PELLE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PELLE

Eugenio Mariani

(XXVI, p. 618)

Finta pelle. − Nella produzione della finta p. esistono una varietà di prodotti che imitano le p. animali conciate e che sono usati nelle svariate applicazioni e destinazioni proprie della p. animale (abbigliamento, calzature, arredamento, ecc.). Alcuni tipi, che vanno dal cuoio rigenerato a quello ricostruito (sotto forma di fogli, ottenuti con sistemi analoghi a quelli usati nella preparazione della carta, utilizzando miscele di fibre di collageno e di cellulosa), ai tessuti rivestiti con strati di elastomeri o di oli siccativi ispessiti, ecc., hanno avuto scarso successo; offrono migliori prospettive, invece, alcuni prodotti che hanno avuto largo sviluppo in questi ultimi anni e che sono ottenuti rivestendo un tessuto fibroso con polimeri (specie cloruro di polivinile, poliuretano, ecc.), sì da formare laminati flessibili, che presentano aspetto e caratteristiche simili, e talora anche superiori, a quelle delle p. animali conciate. Se ne distinguono diversi tipi in base al supporto usato (tessuto, tessuto a maglia, tessuto-non-tessuto), alla natura delle fibre che li compongono (poliestere, nailon, ecc.), alla natura del polimero di rivestimento (polivinile, poliuretano, ecc.), al sistema di fabbricazione usato (calandratura, spalmatura).

Le caratteristiche dei prodotti ottenuti con i suddetti procedimenti dipendono dalla natura e dal tipo del supporto e del rivestimento, dalle modalità della loro preparazione e da come viene effettuata la loro riunione. Dal supporto dipendono prevalentemente le caratteristiche meccaniche (resistenza a trazione, allungamento), che variano a seconda della natura delle fibre e del sistema d'intreccio: i tessuti presentano caratteristiche meccaniche più elevate, ma sono differenti se misurate nel senso della trama o nel senso dell'ordito; i tessuti a maglia presentano carichi di rottura minori, ma allungamenti superiori; i tessuti-non-tessuti presentano caratteristiche inferiori, ma uguali in tutte le direzioni; queste differenze sono di poca importanza in alcune applicazioni, ma non per es. nel campo delle calzature. Importante è anche il diametro delle fibre usate: con diametri minori si possono infatti ottenere prodotti dotati di maggiore flessibilità.

Il rivestimento applicato sui vari tipi di tessuto presenta differenze sia per la natura del polimero usato che per la sua struttura (compatta, porosa), il che influenza le caratteristiche di flessibilità, d'impermeabilità, di traspirazione, ecc. Al di sopra dello strato di rivestimento si applica di solito un sottile strato di rifinitura (a base di polimeri poliesteri, poliuretanici) con funzioni prevalentemente estetiche (lucidità, brillantezza, colore), ma che può anche cooperare all'incremento della flessibilità, della resistenza all'usura e al graffio, ecc. Il rivestimento, che può essere applicato sul supporto tal quale o preventivamente trattato con polimeri che gli conferiscono migliori caratteristiche meccaniche e ne favoriscono l'adesione, può essere applicato in forma di laminato (calandrato) usando un collante e l'azione di compressione (anche a caldo), ma più frequentemente il rivestimento viene formato direttamente sul supporto applicandone i componenti sotto forma pastosa o liquida, distribuendoli nello spessore desiderato e facendoli poi consolidare mediante il passaggio, a seconda della natura del polimero usato, attraverso un tunnel riscaldato o sotto lampade a raggi infrarossi o a raggi ultravioletti. Si possono anche adottare sistemi analoghi a quelli usati nella fabbricazione della carta patinata, facendo venire a contatto il supporto in movimento con un rullo che preleva la soluzione da una bacinella e la cede poi per contatto al supporto, oppure facendo colare sul materiale di supporto in movimento un velo fluido appena estruso, che poi si consolida nel modo già detto. I prodotti calandrati, specie quelli a base di resine viniliche, presentano spessori relativamente elevati e si prestano solo per alcuni tipi di applicazione.

