PAVIMENTO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi PAVIMENTO dell'anno: 1973 - 1996

PAVIMENTO

M. L. Morricone

Il significato del termine è controverso (cfr. vol. v, p. 210, 1, s. v. mosaico); Ph. Bruneau (Bull. Corr. Hell., xci, 1967, Il, pp. 243 ss.) sostiene ancora una volta, con nuovi argomenti l'identità di pavimentum - mosaico.

a) Mondo egeo. - Sono stati adottati fin dalla più remota antichità varî tipi di p., dalla semplice roccia spianata (Festo, I Palazzo, vano 88; varî ambienti medio e tardominoici di Tylissos) alla terra battuta, ora mescolata al fango (case dei primi strati di Troia; case neolitiche dell'acropoli di Sesklo), ora all'argilla rossa locale (case neolitiche di Cnosso e di Festo) ora a ciottoli o a cocci (le più antiche costruzioni di Zygouries e di Orchomenos). Compaiono inoltre assai presto, più spesso in ambienti all'aperto (Troia II, Eutresis, Micene, Phylakopi), ma anche all'interno delle case neolitiche di Cnosso e di Gurnià, i p. di soli ciottoli; i più diffusi sono i p. in lastre di pietra o di altro materiale, spesso irregolari sia all'interno delle case (case neolitiche dell'acropoli di Dimini e di Sesklo; case tardo elladiche di Korakou) sia nelle corti dei palazzi di Festo e di Cnosso dove, di regola, il lastricato irregolare - che l'Evans definisce impropriamente "mosaiko" - risulta più antico del lastricato regolare. Quest'ultimo, composto per lo più di lastre rettangolari, costituisce la pavimentazione più usuale negli ambienti nobili dei palazzi cretesi. A Festo le commessure delle lastre di gesso alabastrino sono colorate in stucco rosso. Da Creta il p. a lastre si è diffuso fra i palazzi del continente: le lastre in gesso dei pavimenti del portico, del vestibolo e del mègaron di Micene sono state importate dall'isola.

Contemporaneamente ai lastricati si è diffuso, nei palazzi del continente e dell'isola, un p. che è un composto della calce e, possedendo certe qualità di durezza e di omogeneità, è stato dagli scopritori comunemente denominato "cemento". I rozzi esemplari di Gla e di Micene contengono pietruzze e ciottoli; a Tylissos alla calce è mescolata la sabbia. Questo tipo di p., ricoperto di stucco, si presta ad essere dipinto.

I p. di stucco dipinto in tinta unita o con disegni a riquadri sono documentati nel mondo egeo durante tutta l'Età del Bronzo nei palazzi accanto ai più diffusi p. di lastre. La serie più imponente di p. di stucco dipinto è stata di recente scoperta nel palazzo di Pylos (v. vol. vi, p. 566) la cui distruzione viene posta agli ultimi decenni del XIII sec. a. C. Gli ambienti nei quali i p. si sono conservati sono la sala del trono, il portico, il corridoio 49, la sala 50. In tutti questi p. lo schema decorativo è sempre lo stesso: una serie di riquadri di egual dimensione disposti in file parallele entro cui sono inseriti liberamente i varî motivi decorativi tipici del repertorio ornamentale Tardo Minoico III (elementi naturalistici come il polipo, i delfini guizzanti; riempitivi decorativi a zig-zag, nastri ondulati, varî disegni a squame). Molto simile ai p. di Pylos è il p. del palazzo di Micene trovato nella corte di fronte al mègaron, sia per lo schema decorativo sia per i motivi d'ornamento. Nel p. della sala del trono del palazzo di Tirinto, dove ricompare ancora una volta lo schema a riquadri, si nota una certa ricerca di simmetria nella disposizione dei motivi - due delfini e un polipo - che si avvicendano, come in una scacchiera, ai riquadri riempiti di un unico elemento decorativo, le squame a tre curve. Questo p. che appartiene all'ultima fase del palazzo distrutto nel XIII sec. ha un disegno più minuto, ma è di esecuzione meno accurata degli altri fin qui ricordati. Dei palazzi cretesi vanno ricordati il p. di una casa del Medio Minoico di Mallia in stucco rosso con fasce bianche che ne scompartiscono la superficie in pannelli isodomi; il p. del vano liv di Festo datato al Medio Minoico II, nel quale soltanto due fasce, situate ai margini, sono ornate di file di tre elementi quadrilobati dipinti in rosso. Nel periodo Tardo Minoico I sembra di assistere ad un infoltirsi della decorazione: il p. Tardo Minoico I di Zakro è composto di lastre stuccate decorate con meandri e composizioni quadrangolari; quello Tardo Minoico III del santuario di Haghìa Triada raffigura pesci e un polipo.

