FERNÁNDEZ, Pedro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FERNÁNDEZ, Pedro

Tiziana Mancini

Probabilmente originario di Murcia, in Spagna, fu attivo tra la fine del Quattrocento e il primo quarto del Cinquecento.

Questo pittore spagnolo, in passato confuso con Bartolomeo Suardi detto il Bramantino e poi lungamente studiato e conosciuto dalla critica con l'appellativo di Pseudo-Brarnantino, è stato anche indicato dalle fonti napoletane antiche (Filangieri, 1891), in riferimento a sue opere ancora esistenti, come "Pietro, Ispano", "Pietro Sardo", o "Pietro Francione spagnuolo".

Il rinvenimento del documento di allogazione (Freixas, 1984) al F. e ad un suo collaboratore, Antoni Norri, del polittico di S. Elena - datato maggio 1521 - nella cattedrale di Gerona, già ascritto concordemente allo Pseudo-Bramantino, diventa il punto fondamentale per la sua individuazione storica.

Nulla sappiamo circa l'iniziale trasferimento del F. dalla natia Spagna in Italia e dei suoi primi contatti con la cultura lombarda. Forse avrebbero potuto avvicinarlo alla cultura artistica bramantesca e padana gli esempi di Juan de Borgoña, oppure la lezione di fisiognomica e naturalismo di Leonardo appresa attraverso Fernando Llanos e Fernando Yañez de l'Almedina.

Più ipotesi sono state formulate anche riguardo la sua presunta formazione cremonese, e gli è stato attribuito (cfr. Romano, 1970) un nucleo di opere a Cremona (un trittico per la chiesa di S. Michele, un soffitto con Apollo e le muse nel convento della Colomba, in via Belvedere, la decorazione pittorica dell'atrio di palazzo Fodri), oggi ricondotte all'attività di Alessandro Pampurino, con il quale il pittore spagnolo sembra avere avuto dei contatti nei primi anni trascorsi in Lombardia.

Tuttavia appare chiaro come la formazione del F., avvenuta già ai primi dei Cinquecento, sia legata alla conoscenza di fatti esclusivamente milanesi, progressivamente aggiornati alla luce delle esperienze che si andavano maturando nel Settentrione. Ne fa fede il S. Giovanni Battista della Norton Simon Foundation di Pasadena (Ca), considerato come prima opera certa (cfr. Navarro, 1982, p. 37 e fig. 1 a p. 38), ascrivibile ad una data anteriore al 1508 - anno in cui lo spagnolo era a Roma - e dove palese è la confluenza tra i modi del Bramantino della Natività dell'Ambrosiana o degli arazzi Trivulzio (Milano, Castello Sforzesco) e quelli di B. Zenale del polittico di Cantù (Milano, Museo Poldi Pezzoli e coll. Bagatti Valsecchi) e degli Angeli cantori di S. Maria di Brera. A questi anni appartiene anche l'Adorazione dei pastori della collezione del duca di Villahermosa, a Madrid, generalmente datata al 1518-1520, ma riportata (Leone de Castris, 1988) al 1507 per l'applicazione di un linguaggio composito, arricchito dalla fisiognomica leonardesca e da un tono naturalistico, frutto, appunto, della forte impressione delle prime cose viste.

Intorno al iSog il F. approdò a Roma, forse proprio al seguito del Bramantino. A questo breve soggiorno, preludio al trasferimento a Napoli, è fatta risalire (ibid.) l'esecuzione di una Sacra Famiglia (già Milano, Asta Finarte, 7-8 maggio 1974, n. 80). Per le intrinseche qualità d'esecuzione e di stile questo dipinto potrebbe essere considerato il trait-d'union tra l'Adorazione madrilena e le successive opere napoletane. Nella città papale il F. conobbe il cardinale ostiense Oliviero Carafa, già arcivescovo di Napoli. Uomo acuto e sensibile, il cardinale favori, con il suo mecenatismo, la penetrazione a Napoli di quell'asse culturale romano-lombardo che, catalizzatosi intorno alla figura dei Bramante, trovò la sua più eletta applicazione nella costruzione del succorpo del duomo napoletano. Perciò alla richiesta del fratello, Ettore Carafa, conte di Ruvo dal 1509, di un pittore a cui affidare la decorazione della cappella di famiglia, coerentemente con le scelte espresse in precedenza, il cardinale rispose inviando nella città partenopea proprio l'artista spagnolo. Presumibilmente tra il 1509 ed il 1511 il F. attese agli affreschi del cupolino e dei pennacchi con le figure dei Profeti nella cappella Carafa in S. Domenico Maggiore a Napoli. Coevo ed in stretta contiguità stilistica è il polittico della Visitazione per la chiesa di S. Maria delle Grazie a Caponapoli, attualmente ricomposto in sei scomparti nel napoletano Museo di Capodimonte.

Il polittico, a cui è stato accostato il S. Giovanni di Pasadena quale parte superstite dei registro inferiore (Leone de Castris, 1988), è il risultato di un linguaggio che, maturato alla luce delle conoscenze prospettiche e aggiornato sulle opere di B. Suardi e dello Zenale, ha in sé elementi di origine ispano-flamminga quali il senso della materia ed il gusto del colore squillante e denso.

