Parco naturale

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Parco naturale

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L'istituzione di aree naturali protette, dopo quasi un secolo e mezzo di alterne vicende e una storia diversa da Paese a Paese, è diventata uno degli obiettivi prioritari delle recenti politiche territoriali messe in campo dalle società economicamente più avanzate, all'interno del nuovo paradigma dello sviluppo sostenibile e durevole. Nella conservazione delle risorse ancora incontaminate si intravede infatti una delle possibili svolte per garantire condizioni di vita accettabili alle future generazioni; non a caso l'area protetta, da fatto meramente ecologico, è ormai avviato a divenire politico, sociale, economico, dovendo associare agli obiettivi più generali della conservazione della natura anche quelli dello sviluppo delle popolazioni interessate. Acquisizione - questa - ribadita più volte nell'incessante dibattito culturale e politico e ulteriormente confermata nell'incontro internazionale di Durban (Repubblica Sudafricana) nel settembre del 2003 al v Congresso mondiale dei Parchi. L'accordo siglato in quella occasione fra i tremila partecipanti (amministratori, scienziati, associazioni non governative ecc.), pervenuti da 154 Paesi, ha riconosciuto i luoghi della conservazione della natura, "indispensabili per la sopravvivenza delle specie e degli ecosistemi, i più vitali per la salvaguardia delle risorse alimentari, dell'aria e dell'acqua, i più necessari per la stabilizzazione del clima, i più singolari per il patrimonio culturale e naturale" raccomandando "una cura attenta e particolare". Unitamente alla preoccupazione per i grandi sconvolgimenti del pianeta a livello globale, è stato rafforzato il ruolo delle aree protette come elemento chiave della salvaguardia dell'integrità degli ecosistemi, con un appello a un impegno deciso per un insostituibile loro riconoscimento negli scenari dei nuovi interessi strategici, geopolitici, economici e finanziari che la globalizzazione ha ormai imposto in tutti gli angoli, sperduti e non sperduti, della Terra. L'accordo di Durban ha sottolineato anche l'evoluzione del concetto di parco naturale, da 'santuario della natura' (e in quanto tale avulso dalla presenza dell'uomo e dalle sue pratiche), a parte di un sistema integrato di risorse naturali e antropico-culturali. Più che l'isola parco è quindi l'integrazione tra sistemi naturali e antropici a essere privilegiata; piuttosto che l'esclusione dell'attività umana è la partecipazione dell'uomo ai processi di corretta evoluzione e di conservazione della natura a essere auspicata per poter imbastire una nuova architettura territoriale basata su un giusto equilibrio tra ambiente ed economia. Le prospettive di sostenibilità si intrecciano così con la salvaguardia e la conservazione dei paesaggi - altro elemento importante nella nuova strategia delle aree protette - e con il destino e la futura crescita dei parchi naturali. La presenza di un parco è generalmente osservata come un vantaggio che premia la competizione tra territori, su scala regionale o di più vasto respiro. Peraltro, la percentuale di superficie protetta in rapporto a quella totale è un indicatore della sensibilità ecologica delle popolazioni: il valore del 10% da raggiungere a livello globale non è più solo uno slogan degli ambientalisti più radicali, ma è una realtà, potendo esso considerarsi superiore all'11% delle terre emerse. Ma la creazione di aree protette, soprattutto nelle regioni più densamente popolate, come, per es., l'Europa occidentale, e l'Italia in particolare, è spesso stata motivo di conflitto tra esigenze istitutive e interessi delle popolazioni coinvolte, sia per motivi di tipo urbanistico, sia per la tipologia e l'entità dei vincoli che una tale struttura comporta. Il solo divieto di caccia, per es., è stato uno dei più dirompenti sotto questo profilo. Eppure la protezione dell'ambiente dall'aggressione umana non è sempre stata una priorità; spesso, almeno in origine, gli obiettivi erano meno nobili e più ludici. Tra le prime riserve naturali a essere istituite verso la metà dell'Ottocento, quella della foresta di Fontainebleau, con finalità estetico-contemplative, era destinata al godimento di pittori paesaggisti dell'epoca, seguita, nel 1870, dalla riserva naturale del Creaux-du-Van per esclusiva protezione del paesaggio. Il 'monumentalismo' del paesaggio e la cura del corpo basata sulle opzioni offerte dall'ambiente (acque termali, foreste californiane ecc.), inoltre, furono alla base delle prime azioni che portarono alla nascita delle riserve statali e dei parchi americani nel 19° sec., mentre il Parco naturale del Gran Paradiso (primo parco sorto in Italia, nel 1922), altro non era che la riserva di caccia di casa Savoia, istituita da Vittorio Emanuele ii nel 1856 per proteggere gli ultimi cento stambecchi esistenti. Nel 1909 l'Europa aveva già visto nascere