L'uso dello stucco dipinto come decorazione di p. è documentato anche in Egitto a Tell el-‛Amārnah, nel palazzo di Amenophis IV (1375-1358) e a Maru Aten. La decorazione, ripartita in pannelli raffiguranti paesaggi nilotici (v. egiziana, arte, vol. iii, p. 255 ss.), è però lontana dalla schematizzazione dei p. cretesi e micenei, pressappoco contemporanei, del Tardo Minoico III.

Monumenti considerati. - Per i p. senza decorazione, v. A. W. van Buren, in Pauly-Wissowa, XXXVIII, cc. 2309-2324, s. v. Pavimentum. Palazzo di Pylos: C. W. Blegen-M. Rawson, The Palace of Nestor at Pylos in Western Messenia, Princeton 1966, pp. 9, 14, 27, 41, 68, 70, 74, 84, 85, 212, 214; figg. 56, 73, 163, 167. Palazzo di Micene: G. Rodenwaldt, in Jahrbuch, XXXIV, 1919, pp. 87 ss., tav. 7. Palazzo di Tirinto: Tyrins, II, Atene 1912, pp. 222 ss., tavv. XIX-XXI. Mallia, casa M M: Journ. Hell. Stud., Arch. Reports for 1964-1965, p. 29, fig. 36. Palazzo di Festo: F. Schachermayr, Die minoische Kultur des alten Kreta, Stoccarda 1964, pr,. 182 sa., fig. 105 Pavimento di Tell el-'Amārnah: W. von Bissing, Der Fussboden aus dem Palaste des Königs Amenophis IV zu El Awata ..., Monaco 1941. Pavimento di Maru Aten: T. E. Peet-C. L. Woolley, The city of Akhenaten, i, Londra 1923, pp,. 109 ss., tavv. IX, 1; XXXIX.

b) Grecia e mondo ellenistico. - Per le origini del p. in Grecia si rimanda alla voce mosaico (v. vol. v, p. 211, 2; Origini e sviluppi). Sull'antichità dei p. di ciottoli un documento singolare è offerto dal p. di Gordion datato all'VIII sec. a. C., che è di ciottoli di vario colore liberamente mescolati in disegni astratti. (Uno studio sui mosaici di ciottoli è di M. Robinson, in Journ. Hell. St., lxxxv, 1965, pp. 72 ss.; lxxxvii, 1967, pp. 133 ss.). Importanti sono i ritrovamenti di Atene in una casa a S dell'Areopago datata al 300 a. C. il cui triclinio reca un tappeto con ornato geometrico; quello trovato presso l'Arco di Adriano, con iscrizione e figure entro un tondo, datato fra la fine del IV Sec. a. C. e gli inizî del III è da considerarsi il più antico p. inscritto che si conosca.

Uno stadio di transizione fra il p. di ciottoli e il mosaico di tessere è riconosciuto da Phyllis W. Lehmann (Essays in memory of Karl Lehmann), nel mosaico della cella del tempio di Artemide a Lykosoura. Questo stadio è documentato anche in Italia da alcuni mosaici, figurati e no, di Serra Orlando (III sec. a. C.), da un p. di Monasterace Marina (Caulonia) e da un singolare mosaico infine, di pietruzze rosse e bianche, trovato a Palestrina. Altri tipi di p. sono documentati all'interno dell'abitato di Delo: i lastricati di gneiss, ivi assai diffusi, e i "battuti alla veneziana" (opus segmentatum) ossia i p. di ciottoli e di frammenti di pietre e marmi colorati. A Priene sono state trovate tracce di una pavimentazione in legno. A Salamina di Cipro, un lastricato di mattoni di terra cruda ricopriva l'esedra di una tomba della fine del IV sec. a. C.