La tavola con la Vergine ed il Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Pietro, in S. Gregorio Armeno, identificata con una parte della "cona" (Abbate, 1972) COMmessa nel 1510 dalle suore di quel monastero ad un certo maestro "Pietro ispano" e terminata nel 1512, nonché altre opere per i conventi di S. Gaudioso e di S. Maria Egiziaca all'Olmo, ormai purtroppo perdute, concludono la fase napoletana del pittore. Tra il 192 ed il 1516 circa il F. era nuovamente a Roma, dove dipingeva l'Andata al Calvario per la cappella del Monte Calvario, in S. Domenico Maggiore, a Napoli. Databile al 1513, quest'opera presenta novità formali: il linguaggio cadenzato da inflessioni lombarde si è arricchito della simmetria peculiare del lessico raffaellesco. A questo momento della sua produzione appartiene anche la Visione del beato Amadeo Lusitano per l'eremitorio dedicato a S. Michele Arcangelo, in Montorio Romano (Rieti) - conservata a Roma, presso la Galleria naz. d'arte antica di palazzo Barberini - a cui si ricollegano stilisticamente la Vergine in gloria, in collez. privata a Roma, il S. Francesco stigmatizzato della Galleria Sabauda di Torino ed il S. Michele, s. Onofrio e s. Andrea della collezione Zeri a Mentana (cfr. Navarro, 1982, p. 48 e fig. 13 a p. 49). Risale a questo periodo il contatto con l'Ordine riformato dei francescani amadeiti, la cui committenza dette inizio ad un'attività abbastanza intensa ed estesa ai territori del Lazio e della Lombardia. Ed appunto in Lombardia, dove nel frattempo si era spostato intorno alla fine del secondo decennio del Cinquecento, il F. eseguì per la chiesa del convento amadeitico di S. Maria di Bressanoro un polittico oggi smembrato tra la parrocchiale di Castelleone ed il Museo civico di Cremona.

Formalmente, se da un lato l'opera risente di agganci diretti con la cultura lombarda e con quella del tardo Bramantino, dall'altro sono rintracciabili - per esempio nella figura della Vergine - forti reminiscenze michelangiolesche.

Analogo per composizione e stile doveva essere il polittico di cui avrebbero fatto parte il S. Gregorio Magno del Fogg Art Museum di Cambridge (Mass.) ed il S. Biagio del Museu nacional d'art de Catalunya di Barcellona (già coll. Matthiesen). Sul finire del secondo decennio del Cinquecento il F. lasciò definitivamente il Norditalia per spostarsi ancora una volta a Roma, dove, in attesa d'imbarcarsi per far ritorno in patria, eseguì l'Assunzione della Vergine per la chiesa francescana amadeitica di S. Lorenzo a Pisciarelli, presso Bracciano. Riguardo le vicende del ritorno in Spagna, avvenuto intorno al 1519, c'è da rilevare che il pittore si fermò a Gerona, dove sono documentate le sue due uniche commissioni in loco: il retablo di S. Elena per la cattedrale, eseguito nel 1521 con la collaborazione di A. Norri e quello andato perduto per la parrocchiale di Flaçà insieme con G. Pou. Presumibilmente ascrivibili a quest'ultimo periodo della sua attività sono il polittico, diviso tra varie collezioni private e già attribuito a J. de Pereda (Gudiol, 1963) ed il S. Andrea del Museo provinciale di Salamanca (Leone de Castris, 1988), ritenuto in passato di mano di J. de Flandes.

Fonti eBibl.: G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle prov. napoletane, III, Napoli 1891, p. 152; F. Nicolini, L'arte napoletana del Rinascimento..., Napoli 1925, p. 164; J. Gudiol, Un pintor manierista, Juan de Pereda, in IlVasari, XXI (1963), 2-3, pp. 80-83; G. Romano, Casalesi del '500, Torino 1970, pp. 30 ss.; F. Abbate, La pittura napoletana fino all'arrivo di G. Vasari, in Storia di Napoli, V, 2, Cava de' Tirreni 1972, pp. 831-834; G. Mulazzani, L'opera completa di Bramantino e Bramante pittore, Milano 1978, p. 100; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli..., Torino 1978, pp. 7-12; F. Navarro, Lo Pseudo-Bramantino: proposta per la ricostruzione di una vicenda artistica, in Boll. d'arte, LXVII (1982), 14, pp. 37-68; M. Tanzi, Decorazione pittorica dell'atrio, in V. Rastelli, La vera storia di palazzo Fodri. Diario di un restauro, a cura di A. Bernardi, Cremona 1982, pp. 179-183; P. Freixas, Documents per a l'art reinaixentista català. La pintura a Girona durant el primier terç del siegle XVI, in Annalés de l'Institut d'estudios gironins, 1984, pp. 165-188; A. Avila Padrón, Influencia de Rafael en la pintura y escultura españolas del siglo XVI a través de estampas, in Archivo español de arte, LVII (1984), pp. 61-64; M. Gregori, Pseudo-Bramantino (Pietro Ispano), in ICampi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal.), Cremona 1985, pp. 76-80; P. Giusti - P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1510-1540, forastieri e regnicoli, Napoli 1988, ad Indicem; P. Leone de Castris, La pittura del Cinquecento nell'Italia meridionale, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 711 e ad Indicem;Id., La pittura del Cinquecento, in Storia e civiltà della Campania. Il Rinascimento e l'età barocca, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli 1993, pp. 187, 189, 194, 202 e passim.

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