due p. n. all'estremo settentrione della Svezia (Abisko e Peljekajse), e nel 1914, la Svizzera seguì l'esempio con il Parco dell'Engadina nei pressi di Zernez, concepito come riserva integrale e con finalità di salvaguardia scientifica, a quei tempi assolutamente d'avanguardia. L'ampiezza della superficie di queste aree varia comunque da Stato a Stato, così come risulta differente la forma di tutela stabilita e la tipologia di struttura, anche tra regioni di un stesso Paese. La classificazione ormai riconosciuta a livello mondiale è quella adottata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (UICN), che dopo lunghi tentativi e non poche difficoltà, nel corso del 1993, superando una impostazione più conservativa in vigore dal 1969, ha stabilito un criterio basato sugli obiettivi gestionali e "l'utilizzazione sostenibile delle risorse" di ogni singola area protetta. Tale classificazione contempla sei categorie, dalle riserve ai parchi, dai monumenti naturali alle aree di conservazione speciale, purché di estensione superiore a 1000 ettari, a terra o a mare. Attualmente, le aree inserite nella lista UICN aggiornata nel 2003 in vista del congresso di Durban, sono 102.102, estese su una superficie complessiva di circa 18.763.407 km2, di cui circa il 91,13% a terra. Difficoltà oggettive nell'acquisizione dei dati in maniera omogenea e differenze metodologiche di elaborazione degli stessi tra i vari organismi internazionali sono la causa della differenza tra i dati appena citati, forniti dalla UICN, e quelli riportati in tab. 1, forniti dalla WCPD (World Commission on Protected Areas). La stessa UICN mette in guardia sui gaps e sui limiti insiti nel confronto tra i dati. Se si osservano i dati delle liste UICN preparate in occasione dei cinque congressi mondiali sui parchi, a partire da quello del 1962, quando le aree protette erano appena 9214 e la superficie complessiva 2,4 milioni di km2, emerge subito la crescita quasi esponenziale, registratasi alla fine del secondo millennio, non solo nel numero ma anche come estensione complessiva. Nel 1972 il numero dei siti aumenta a 16.394 e la superficie a 4,1 milioni; nel 1982 sale a 27.794 e a 8,8 milioni di km2; mentre nel 1992 sono state istituite 48.388 aree ripartite su 12,3 milioni di km2. L'incremento più importante si è registrato sia nel decennio 1982-1992, con oltre 20.000 nuove aree, a fronte di una diminuzione della percentuale di crescita della superficie rispetto al precedente ventennio, sia nel decennio 1996-2006, con ben 58.714 nuove aree protette e ulteriori 6,5 milioni di km2. È però necessario precisare che in quest'ultimo elenco, a differenza dei precedenti, oltre alle aree inserite nelle sei categorie UICN, sono presenti anche 34.036 siti non classificati, pari al 33,4% del totale, per una estensione complessiva di 3.569.820 km2, e sono state incluse anche quelle inferiori ai 1000 ettari (100 nelle isole). La lista del 2003 contempla i 172 siti della World Heritage List dell'UNESCO, le 436 riserve della biosfera, ugualmente riconosciute dall'UNESCO (secondo altre fonti però risultano essere solo 324 di cui 119 in Europa), i 1305 siti Ramsar e le 1496 Zone di protezione speciale (ZPS) individuate all'interno della rete ecologica europea Natura 2000. I parchi nazionali presenti nella seconda categoria della lista sono in tutto 3881; nonostante rappresentino solo il 3,8% del totale delle aree protette occupano il 23,6% della superficie tutelata complessiva, con 4.413.142 km2, costituendo il valore più alto sia tra le sei categorie sia tra i siti non classificati. Fra tutte le aree protette il p. n., sulla scia della definizione promossa nel 1933 dalla prima Conferenza internazionale sulla protezione della natura di Londra, sembra essere l'unico a caratterizzarsi per le finalità di salvaguardia e possibilità di visita più o meno universalmente adottate, nonostante i differenti presupposti normativi da Paese a Paese. Il modello è solitamente basato sulla suddivisione dell'area in ambiti destinati a usi con finalità specifiche: dalla conservazione e protezione delle zone centrali (core area), alle zone cuscinetto di avvicinamento graduale alla precedente (buffer), alla zona di transizione e/o di fruizione antropica, talvolta sostituita o integrata nei corridoi di connessione ecologica, qual è la rete europea Natura 2000. Relativamente all'estensione non sono previste regole particolari potendo contemplare, al proprio interno, anche altri ambiti specifici di tutela, come le riserve integrali o orientate previste dalla l. 394/91, la nostra legge quadro sulle aree protette. La già citata lista UICN del 2003, tra le varie macroregioni geografiche in cui è stato suddiviso il pianeta, assegna il primato del numero di aree protette all'Europa (tab. 1). È il caso di ricordare che lo sviluppo dei parchi in Europa negli ultimi decenni è stato spettacolare e il loro numero è aumentato dai circa 60 degli anni Cinquanta agli