Monumenti considerati. - Mosaico a ciottoli di Gordion: Rodney S. Young, Early Mosaics at Gordion, in Expedition, vii, 3, 1965, pp. 4 s. Atene, Casa a S dell'Areopago: M. K. Donaldson, in Hesperia, XXXIV, 1965, pp. 77-78; presso l'Arco di Adriano: C. M. Robinson, in Journ. Hell. Studies, LXXXVII, 1967, pp. 134 a., tav. XXIII, 1-4. Mosaici di Morgantina-Serra Orlando: Kyle M. Phillips, in The Art Bulletin, XLII, 1960, pp,. 243 ss., figg. 1-7. Monasterace Marina: Fasti Arch., XV, 1960, n. 2455, fig. 31. Palestrina, mosaico di pietruzze all'Antiquario: G. Gullini, I mosaici di Palestrina, Roma 1956, tav. 4. Delo: J. Chamonard, Le quartier du Théâtre, Delos VIII, Parigi 1922, pp. 394 s. Priene: T. Wiegand-H. Sciarader, Priene, Berlino 1904, pp. 303 s. Salamina di Cipro, necropoli, esedra della tomba 77: Bull. Corr. Hell., XCI, 1967, pp. 328 ss., figg. 123-125; 137.

c) Roma e mondo romano. - I) Per i p. in mosaico v. mosaico (vol. v, pp. 209-240). - II) Per i p. in opus sectile v. sectile, opus (vol. vii, pp. 145-151). - III) Cocciopisto. - Per p. di cocciopisto, detti anche signini, si intendono quei p. composti di un battuto di malta, pozzolana, polvere di tegole e di anfore vinarie insieme mischiate e arrotate (Blake: Cement floor; Pernice: Signinum-Boden). Uno strato di stucco rosso steso al di sopra ne ravviva talora il colore. I pregi del p. di cocciopisto sono l'impermeabilità e una certa resistenza al deterioramento. I p. di cocciopisto più antichi sono diffusi in tutta l'area del Mediterraneo in ambiente punico fra il IV e il II sec. a. C.: ne sono apparsi di recente a Malta (Tas Silg), Capo Bon in Tunisia, Leptis Magna in Tripolitania, Nora in Sardegna, dove si mostrano per lo più decorati con "punteggiati" (Diamond pattern); i p. di cocciopisto trovati a Serra Orlando in Sicilia risalgono alla metà del III sec. a. C. Più recenti sono gli esemplari rinvenuti nel resto dell'Italia: ad Altino, Bologna, Reggio Emilia, Parma, Sarsina, Tivoli, Ardea, Francolise, Alba Fucente, Santa Maria di Capua Vetere; e poi ancora a Siracusa e a Cagliari per citare solo i più noti. Le grandi serie di Pompei, Ercolano e Roma consentono di fissare la loro massima diffusione fra il 200 e l'80 a. C.

Il p. di cocciopisto si presenta spesso decorato con tessere bianche allettate nel fondo e accostate per angolo. Alle tessere bianche si aggiungono talora anche le tessere nere; talvolta vi si mescolano liberamente frammenti di pietre colorate secondo un tipo di decorazione frequente anche nei mosaici di tessere rettangolari o di tessere comuni. Ma più spesso sono le tessere bianche e nere che formano disegni (punteggiati, crocette, squame, reticolati, meandri) costituendo un repertorio decorativo filiforme piuttosto limitato, ma originale; una lontana eco degli ornati dei mosaici di ciottoli potrebbe vedersi sia nei rari motivi campiti di bianco che di tanto in tanto accompagnano gli ornati filiformi, come le onde correnti, le palmette o i delfini (che però tendono a scomparire negli esemplari più recenti), sia nel cerchio inscritto nel quadrato - uno schema decorativo tipico di questi p. - che non pare abbia oltrepassato in Italia l'età sillana.

