PASSIONE

Enciclopedia Italiana (1935)

PASSIONE

Nicola TURCHI
Fernando LIUZZI

Termine filosofico, corrispondente a quello greco di πάϑος, che in generale designa lo stato di "sofferenza" o "passività" (è l'astratto del verbo πάσχειν "subire, soffrire"), e in particolare si riferisce all'esperienza spirituale, in cui l'animo si sente dominato e soggiogato dalla tendenza affettiva, pratica. La teoria filosofica delle passioni sorge propriamente con lo stoicismo, che sviluppando gli analoghi motivi del cinismo considera tutto il mondo affettivo come una sorta di legame, onde l'animo subisce la schiavitù delle cose: il problema morale si presenta quindi per esso proprio come problema della vittoria sulle passioni, e della conseguente restaurazione dell'autarchica impassibilità o "apatia". Passioni fondamentali sono, nello stoicismo classico, il piacere e il dolore, la speranza e la paura: le prime due relative al presente e le altre due al futuro, rispettivamente nei riguardi di ciò che si sente buono o cattivo, cioè degno di essere conquistato o di essere fuggito. Il problema delle tendenze pratiche era peraltro già implicito nel platonismo e nell'aristotelismo: passionale è infatti la sfera delle due facoltà inferiori dell'anima, che Platone (quando non la considera appartenente al corpo, e quindi affatto da rigettare da parte dell'anima) sottopone alla disciplina della superiore sfera razionale. E come giusta medietà tra le opposte tendenze estreme (la quale quindi non esclude il loro contenuto passionale, ma lo misura e regola) Aristotele definisce, nella sua più nota formulazione, la virtù etica.

Già nel pensiero classico si delinea così l'antitesi, che resta poi fondamentale nella dottrina delle passioni, tra la concezione che scorge in esse solo negatività e passività, che l'azione morale deve quindi affatto escludere, e quella che le considera invece coessenziali all'attività pratica, anche nella sua forma etica. Il cristianesimo se con le sue tendenze ascetiche e contemplative inclina piuttosto verso la prima concezione, è d'altronde condotto dalla sua fondamentale rivalutazione, etica e teologica, dell'amore e della volontà a una più viva comprensione del mondo pratico e passionale dello spirito. Si ha così, nella prima fase del pensiero moderno, ancora tutta volgente intorno ai problemi teologici ed etici del cristianesimo, una rinascita dell'indagine filosofica intorno al concetto della passione. I due maggiori teorici che ne trattano sono Cartesio e Spinoza. Per il primo, autore di un celebre trattato sulle passioni, queste sono sì negative rispetto alla moralità, che deve vincerle ed escluderle: tuttavia il rigoroso processo genetico, ond'esse si sviluppano l'una dall'altra, le inquadra nel sistema della natura universa e quindi, in certo senso, le giustifica. Più decisamente Spinoza è portato, dal suo determinismo panteistico e dal vivissimo senso dell'attività pratica dello spirito, a sentire il valore universale dell'affectus (la passione in generale, come tendenza di ogni essere a perseverare nel suo stato): ché ogni vita cosciente è sempre cupiditas, "desiderio", e insieme laetitia o tristitia, a seconda che essa avverte la propria esperienza come favorevole o sfavorevole per il suo vivere e agire. L'affectus (che è perciò diverso, in Spinoza, dall'affectio, equivalente al modus, cioè alla particolare determinazione di ciascun attributo della realtà e del resto già l'antico termine πάϑος aveva avuto talora il significato logico-ontologico di accidens) si distingue d'altronde in actio e passio, a seconda che l'esperienza affettiva presenta carattere di attività o di passività. Actio è soltanto quando risponde a un'idea "adeguata", in cui la mens manifesta la sua piena attività conoscitiva: l'affetto veramente attivo è quindi quello che risponde all'idea, assolutamente adeguata, dell'unica natura delle cose, e cioè l'amor Dei intellectualis. Così Spinoza concepisce come attività affettiva suprema la stessa vita etica, superatrice degli affetti passionali.

