Partiti politici

Dizionario di Storia (2011)

partiti politici


Libere associazioni di persone che sorgono dal momento in cui si riconosce al popolo il diritto di gestire il potere politico e che si organizzano quindi per raggiungere questo scopo. La loro competizione caratterizza e sostanzia l’esistenza e il funzionamento dei regimi parlamentari. Dal punto di vista della loro origine, la più influente classificazione è quella elaborata dal politologo norvegese S. Rokkan, secondo il quale i p.p. sono il prodotto di profonde e specifiche fratture sociali che hanno segnato i processi di costruzione dello Stato e della nazione in Europa: tra centro e periferia; fra Stato e Chiesa; fra interessi urbani e interessi agrari; fra proprietari dei mezzi di produzione e lavoratori dell’industria. Una importante variabile nella configurazione del sistema dei p.p. è costituita dal sistema elettorale. In sintesi, i sistemi elettorali proporzionali consentono a ciascun singolo p.p. maggiori probabilità di sopravvivenza, mentre i sistemi elettorali maggioritari favoriscono aggregazioni fra i p.p., che tendono quindi a diminuire di numero, e condannano i p.p. piccoli. Una diversa interpretazione dell’origine dei p. è quella formulata da M. Duverger. Lo studioso francese guarda al «luogo» d’origine dei p.p. e li distingue, pertanto, in parlamentari, extraparlamentari, antiparlamentari. In una prima fase i p.p., in partic. laddove il Parlamento costituisce un’arena di reale confronto con il potere esecutivo, nascono in Parlamento sulla base della loro disponibilità o meno ad appoggiare l’esecutivo. Nascono così i p.p. dei nobili e dei notabili, i quali, con l’espansione del suffragio, sono però costretti a cercare il consenso fuori del Parlamento. Nel frattempo, alcuni gruppi, che godono già di qualche risorsa organizzativa, ma che sono al di fuori del Parlamento, si preparano a contestarne il potere e, nella misura del possibile, a mandarvi propri rappresentanti. È il caso dei partiti socialisti, come pure dei partiti confessionali. Infine quando, non senza resistenze e resipiscenze, socialisti e democristiani hanno trovato un loro «accomodamento» entro la vita parlamentare, sorgono in opposizione al Parlamento e al modo di fare politica (quella democratica) che esso rappresenta, altri due tipi di p.p. che non solo nascono «fuori» del Parlamento (partiti extraparlamentari) ma sono orientati «contro» il Parlamento (partiti antiparlamentari). Pur con tutte le differenze del caso, i movimenti fascisti e i partiti comunisti di stampo bolscevico appartengono a questa categoria. Fra le teorizzazioni più influenti in merito alle trasformazioni intervenute nei p.p. nella seconda metà del Novecento va menzionata la tesi dello studioso tedesco, esule negli Stati Uniti, O. Kirchheimer, che parla dell’inevitabile avvento di una nuova forma di p.p. come partiti «pigliatutto». Prodotto da fenomeni sociali ed economici − prosperità, declino delle ideologie, riduzione dei conflitti, accresciuto ruolo dei mass media −, il partito «pigliatutto» definisce un tipo di p.p. ormai unicamente interessato a richiamare e a estendere in maniera indifferenziata il proprio elettorato. A tal fine accentua il ruolo della leadership a scapito di quello degli iscritti e degli attivisti, si apre all’influenza dei gruppi di pressione e stempera il suo programma.

Si veda anche I partiti politici

CATEGORIE
TAG

Kirchheimer

Democratica

Stati uniti

Mass media

Quella