorie e immunitarie da cui deriva lo stato di malattia. Per molti anni, però, lo schistosoma può vivere nell’uomo senza causare sintomi particolari.

Ectoparassiti: pidocchi e acari

Se date a qualcuno del ‘pidocchioso’ non gli fate certo un complimento: è come dirgli tirchio, spilorcio, miserabile, ma questo ha poco a che fare con i pidocchi, i parassiti umani più comuni tra gli insetti. Infatti i pidocchi, di cui il più noto è il pidocchio della testa, più che ‘tirchi’ sono fastidiosi per il prurito che provocano. Causa di prurito è anche il meno comune pidocchio del pube (piattola), a volte diffuso anche in altre parti calde del corpo. Il pidocchio del corpo o dei vestiti, ormai quasi scomparso nel nostro paese, può trasmettere invece alcune malattie infettive, come un particolare tipo di tifo, detto petecchiale.

Il pidocchio della testa, molto diffuso tra gli scolari, s’ installa sul cuoio capelluto, un ambiente a lui gradito perché caldo e ben irrorato di sangue, del quale si nutre. Il prurito è causato dalle sue feci e da sostanze contenute nella sua saliva, che viene ‘iniettata’ nella pelle per raggiungere il sangue da succhiare. Le femmine depongono uova che presto si trasformano in altri pidocchi. Perciò è bene eliminare al più presto questi insetti e le loro uova con opportune medicine.

Tra i numerosi tipi di acari che infestano il mondo, alcuni causano allergie e altri amano installarsi come parassiti nella nostra pelle. Tra questi il più noto è l’acaro della scabbia, ancora piuttosto diffuso nelle scuole e negli asili.

Le femmine gravide scavano nella pelle cunicoli lunghi anche 1 cm e lì depongono le uova. Le larve che ne derivano circondano i follicoli dei peli e causano un fastidiosissimo prurito. Questi acari passano facilmente da una persona all’altra, per semplice contatto, e devono essere eliminati al più presto in modo da evitare lesioni conseguenti al prurito o gravi allergie.

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