Patria

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Patria

Maurizio Viroli

Dall'inizio degli anni Novanta del 20° sec., la cultura e il linguaggio politici hanno riscoperto un concetto democratico di p. profondamente diverso dalle interpretazioni nazionalistiche del passato e spesso a queste nettamente contrapposto. Questa rinascita non ha coinvolto soltanto gli studiosi ma anche larga parte dell'opinione pubblica italiana e internazionale. I sondaggi d'opinione dimostrano infatti che dalla seconda metà degli anni Novanta la grande maggioranza degli italiani considera il concetto di p. importante e positivo, lo associa alla Costituzione e alla Resistenza e ritiene che non ci sia contrasto fra la comunità nazionale e la nuova p. europea.

L'interesse per il tema della p. è documentato dal rifiorire degli studi. Nel 1993 G.E. Rusconi ha pubblicato il saggio Se cessiamo di essere una nazione, in cui argomenta che per arginare i diffusi fenomeni di slealtà verso la repubblica democratica è necessario rivalutare la nazione come concetto non etnico ma civico fondato sulla costituzione democratica. In studi successivi Rusconi ha precisato la proposta iniziale nell'idea di un 'patriottismo costituzionale' o 'patriottismo repubblicano': Patria e repubblica (1997), Possiamo fare a meno di una religione civile? (1999). Per avere un'idea generale del nuovo fervore intellettuale sui temi della p. e della nazione è utile menzionare anche il volume curato da G. Spadolini, Nazione e nazionalità in Italia (1994); i saggi di G. Bollati, L'italiano: il carattere nazionale come storia e come invenzione (1996); di C.T. Altan, Italia: una nazione senza religione civile (1995); di M. Viroli, Per amore della patria. Patriottismo e nazionalismo nella storia (1995); di M. Rosati, Il patriottismo italiano (2000); di W. Barberis, Il bisogno di patria (2004).

Nonostante la varietà delle interpretazioni storiche e delle valutazioni teoriche, la tendenza comune della nuova stagione di studi è l'insistenza sulla necessità di rivalutare l'idea di p. e di farne un punto di riferimento ideale per ridefinire il concetto di identità nazionale e rafforzare la coscienza civile degli italiani. La riscoperta dell'idea di p. è stata una risposta alle tendenze separatistiche e regionalistiche, da un lato, e al processo di integrazione europea, dall'altro. Molti italiani hanno infatti ritrovato l'idea di p. per affermare la loro volontà di essere parte della comunità nazionale contro i fautori di separatismi regionali e contro il pericolo di una perdita di identità culturale e storica all'interno della più grande p. europea.

Non bisogna tuttavia trascurare la vera e propria pedagogia patriottica svolta dalla presidenza di C.A. Ciampi (1999-2006). Le parole del presidente della Repubblica sui temi della p. e dell'amor di p. hanno espresso in maniera autorevole sentimenti e aspirazioni che molti italiani sentivano.

Per intendere pienamente la novità culturale dell'opera di Ciampi è necessario tenere presente che nel periodo storico definito per convenzione della prima Repubblica vi erano poche voci autorevoli che parlavano di patria. In quegli anni le tendenze culturali più significative erano quelle della cultura marxista (nell'interpretazione gramsciana) e quelle della cultura cattolica, due tradizioni di pensiero che non conoscevano o non apprezzavano il linguaggio del patriottismo: le prime professavano l'internazionalismo, le seconde l'universalismo cristiano. Nell'ambito della cultura democratica erano soprattutto gli ex azionisti e i repubblicani a sentirsi interpreti della tradizione del patriottismo. Azionisti e repubblicani erano tuttavia forze minoritarie. La conseguenza di questo stato di cose era che gli italiani che avevano sentimenti patriottici (e non si identificavano con il patriottismo nostalgico e autoritario della destra) trovavano pochissime voci intellettuali che sapessero esprimere e valorizzare i loro sentimenti. Quando Ciampi ha parlato nei suoi messaggi di p. e di amor di p., la maggioranza degli italiani si è riconosciuta nelle sue parole. Nell'ambito del rinnovato fervore di studi e di dibattiti, deve essere segnalata la disputa sulla 'morte della patria' aperta da E. Galli della Loggia nel libro La morte della patria (1996). Secondo Galli della Loggia, che riprende un'idea di S. Satta, l'8 settembre segnerebbe la data emblematica del crollo del senso di lealtà a una comune p., che la Repubblica non ha più saputo ricostruire a causa della carenza di un vero patriottismo nell'ideologia e nell'azione della sua classe politica, primi fra tutti i comunisti. Questi temi hanno suscitato vivaci reazioni fra gli studiosi, e lo stesso presidente della Repubblica ha ritenuto di dover intervenire per sottolineare che dopo l'8 settembre in realtà nacque un nuovo senso di amore della p. fondato su ideali di libertà e sulla tradizione del Risorgimento, come dimostrano non solo la lotta partigiana, ma anche la tragedia di Cefalonia e il comportamento dei soldati italiani che furono internati nei campi di lavoro tedeschi e rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò.