oltre 600 del 1995 e la superficie è passata da 20.000 km2 circa a quasi 250.000, con un andamento esponenziale soprattutto intorno agli anni Novanta. Se, infine, si rivolge uno sguardo sia pure rapido al panorama nazionale, non si può non osservare un forte cambiamento segnato, secondo alcuni autori, da tre diverse fasi che coincidono con altrettanti periodi di attività legislativa e in cui si riconoscono un primo momento, centralistico (1922-1974), con le competenze in materia riservate allo Stato; un secondo regionalistico (1975-1985), che vede le Regioni grandi protagoniste delle politiche di attivazione di aree protette, e un terzo neocentralista, che coincide con l'istituzione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e che porterà al varo della legge quadro del dicembre 1991. Alla luce dell'ultimo aggiornamento ufficiale (il quinto) sulle aree protette pubblicato dal Ministero dell'Ambiente nel 2003, la situazione e la geografia delle aree protette rispetto ai tradizionali cinque parchi storici degli anni Settanta è profondamente mutata, soprattutto a partire dall'inizio degli anni Ottanta, quando la superficie tutelata era di soli 7400 km2, pari al 2,45% di quella nazionale. Nel 1988 il numero delle aree protette è salito a 374 e la percentuale di superficie tutelata comprendeva il 4,3% del territorio italiano, occupando una superficie complessiva di 12.951 km2. Nell'ottobre del 1991, l'Italia poteva contare su una percentuale pari all'8,3% del suo territorio (di cui quasi il 6% era relativo alle aree definitivamente attivate), che comprendeva 11 parchi nazionali, 146 riserve naturali statali, 42 zone umide protette, 251 parchi regionali, per un totale di 595 aree già istituite e 84 in itinere. Con l'istituzione degli altri 6 parchi nazionali previsti dalla legge quadro, il numero di questi si porta a 17, cui però bisogna aggiungere le numerose altre 'aree di reperimento' che saranno la base della politica di protezione ambientale negli anni successivi. Al 1° dicembre 1992, secondo il Comitato per le aree protette, le aree effettivamente istituite erano 647, per una superficie complessiva di 22.868,77 km2 (il 7,6% del territorio nazionale). Nel 2000, al momento della pubblicazione del terzo elenco ufficiale, la superficie tutelata raggiungeva i 30.139,44 km2 (il 9,1% di quella nazionale), per complessive 699 aree naturali protette, ben 27.529,52 a terra; i parchi nazionali risultavano essere in tutto 22, per una superficie totale di 14.143,30 km2, di cui 13.425 a terra (il 95% circa) e 718,12 a mare. Nel 2002 la percentuale di superficie tutelata ha raggiunto il 9,3%, sempre al netto di quella marina, con 752 aree protette e 56.116,50 km2, 27.881,72 a terra. Con l'ultimo censimento ministeriale, la superficie tutelata è salita a 57.325,25 km2, 29.118,52 a terra (il 9,7% della superficie nazionale); ciò corrisponde a una disponibilità media per abitante di 0,05 ettari. Nel complesso i siti posti sotto tutela sono 772, 22 parchi nazionali (con 13.425,18 km2 a terra e 718,12 a mare); 20 aree e riserve naturali marine protette estese su 1900,82 km2 ripartiti tra Calabria, Campania, Friuli, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna e Sicilia; 146 riserve naturali statali (1227,53 km2); 105 parchi naturali regionali (con superficie complessiva di 11.751,11 km2 esclusivamente a terra); 335 riserve naturali regionali (2142,21 km2 a terra e solo 12,84 a mare); 141 altre aree naturali protette (oasi, parchi urbani e suburbani, monumenti, giardini botanici, biotipi, aree fluviali ecc.) che occupano una superficie totale di 572,49 km2 a terra e 0,18 a mare. Infine, l'elenco contempla anche i tre siti censiti come "altre aree protette nazionali", che comprendono 2 parchi sommersi in Campania (Baia e Gaiola) e il santuario per i mammiferi marini tra la Liguria, la Sardegna e la Toscana, per 25.574,77 km2 di area tutelata esclusivamente a mare. La situazione delineata appare tutto sommato interessante, a fronte però di una realtà profondamente diversa tra le regioni, sia in relazione alle differenti tipologie, sia confrontando i valori di superficie complessivi e le composizioni percentuali. In tab. 2 sono riportati, per ogni singola regione, i dati relativi alla superficie protetta e la percentuale di superficie protetta rispetto al totale nazionale. Vale ancora la pena sottolineare che fra tutte le nostre regioni, solo la Sicilia e il Friuli Venezia Giulia non contemplano superfici destinate a parchi nazionali a terra mentre in Sardegna, dei suoi 842,05 km2 ben 739,35 appartengono al Parco nazionale del Gennargentu e del Golfo di Orosei, già istituito con decreto del presidente della Repubblica fin dal 1998 ma non ancora attivato per la forte resistenza delle popolazioni locali e gli altri 102,70 sono divisi pressoché egualitariamente tra i parchi dell'Asinara e dell'Arcipelago della Maddalena.

bibliografia

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