Nel pensiero posteriore, il problema del rapporto di passione e virtù diventa quello del carattere rigoristico o antirigoristico della morale: all'assoluta negazione kantiana di ogni movente "patologico" (cioè riferentesi appunto al pathos, alla passione) dell'azione etica si oppongono così le varie concezioni morali che cercano di escludere tale. assoluta antitesi. Una particolare dottrina delle passioni non sussiste, quindi, da allora in poi, se non come descrizione psicologico-empirica delle passioni stesse.

Bibl.: Sulle dottrine antiche circa le passioni v. specialmente G. L. Duprat, La psychophysiologie des passions dans la philos. ancienne, in Arch. f. Gesch. d. Philos., XVIII (1905), pp. 395-412; H. Ringeltaube, Quaestiones ad veter. philosoph. de affectibus doctrinam pertinentes, Gottinga 1913. Da veder sono inoltre le storie della psicologia e dell'etica, anche per ciò che concerne l'età medievale e moderna. Per la descrizione psicologica delle passioni: A. Renda, Le pass., Torino 1905; Th. Ribot, Essai sur les passions, Parigi 1907; A. Joussain, Les pass. humaines, ivi 1928; A. Oddone, Le pass., Milano 1933.

La Passione di Gesù Cristo.

Il tempo di Passione è il periodo di 15 giorni che precede immediatamente la Pasqua e comprende la settimana di Passione e la settimana santa. Durante questo tempo la Chiesa è tutta compresa dall'imminente commemorazione della passione di Cristo: le immagini sacre si velano, cessa la recita del Gloria Patri nei responsorî, negl'invitatorî e nell'introito della messa, si adotta un prefazio speciale. Nella liturgia, messa da parte l'istruzione dei catecumeni propria delle quattro domeniche di Quaresima, il pensiero si concentra tutto su Gesù, il Giusto innocente che sente la persecuzione dei nemici addensarsi su di lui e supplica il Padre di non abbandonarlo. Quest'angosciosa disposizione del Giusto si accentua nella settimana santa. V. gesù cristo.

Musica. - Uno dei significati liturgici della parola Passione si riferisce al canto della narrazione evangelica concernente il martirio e la morte di Gesù, quale s'usa nella messa della domenica delle Palme (Passione secondo Matteo), del martedì (Passione secondo Marco), del mercoledì (Passione secondo Luca) e del venerdì della settimana santa (Passione secondo Giovanni). Siffatta lettura o lectio assunse fino da tempi remoti un posto preponderante nella liturgia, e ai giorni di S. Ambrogio e S. Agostino fruiva già di forme melodiche più solenni che non quelle della lectio ordinaria, limitata a un semplice recitativo semicantato (Agostino, Serm., 232,1; riferito però alla sola Passione secondo Matteo).

Nei messali liturgici più antichi, solo le parole Eli, eli, lamma sabacthani, con la traduzione Deus, Deus, ecc., sono, fra quelle delle Passioni, contraddistinte con notazione musicale: esse hanno anche un disegno melodico loro proprio, mentre il resto s'intonava nel puro tono di lezione. Per non stancare il Lector si adottò presto l'espediente di dividere il canto del passio tra diversi esecutori separando la parte del narratore (Historicus, Chronista, indicata anche solo con C = Cantor) da quella dei Giudei (designata con S = Succentor o Synagoga) e da quella del Redentore (†). S'instaurò così nell'esecuzione della Passione quel carattere drammatico ch'essa ha poi sempre conservato. Pur senza uscire dal V tono gregoriano al quale la formula di lezione appartiene, i tre lectores cantano anche in ambiti vocali diversi: e cioè la parte †. si muove nel registro grave del tono, intorno alla tonica fa; lo Storico (C) nel registro medio intorno alla quinta, e la Turba (S) nella parte più acuta dell'ottava. I luoghi d'interpunzione vengono designati a mezzo di speciali cadenze.