Sulla discussione italiana ha influito in misura considerevole la proposta del 'patriottismo costituzionale' che il filosofo tedesco J. Habermas ha avanzato alla fine degli anni Ottanta. Nella storia europea, osserva Habermas, lo stato-nazione ha forgiato l'omogeneità etnica e culturale che ha garantito il fondamento necessario alle istituzioni liberali e democratiche. Lo stato nazionale e la democrazia sono fratelli nati all'ombra del nazionalismo. In Germania, tuttavia, il nazionalismo si è affermato contro lo spirito repubblicano ed è degenerato nelle aberrazioni razziste che hanno giustificato l'olocausto. Dal 1871 al 1945 la parola nazione ha significato unità e purificazione da perseguire per mezzo dell'espulsione o dell'emarginazione dei nemici della comunità nazionale. A questo nazionalismo, Habermas oppone un 'patriottismo costituzionale' (Verfassungspatriotismus), ovvero un patriottismo fondato sulla lealtà ai principi politici universalistici della libertà e della democrazia incorporati nella legge fondamentale della Repubblica Federale Tedesca (1990, p. 151). Diversamente dal nazionalismo, il patriottismo costituzionale separa l'ideale politico della nazione di cittadini dalla concezione del popolo inteso come un'unità prepolitica di linguaggio e di cultura. Questo tipo di patriottismo riconosce la piena legittimità e dignità morale dei diversi stili di vita e l'esistenza di diverse culture all'interno della repubblica. Per questa ragione, il patriottismo costituzionale è il solo patriottismo possibile in Germania dopo Auschwitz.

Habermas separa il patriottismo costituzionale dal nazionalismo e lo collega allo spirito del 1848, quando per l'ultima volta nella storia tedesca la coscienza nazionale e lo spirito repubblicano erano uniti. Disgiunge il patriottismo costituzionale anche dal repubblicanesimo, che considera una tradizione intellettuale derivata da Aristotele e basata sul principio della cittadinanza come appartenenza a una comunità etnoculturale che si autogoverna. Il repubblicanesimo, identico in questo al comunitarismo, è, secondo Habermas, una dottrina che considera i cittadini come parti della comunità che possono sviluppare ed esprimere la propria identità morale solo all'interno di una comune tradizione e di una comune cultura. Una simile teoria della cittadinanza, conclude Habermas, non può funzionare in società pluralistiche e non offre valido sostegno per un patriottismo adatto a una nazione di cittadini.

Secondo autorevoli commentatori il patriottismo costituzionale proposto da Habermas dovrebbe diventare il cuore di un patriottismo europeo capace di contrastare il nazionalismo e il regionalismo xenofobo che hanno intaccato parti significative della mentalità europea. Un patriottismo costituzionale europeo, ha scritto per es. B. Spinelli, dovrebbe consistere in un sentimento di lealtà e di attaccamento nei confronti di una Costituzione europea fondata su principi di libertà e di eguaglianza. Sarebbe "un patriottismo differente da quello tradizionale: più freddo, meno determinato da legami di sangue, più universalista, basato sul rispetto delle leggi, sulla cultura del contratto, della parola data, dei doveri e diritti dell'individuo-cittadino" (Giustizia e libertà per la patria Europa, in La Stampa, 8 aprile 2001). Il patriottismo costituzionale, inoltre, è stato considerato un progetto valido per le repubbliche democratiche multiculturali, a condizione di non dimenticare che il patriottismo è fatto di ragione e di passioni e che le passioni del patriottismo non sono affatto quelle cieche e brutali dell'attaccamento alla terra, agli antenati, all'etnia o alla religione nazionale, ma l'amore della libertà comune, la lealtà nei confronti della Costituzione e la speranza in un futuro da costruire insieme.

