Partito socialista democratico italiano

Dizionario di Storia (2011)

Partito socialista democratico italiano (PSDI)


Partito socialista democratico italiano

(PSDI)  Partito politico italiano, fondato nel 1947. Già nel periodo tra le due guerre (1922), l’ala socialdemocratica del movimento operaio italiano, guidata da G. Matteotti, separatasi dal Partito socialista italiano, in cui prevaleva la sinistra massimalista, aveva dato vita a un partito autonomo, il Partito socialista unitario (PSU), il quale si riunificò col PSI nel 1930, nell’esilio di Parigi nel quale viveva parte dell’antifascismo italiano. Nel secondo dopoguerra la componente socialdemocratica, inizialmente cofondatrice del PSIUP (Partito socialista italiano di unità proletaria, guidato da P. Nenni e G. Saragat), non condividendo la politica di stretta unità coi comunisti, decise di abbandonare il partito. Nel gennaio 1947, dunque, a seguito della «scissione di Palazzo Barberini», nacque il Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI), con a capo lo stesso Saragat. Forte anche del gruppo di I.M. Lombardo (esponente socialdemocratico filoatlantico) e I. Silone, il PSLI diede vita per le elezioni del 1948 alle liste di Unità socialista, che ottennero il 7,1% alla Camera, contribuendo alla sconfitta del Fronte democratico popolare. All’indomani del voto, lo stesso Saragat entrava come vicepresidente del Consiglio nel governo guidato dal democristiano A. De Gasperi. Cominciò allora la lunga stagione del centrismo, durante la quale il PSLI partecipò a tutti i governi diretti dalla DC, compresi quelli che ebbero a capo M. Scelba. Intanto, nel genn. 1952, il partito, che aveva aggregato anche il nuovo PSU di G. Romita e M. Zagari, assumeva il nome di PSDI, confermando Saragat alla segreteria. Terminata la fase del centrismo, il PSDI partecipò attivamente ai governi di centrosinistra, e nel 1964 lo stesso Saragat fu eletto presidente della Repubblica. Frattanto, il riavvicinamento al PSI, avviato con l’incontro di Pralognan tra Nenni e Saragat (1956), culminava nell’apertura di un percorso di unificazione, che nel 1966 portò alla nascita del Partito socialista unificato (PSU). La sconfitta elettorale del 1968 e la forti divergenze interne condussero però già nel 1969 a una nuova separazione della componente socialista da quella socialdemocratica, la quale prima ricostituì il Partito socialista unitario, poi (1971) riprese il nome di PSDI. Negli anni Settanta e Ottanta iniziò il declino del partito, coinvolto prima col suo leader M. Tanassi nello scandalo Lockheed (1979), poi col segretario P. Longo nel caso della Loggia P2 (1984), e infine col nuovo segretario F. Nicolazzi negli scandali di tangentopoli. Finiti gli anni del «pentapartito», dunque, il PSDI entrò in una grave crisi, dividendosi in vari spezzoni, anche a seguito della trasformazione del sistema politico in senso bipolare. Nel 1998 il partito aderì ai Socialisti e democratici italiani (SDI), ma nel 2004 la componente legata ad A. Cariglia e G. Carta ricostituiva il PSDI, anch’esso nell’ambito del centrosinistra.

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