Con l'apparire della lirica volgare, gli episodî della Passione muovono naturalmente ben presto la fantasia di poeti e di musicisti. Di primitiva melodia francese, in questo campo, ci è rimasto assai poco: quella sui versi provenzali Hora vos dic vera raizun - de Jesu Christi passiun, e alcune scene, intercalate in drammi liturgici. Per l'Italia, invece, possediamo nel Laudario 91 di Cortona, del sec. XIII, parecchie melodie e un mirabile frammento di recitativo su versi che in volgare toscano, con infiltrazioni umbre, espongono il martirio, la morte e la resurrezione di Cristo. A parte il recitativo, tali melodie, in piena indipendenza dalle modulazioni gregoriane, hanno forma chiusa e tripartita (ABA), quale conviene allo schema poetico ripresa-strofa (schema di ballata). E sono in generale, compreso il recitativo suaccennato, vibranti di profonda, toccante espressione. Codesti canti, o altri comunque simili a questi, eseguiti in parte da solisti, in parte dal coro unissono, e accompagnati da viole, liuti, cetre, trombe, organi, è verosimile venissero intercalati nelle rappresentazioni drammatiche (devozioni, misteri, sacre rappresentazioni, ecc.) che fino dalla metà del sec. XIII fiorirono in Italia.

A partire dal sec. XV, la musica colta s'accosta sovente ai fatti della Passione, dando luogo a due diverse manifestazioni: la passionemottetto e la passione-dramma. Nella prima tutte le parti vengono assorbite dal coro: così le voci della Turba come il racconto dell'evangelista e le parole di Gesù. Sembra che la più antica di tali Passioni risalga al 1505 e sia dovuta al fiammingo Jakob Obrecht: un bell'esempio se n'ha, quasi contemporaneamente, per mano del veneto Francesco D'Ana (cfr. L. Torchi, L'Arte musicale in Italia, I, Milano s. a.). La Passione dell'Obrecht, benché cattolica, fu stampata nel 1538, con prefazione di Melantone, per uso del culto protestante: una prima Passione in lingua tedesca fu musicata da Joachim Burck di Mülhausen (Turingia) e stampata nel 1567.

Diversa è la concezione musicale nella passione-dramma, la quale ha i suoi primi cultori in Claudin de Sermisy (1534) e in Orlando di Lasso, che musicò, a partire dal 1575, tutti e quattro i testi evangelici. Il coro a struttura polifonica investe soltanto le parole della Turba e di altri personaggi, senza toccare quelle dello Storico e di Gesù. È questo, si può dire, l'ultimo passo che preceda alle Passioni in cui l'elemento corale si mescola alla monodia accompagnata, cioè al risorto stile recitativo, quali furono composte nei primi decennî del'600 da Heinrich Schütz, allievo di Giovanni Gabrieli, con stile scarno e severo, impresso di penetrante realismo drammatico, e dopo di lui da R. Keiser, da G. Ph. Telemann, da I. Mattheson e da G.F. Händel. Si sa che i più alti capolavori del genere sono dovuti a J.S. Bach, la cui Passione secondo Matteo è, fra le altre, monumento d'inarrivata ispirazione e di stupenda forza espressiva. Ma nell'ultima fase testé descritta la storia della Passione rientra del tutto, quanto a forme musicali, nella storia dell'Oratorio (v.).

Bibl.: O. Kade, Die älteren Passionskompositionen bis 1631, Gütersloh 1891-94; F. Spitta, Die Passionsmusiken von J. S. Bach u. H. Schütz, Lipsia 1893; W. Lott, Zur Geschichte der Passionskomposition von 1650-1800 in Arch. f. Musikwissenschaft, ivi 1921; H. S. Moser, Die mehrstimmige Vertonung des Evangeliums, I, ivi (s.a.); F. Liuzzi, La Passione nelle intonazioni del Laudario 91 di Cortona (sec. XIII), Roma 1932: id., Melodie per un Mistero italiano del '200 in Scenario, Milano-Roma 1932.

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