Il tentativo finora compiuto (Blake) di classificare cr0nologicamente in due gruppi i motivi del repertorio decorativo dei p. di cocciopisto trovati in Italia, regge solo parzialmente alle più recenti scoperte di Roma. Le "crocette" che la Blake ha osservato a Pompei nei p. più recenti (entro case cioè con decorazione parietale di Secondo Stile) si trovano a Roma in p. appartenenti a costruzioni con muratura in opera incerta e resti di pitture di Primo Stile (casa sotto la Domus Aurea) o in edifici il cui terminus ante quem risale in età sillana (casa sotto il Tabulario, distrutta prima del 78 a. C.). Va notato che fra gli ornati dei p. della Villa di Grottarossa, in gran prevalenza di cocciopisto, associati con mura in opera quadrata e con pitture di Primo Stile, compare il cerchio inscritto nel quadrato riempito di losanghe, documentato sia ad Ercolano (Casa Sannitica) sia a Pompei (Case vii.6.38; vi.14.39; ix.5.2) in edifici del Periodo del Tufo. I più rari esemplari che compaiono dopo questo periodo a Pompei accolgono, traducendoli nel tradizionale ornato filiforme, motivi decorativi proprî del repertorio musivo più in voga (stelle di otto rombi, esagoni, ottagoni intrecciati, ecc.).

Non pare che questo tipo di pavimentazione fosse apprezzato in Grecia; a Delo i p. di cocciopisto (tuileaux), privi di decorazione, sono destinati ad ambienti secondarî. Decorati, talora sontuosamente, sono quelli tornati in luce in Spagna (Badalona e altre località del levante spagnolo), Svizzera (Ginevra), Francia (Saint Remy de Provence, Reims e Champigny) che ripetono il repertorio elaborato in Italia e si datano generalmente fra il I sec. a. C. e il II d. C.

Accanto a questi p. vanno ricordati i varî battuti nei quali, al posto del coccio vengono impiegati altri materiali talora disponibili sul posto come, a Pompei, i p. di lava che sono per lo più privi di decorazione o ravvivati da singole tessere distanziate regolarmente o da frammenti di pietre colorate disseminate alla rinfusa. A Roma sono frequenti, in età repubblicana, i p. di calce bianca, pozzolana e polvere di travertino, spesso cosparsi di frammenti di pietre colorate. Se ne sono trovati al Foro Romano, negli strati repubblicani dell'Atrium Vestae e nella così detta Caupona; se ne è recuperato un frammento da uno degli ambienti sillani scavati sotto il Tabulario; e ne sono stati notati resti al terzo miglio della Via Tiberina. Altri esemplari, sempre di età repubblicana, sono stati di recente segnalati a Reggio Emilia e a Francolise (Caserta).