Sulla rinascita del concetto di p. in Italia hanno inciso anche gli studi pubblicati nel contesto anglosassone, in particolare quelli che hanno sottolineato l'urgenza di riscoprire forme di patriottismo comunitario e democratico. Il patriottismo, sostiene per es. A. MacIntyre, è una "forma di lealtà verso una particolare nazione che solo chi appartiene a quella nazione può avere" (1984, p. 4). Non è una lealtà cieca, ma una lealtà che implica una considerazione speciale per le caratteristiche, i meriti e le realizzazioni della propria nazione. Il carattere essenziale della lealtà patriottica è dunque la particolarità. Il patriota, spiega MacIntyre, considera come meriti e pregi certe caratteristiche particolari della sua nazione non perché li valuta come meriti e pregi in assoluto ma perché sono meriti e pregi della sua nazione. Meriti e pregi simili, ma di un'altra nazione, non suscitano nel cuore del patriota lo stesso attaccamento. Anche se non è cieco rispetto alle altre nazioni, il patriota non guarda a esse con gli stessi occhi. Il patriottismo è una forma di amore e come tale si rivolge sempre e solo a individui e luoghi particolari. Diversamente dal patriottismo costituzionale di Habermas che cerca l'approvazione della ragione, il patriottismo di MacIntyre è una passione. Per dare un senso alla storia della nostra vita e quindi per vivere una vita morale significativa, ognuno di noi ha bisogno di vivere all'interno di una comunità nazionale. È dunque perfettamente razionale coltivare una lealtà particolare alla nazione. Il patriota, spiega infatti MacIntyre, sottrae alla critica della ragione universalistica la nazione "intesa come un progetto nato in qualche modo nel passato e continuato nel tempo in modo da realizzare una particolare comunità morale che rivendica autonomia politica nelle sue diverse forme istituzionali" (1984, pp. 13-14). La sua lealtà non va dunque alla nazione senza aggettivi, ma alla nazione che riconosce la propria storia e mantiene vivi vincoli autentici di comunità.

La tradizione di patriottismo repubblicano è ancora un'importante componente della cultura politica americana. Fu il patriottismo repubblicano, ha scritto Ch. Taylor, ad alimentare il senso di sdegno che ha spinto gli americani a reagire contro gli abusi di R.M. Nixon. Un senso di sdegno, spiega Taylor, che non si basava sul calcolo degli interessi e neppure sull'adesione ai principi generali della democrazia liberale, ma su una lealtà particolaristica, ovvero sull'identificazione diffusa con l'American way of life ispirata dagli ideali politici illustrati in testi fondamentali della cultura degli americani quali la Dichiarazione d'indipendenza (4 luglio 1776) e il Discorso di Gettysburg pronunciato da A. Lincoln nel 1863 (Taylor 1989, p. 174). Il patriottismo repubblicano non è stato solo un importante conforto per la libertà nel passato, ma, osserva Taylor, sarà un sostegno insostituibile anche per il futuro perché è necessario per conservare il governo della legge, fondamento della democrazia liberale.