In molti casi, specie per le tomaie di calzature, oggi si realizzano rivestimenti porosi (poromerici), ottenuti per coagulazione del polimero e capaci di assicurare l'impermeabilità all'acqua e di consentire la traspirazione del piede. Rivestimenti di questo tipo si ottengono per lo più con resine poliuretaniche, distribuendo sul supporto uno strato di polimero sciolto in un solvente miscibile con acqua (per es., la dimetilformammide) che, portato in seguito a contatto con acqua, provoca la coagulazione del polimero, cioè la sua precipitazione sotto forma di tanti piccoli granuli costituiti da masse spugnose, microporose. Le caratteristiche dei rivestimenti poromerici si possono variare modificando diversi fattori: i componenti del polimero (quale il poliglicole, che entra a formare il poliuretano; i più usati sono quelli lineari, termoplastici, derivati da adipati, da caprolattone), la sua quantità, il rapporto fra solvente e acqua al momento della coagulazione, l'eventuale aggiunta di sali all'acqua, la temperatura dell'acqua, ecc. Il trattamento preliminare del supporto con resina si può compiere, anziché con poliuretano, relativamente costoso, con una resina diversa (per es. un elastomero del tipo stirene-butadiene o nitrile-butadiene) che assicura inoltre una maggiore flessibilità. I prodotti con rivestimento poromerico destinati alla preparazione di tomaie per calzature vengono preparati con tessuto-non-tessuto che garantisce caratteristiche meccaniche costanti in tutte le direzioni e una maggiore morbidezza al tatto.

Per realizzare un'elevata imitazione delle p. animali i manufatti sintetici possono essere sottoposti, oltre che alla finitura superficiale sopra ricordata, che ne migliora o ne varia l'aspetto, anche a trattamenti (goffratura, ecc.) che forniscono superfici a rilievo (ottenute per es. mediante il loro passaggio fra rulli, caldi o freddi, che presentano sulle loro superfici diversi disegni o motivi a rilievo). Si possono imitare anche le p. scamosciate applicando sulla superficie del manufatto corti frammenti di fibre (poliesteri, poliammidiche) che risultano dotati di una certa mobilità, oppure anche inglobando i frammenti di fibre in un polimero che si applica sulla superficie del manufatto e poi dopo l'indurimento si asporta con un solvente, cosicché le fibre rimaste aderenti alla superficie risultano sempre dotate di una certa mobilità.

Le finte p. vengono prodotte su larga scala e hanno raggiunto un'ampia diffusione in vari campi d'applicazione sia per la loro versatilità, sia per la possibilità di ottenerle con caratteristiche differenti a seconda dell'impiego al quale sono destinate, in colori e con aspetto svariati, sotto forma di fogli di notevoli dimensioni, regolari, omogenei in tutti i loro punti e ritagliabili con scarti limitati, a differenza delle p. animali che si presentano in forme irregolari, con differenze di spessore, e danno origine nell'utilizzazione a scarti rilevanti.

I maggiori consumi di queste finte p. si hanno nell'America Settentrionale e Meridionale. In Europa occidentale è calcolato un consumo di circa 300 milioni di m2/anno, assorbiti, all'incirca, per il 33% dall'industria automobilistica, per il 30% dalle calzature, per il 23% dall'arredamento e per il rimanente 14% dall'abbigliamento. Nell'industria automobilistica il prodotto è usato per il rivestimento dei sedili, del tetto, delle portiere, dei cruscotti, ecc., e si usano, oltre ai laminati tal quali, anche quelli fissati su supporti di fibre di legno o di plastica e foggiati a caldo. Nel settore delle calzature, in alcuni paesi (per es. negli Stati Uniti) l'impiego delle finte p. supera quello delle p. animali; nell'Europa occidentale il consumo dei due prodotti è all'incirca uguale. Un progresso notevole è stato realizzato in questi ultimi anni grazie ai prodotti poromerici, utilizzati con successo anche per calzature di qualità medio-alta.

Bibl.: K. Nagosh, Leatherlike materials, in Encyclopedia of polymer science and engineering, vol. 8, New York 1987; H.H. Kruse, J.H. Benecke, Leather imitates, in Ullman's Encyclopedia of industrial chemistry, vol. 15, Weinheim 1990.

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