Monumenti considerati. - Malta, Tas Silg, vano 19: Università degli Studi di Roma, Missione archeologica a Malta 1965, p. 54, tav. 17, 1. Capo Bon: D. Harden, The Phoenicians, Londra 1962, p. 134; M. Fantar, in Studi Magrebini, i, 1966, pp. 57-65, Tavv. I e II. Leptis Magna: T. H. Carter, Western Phoenicians at Leptis Magna, in Am. Journ. Arch., LXIX, 1965, p. 128, tav. 33.7. Nora: G. Pesce, Nora: guida agli scavi, Bologna 1957, pp. 40 ss., fig. 30. Morgantina (Serra Orlando), Casa degli Ufficiali, vano D: E. Sjöqvist, in Am. Jurn. Arch., LXVIII, 1964, tav. 45.17; casa SO, oecus: A. Stillwell, in Am. Jurn. Arch., LXXI, 1967, p. 248, tav. 73.4. Altino: Not. Scavi, 1930, pp. 462 ss., fig. 2. Bologna: Not. Scavi, 1932, pp. 51 ss. Reggio Emilia: Not. Scavi, 1949, pp. 31 ss., fig. 8; ibid., 1960, pp. 246 ss., figg. 7 e 10; ibid., 1964, pp. 1 ss. Parma: Not. Scavi, 1949, P. 19, fig. 11. Sarsina: Not. Scavi, 1965, pp. 109 s. Tivoli: Not. Scavi, 1951, pp. 77 s., fig. 2. Ardea: Rend. Pont. Acc., XXXVII, 1964-65, p. 287. Francolise: Not. Scavi, 1965, p. 250. Alba Fucente: Rend. Pont. Acc., XXXVI, 1963-64, pp. 51 s., fig. 4. Santa Maria di Capua Vetere: Not. Scavi, 1952, p. 302, fig. 1I. Siracusa: Nor. Scavi, 1956, pP. 100 55., fig. I Cagliari: Studi Sardi, XIX, 1964-65, p. 340. Sui p. di Pompei, vedi in generale: M. E. Blake, in Memoirs Am. Acad., VIII, 1930, pp. 23 ss.; E. Pernice, Pavimente und figürliche Mosaiken, Berlino 1938, pp. 120 ss. Sui p. di Roma: M. L. Morricone, Mosaici Antichi in Italia, Roma, R. X (Palatium), Roma 1967, pp. 3; 112 ss.; Roma, Casa sotto la Domus Aurea: F. Sanguinetti, in Bollettino del Centro di studi per la storia dell'architettura, XII, 1958, pp. 44 ss., fig. 6 c; ibid., Casa sotto il Tabulario: A. M. Colini, in Bull. Com., LXII, 1939, p. 201, fig. 10; ibid., villa in loc. Grottarossa: E. Stefani, in Not. Scavi, 1944-45, pp. 52 ss., fig. 6. Ercolano, Casa sannitica: A. Maiuri, Ercolano: i nuovi scavi 1927-1958, Roma 1958, fig. 161 a p. 206. Pompei, Casa VII. 6.38: E. Pernice, op. cit., p. 41, tav. 11.3; ibid., Casa VI. 14.39: E. Pernice, op. cit., p. 48, tav. 16. 2; ibid., Casa IX. 5.2: M. E. Blake, op. cit., p. 26, tav. 3.1; E. Pernice, op. cit., p. 117. Delo: J. Chamonard, Le quartier du Théâtre, Delos VIII, Parigi 1922, pp. 394-395. Badalona: A. Balil, in Zephyrus, XV, 1964, pp. 85 ss., tavv. II. 4; IV. 12; VI. 1; Ginevra: V. von Gonzenbach, Die römischen Mosaiken der Schweiz, Basilea 1961, p. 109, R. 3. Saint Remy de Provence: H. Rolland, in Archivo Español de Arqueología, XXV, 1952, pp. 1-14, figg. 1 e 4. Reims: H. Stern, Recueil général des mosaïques de la Gaule, 1, I, Parigi 1957, nn. 16, 23. Champigny: H. Stern, op. cit., 1, III, Parigi 1963, n. 411. Sui p. di lava a Pompei, vedi E. Pernice, op. cit., p. 120; M. E. Blake, op. cit., p. 32. Sui p. di battuto bianco a Roma: zona della Domus Publica: J. H. Middleton, The remains of ancient Rome, vol. I, Londra e Edinburgo 1892, p. 303; così detto Lupanare: G. Lugli, I monumenti minori del Foro Romano, Roma 1947, p. 141; resti al terzo miglio della Via Tiburtina: C. Caprino, in Not. Scavi, 1948, p. 110; a Reggio Emilia: Not. Scavi, 1967, p. 8, fig. 3; a Francolise: Villa di San Rocco: Not. Scavi, 1965, p. 241.

IV) P. di laterizio. - Quantunque p. in laterizio siano noti fin dal periodo ellenistico (cfr. il p. di piedi di anfore recentemente scoperto a IŞtros in Romania), tuttavia nella grande maggioranza tali p. appartengono all'epoca romana. La sistemazione che ne ha dato la Blake (i, pp. 146 ss.) resta tuttora fondamentale in assenza di studî più recenti sull'argomento. I p. di laterizio cominciano ad apparire in Italia fin dall'inizio del II sec. a. C. I tipi più comuni sono:

a) un tipo a cubetti di cm 3-4 di lato. Sono forse queste le grandi tessere di cui parla Vitruvio (De Arch., vii, 1, 7: "Supra autem sive ex tessera grandi sive ex spica testacea pavimenta struantur fastigiis, quibus ex supra scriptum, et cum sic erunt facta, non cito vitiabuntur". Due esemplari romani visti dalla Blake (ora perduti) erano probabilmente datati: uno, sotto l'angolo occidentale del Tempio dei Castori, probabilmente coevo alla fondazione metellana del 117 a. C., constava di sole tessere di cotto di cm 3 di lato; l'altro, di fronte e sotto gli archi di Silla al margine occidentale del Foro Romano, era sicuramente presillano; nello scavo (1961) della Basilica Giulia, entro terreno di riporto sotto il livello cesariano della basilica, si è trovato un grosso frammento (troppo voluminoso e pesante perché possa esservi stato trasportato da altrove) con tessere di cotto di cm 4 di lato in media e con cubetti di travertino, che misurano la metà circa di quelli di cotto, inseriti a regolari intervalli; è incerto se esso abbia appartenuto al p. della basilica cesariana oppure alla costruzione ancora precedente (la Basilica Sempronia del 179 a. C.).