Ma voci autorevoli si sono levate contro il patriottismo comunitario e democratico in nome dell'ideale classico del cosmopolitismo. Dopo M. Nussbaum (1996), anche G. Kateb (2000) ha criticato la natura antindividualistica del patriottismo repubblicano. Il patriottismo, scrive, è una forma di identità e affiliazione di gruppo che si manifesta nella disponibilità, con maggiore o minore riluttanza, a morire e a uccidere per la patria. Quantunque il patriottismo repubblicano sia un patriottismo della libertà ('the patriotism of liberty'), si tratta pur sempre di un patriottismo che proclama la necessità di incorporare il principio morale universale della libertà all'interno della nostra p., con il suo particolare modo di vita e con le sue particolari memorie. Implicita nell'interpretazione del patriottismo sarebbe l'idea cattolica che Dio non può essere amato senza ricorrere all'incarnazione o senza accorgimenti quali il culto di Maria, le statue e i dipinti dei santi, e le chiese stupende e imponenti. Come Dio si perde nelle rappresentazioni, così la libertà, nel suo autentico contenuto morale, si perde nella p. o nel patriottismo. La conseguenza nefasta della riduzione della libertà nei confini del patriottismo è che il patriota deve preferire senza esitazione di infliggere ingiustizia piuttosto che patirla. Del resto, la storia dimostra che il patriottismo, con poche eccezioni, ha sempre servito cause ingiuste, o irrazionali, o stupide. Le passioni e i pensieri che hanno aiutato la nascita delle moderne libertà costituzionali, sottolinea Kateb, non erano patriottici ma universalistici.

Anche A. Gutmann (1999) vuole sottolineare che il patriottismo repubblicano, benché più selettivo del patriottismo comune, è moralmente meno valido del cosmopolitismo. Il patriottismo civico si oppone al nazionalismo, rifiuta l'antisemitismo, la segregazione razziale e la discriminazione basata sul sesso. Nonostante queste sue virtù, esso ha tuttavia il vizio di dare troppo valore alla repubblica rispetto agli individui che la compongono.

Ne consegue che un sistema di educazione pubblica che si prefiggesse di insegnare agli studenti che "dobbiamo la nostra vita alla nostra patria" li educherebbe in modo contrario ai principi della vera educazione democratica.

A queste obiezioni avanzate dai fautori del cosmopolitismo, i sostenitori dell'idea di p. hanno ribattuto che nel suo significato democratico e civico il patriottismo non è affatto incompatibile con gli obblighi nei confronti dell'umanità in generale, che il modo migliore per aiutare la causa dell'umanità è impegnarsi per rendere ogni p. una comunità politica libera, giusta e tollerante, e hanno ribadito che il vero patriottismo non si traduce affatto nella difesa della purezza etnica e religiosa dei popoli, ma nell'attiva partecipazione alla vita pubblica per il bene comune e nella pratica attiva della solidarietà sia entro sia al di fuori dei confini nazionali.

Il ritrovato concetto di p. si lega per molteplici aspetti alla tradizione del pensiero politico liberale e democratico caratteristica del 19° sec., rappresentata in primo luogo da G. Mazzini, da J.S. Mill e da A. de Tocqueville.

bibliografia

A. MacIntyre, Is patriotism a virtue?, in The Lindley lecture, 1984, 26, pp. 3-19 (trad. it. in Comunitarismo e liberalismo, a cura di A. Ferrara, Roma 1992, pp. 55-76).

A. Gutmann, Democratic education, Princeton (NJ) 1987, ed. riveduta e ampliata 1999.

Ch. Taylor, Cross-purposes: the liberal-communitarian debate, in Liberalism and the moral life, ed. N.L. Rosenblum, Cambridge (Mass.) 1989.

J. Habermas, Die nachholende Revolution, Frankfurt a.M. 1990 (trad. it. Milano 1990).

G.E. Rusconi, Se cessiamo di essere una nazione, Bologna 1993.

Nazione e nazionalità in Italia, a cura di G. Spadolini, Roma-Bari 1994.

C.T. Altan, Italia: una nazione senza religione civile, Udine 1995.

M. Viroli, Per amore della patria, Roma-Bari 1995.

G. Bollati, L'italiano: il carattere nazionale come storia e come invenzione, Torino 1996.

E. Galli della Loggia, La morte della patria, Roma-Bari 1996.

M. Nussbaum, For love of country, Boston 1996.

G. Kateb, Is patriotism a mistake?, in Social research, 2000, 67, pp. 901-24.

M. Rosati, Il patriottismo italiano, Roma-Bari 2000.

W. Barberis, Il bisogno di patria, Torino 2004.

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