Tracce di un pavimento a tessere di cotto assai piccole (cm 2,5 di lato) allettate nel cocciopisto rosso si sono trovate nelle vicinanze di un muro che dallo scavatore è stato definito "di opera reticolata irregolare".

b) Vi sono poi i p. a grandi quadrati di cotto (tegoloni o bipedali).

I più antichi esemplari finora noti sembrano essere quelli appartenenti alla stoà del tèmenos del tempio C di Selinunte, forse ancora del VI sec. a. C. e, nelle vicinanze di Roma, in località Grottarossa, in una villa rustica anch'essa con resti di decorazione parietale di Primo Stile.

Con il divulgarsi degli impianti di riscaldamento questo tipo di pavimentazione, impiegato come sottofondo per altri p., diventa di uso comune.

c) Gli spicata testacea tiburtina di Vitruvio sono stati identificati in quei p. composti di mattoni collocati per coltello a formare spine di pesce; è il tipo più frequente di pavimentazione laterizia in età romana ed è in uso anche oggi. Oltre che a Pompei e a Roma ne sono stati scoperti numerosi esemplari a Bologna dove (vedi infra) abbondano ritrovamenti anche di altri tipi di pavimentazione in laterizio per cui si è supposto che questa città sia stata un antico centro di produzione di laterizi.

A Roma i più antichi esemplari notati dalla Blake rimontano ad età cesariana (resti fra la Sacra Via e la basilica di Massenzio, oggi non visibili; rampa dell'Auditorium di Mecenate; resti scoperti a Via Quattro Fontane). Altri esemplari possono datarsi in età augustea come quello visto dalla Blake sotto il così detto Palazzo di Caligola sul Palatino e altri da lei osservati, ma oggi non più esistenti, in varî punti della Sacra Via e del Clivus Palatinus nei pressi dell'Arco di Tito. È incerta la cronologia di larghi tratti di p. in parte scoperti recentemente (1967) in parte esistenti fin dal tempo della Blake, nella zona dell'Atrium Vestae, sul lato settentrionale di questo edificio, appartenenti a costruzioni con diverso orientamento che potrebbero essere riferiti alla fase augustea o neroniana. Però il maggior numero di p. a spina di pesce sia del Foro sia del Palatino sono da riferire ad età adrianea.

Le misure dei mattoni impiegati nei p. cesariani e augustei sopra elencati variano da un massimo di cm 2,6 a un minimo di 1,75 di spessore, tenendo presente che i più lunghi sono anche i più sottili. Non pare che dagli esemplari datati si possa dedurre una norma, né si è ancora tentato di stabilire un rapporto fra i mattoni impiegati nei p. e quelli impiegati nelle mura di elevato all'interno di edifici datati.

d) Vi è infine la serie - assai più esigua - dei p. in cotto che imitano le incrostazioni marmoree (o ne sono imitati). Si compongono di mattonelle triangolari, romboidali, esagonali, ottagonali. Si può citare, fra i più antichi esemplari, un p. pompeiano del periodo presarnita trovato sotto la casa della Regina d'Inghilterra in cui i mattoni, ritagliati a rombi e a squame, dànno luogo a composizioni geometriche. Nell'Italia settentrionale sono relativamente numerosi i p. di mattoni di questo tipo: a Bologna, Modena, Imola, Galeata, Ravenna, Faenza, Sarsina, Reggio Emilia, sono frequenti i trovamenti di p. di mattonelle esagonali talora associate a mattonelle romboidali. La data di questi p. non è sempre precisabile ma si possono ritenere datati con sufficiente sicurezza l'esemplare di Imola, associato a mosaici databili al I sec. a. C. (le cui mattonelle recano al centro una tessera bianca), un p. di Faenza, recentemente venuto in luce, a esagoni e losanghe, che rimonta allo stesso periodo, i due p. a esagoni tornati in luce a Bologna (Via Ca' Selvatica) che sono certamente del I sec. a. C., anzi uno di essi potrebbe essere ancora più antico; anche l'esemplare di Sarsina, che fu trovato sotto un mosaico in bianco e nero con decorazione geometrica, è con ogni verosimiglianza ancora di età repubblicana.

Un p. di mattonelle ottagonali di argilla è stato trovato a Barrafranca (Enna) in un ambiente con mura in opera incerta. I resti di un p. in cotto, recentemente recuperato a Bolsena, con piastrelle in forma di triangoli curvilinei e di fusi disposti in modo da formare il noto motivo della rete di fiori a sei petali, assai frequente nei tessellati, risalgono alla prima metà del I sec. a. C.

Rientrano ancora in questo gruppo quei p. in cui i mattoni di forma rettangolare sono disposti in modo da formare un ordito a canestro, secondo una tecnica adottata nei tessellati fin dall'età sillana. Ne offre un esemplare la terrazza della villa di Sirmione. Questo ornato, al pari di quello a mattonelle esagonali, sembra una foggia spontanea dei p. in laterizio, da questi passato ad altri generi di pavimentazione.

È da ricordare infine lo splendido lastricato del decumano di Solunto, composto di larghi mattoni disposti in piano: di colore grigiastro, quelli paralleli ai margini della strada; di colore rosso e disposti in diagonale, quelli del centro della strada, mentre nel mezzo della piazza i mattoni compongono una grande stella.

Monumenti considerati. - P. di piedi di anfore: Iṣtros (Romania): Journ. Hell. Stud., Archaeological Reports, 1962-63, p. 37, fig, 8. P. di cubetti di cotto: Roma. Foro Romano, sotto il Tempio dei Castori: M. E. Blake, in Memoirs Am. Acad., VIII, 1930, p. 147: p. sotto gli Archi di Silla: M. E. Blake, op. cit., p. 147. Lanuvio: Not. Scavi, 1953, p. 328. Scavi sotto la Basilica Giulia: Rend. Pont. Acc., 1961, pp. 53 ss. P. di grandi quadrati di cotto: Selinunte stoà del tèmenos del tempio C: A. Di Vita, in Palladio, XVIII, 1967, pp. 4 ss., figg. 18-19, 46. Villa rustica in località Grottarossa: Not. Scavi, 1944-45, p. 63, fig. 12. P. di mattoni disposti a spina di pesce: Roma, fra la Sacra Via e la basilica di Massenzio: M. E. Blake, op. cit., p. 148. Rampa dell'Auditorium di Mecenate: H. Thylander, in Acta Archaeologica, IX, 1938, p. 109, fig. 14; Via Quattro Fontane: Not. Scavi, 1952, p. 286; Palatino, resti sotto il c. d. Palazzo di Caligola: M. E. Blake, op. cit., p. 148, tav. 45, fig. 4; ibid., resti lungo la Sacra Via e lungo il Clivus Palatinus: M. E. Blake, op. cit., p. 148. P. di cotto imitanti le incrostazioni marmoree: Pompei, resti sotto la Casa della Regina d'Inghilterra: M. E. Blake, op. cit., pp. 146-147. P. di mattonelle esagonali: Bologna, Via Ca' Selvatica: Not. Scavi, 1965, pp. 65-66, fig. 11; ibid., Vicolo del Riccio: Not. Scavi, 1892, p. 256; ibid., sopra un p. in opus spiccatum: Not. Scavi, 1915, p. 149, fig. 2; Modena: F. Coppi, Monografia ed iconografia della terra cimiteriale o terramara di Gorzano, Modena 1871, tav. III; Imola: M. E. Blake, op. cit., p. 150, tav. 43, 1; Imola nell'antichità, Roma 1957, p. 159, tav. XX, 3; altri esemplari: tav. XXV, 7-8; Galeata: Forlì: Not. Scavi, 1952, p. 6; Ravenna: Not. Scavi, 1915, p. 237, fig. 2; Faenza: Not. Scavi, 1965, pp. 69 ss.; fig. 3; Sarsina: Not. Scavi, 1965, pp. 106-107; Reggio Emilia: Not. Scavi, 1907, p. 9. P. di mattonelle ottagonali di argilla: Barrafranca-Enna: Not. Scavi, 1956, p. 199. P. di piastrelle ritagliate in forma di fiori di sei petali: Bolsena: Not. Scavi, 1966, p. 71, fig. 16. P. di mattoni rettangolari: Sirmione: G. Lugli, La tecnica edilizia romana con particolare riferimento a Roma e al Lazio, Roma 1957, fig. 116 a p. 552. Solunto, lastricato del decumano: G. Lugli, op. cit., fig. 109 a p. 538.