ORLANDI, Pellegrino Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORLANDI, Pellegrino Antonio

Giovanna Perini Folesani

ORLANDI, Pellegrino Antonio (al secolo Angelo Michele). – Nacque a Bologna il 26 aprile 1660 da Antonio e da Leggiadra Modelli. Mutò il nome di battesimo in Pellegrino Antonio quando, seguendo una vocazione alquanto precoce, entrò nell’Ordine carmelitano.

Negli studi privilegiò filosofia e teologia, divenendo maestro di quest’ultima e, il 21 agosto 1696, dottore collegiato (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio [d’ora in poi BCB], Gozz. 202, n. 1392). Il suo nome non figura nei ruoli dell’Università di Bologna: egli stesso però ricorda di esser stato lector di filosofia e regens di teologia. I carmelitani, come i domenicani, i francescani, gli agostiniani e i serviti, potevano insegnare, oltre che all’Università, nello Studio generale del loro ordine: è certo che Orlandi abbia insegnato proprio a S. Martino, del cui convento venne anche eletto priore. Il suo manoscritto autografo Cathalogus Chronologicus Excellentissimorum ac Reverendissimorum in Sacrae Theologiae Doctorum Bononiae (BCB, Gozz. 299) costituisce a tutt’oggi una fonte preziosa, perché riporta la sequenza dei dottori collegiati dalle origini fino alla sua morte (il manoscritto fu proseguito poi per alcuni decenni da altra mano).

Per quanto nei frontespizi di alcune sue pubblicazioni (per es. l’Abecedario pittorico) Orlandi si qualifichi come «predicatore», già a fine Settecento non era reperibile alcun suo sermone o predica. Buona parte della ventina di manoscritti in italiano o in latino ricordati da Francesco Alessio Fiori (in Fantuzzi, 1788) è conservata nella Biblioteca comunale dell’Archiginnasio: una dozzina sono parte del Fondo Hercolani (dopo esser stati in precedenza forse parte del Fondo Oretti: il ms orettiano B111 sulle marche dei pittori contiene un quinternetto iniziale autografo di Orlandi sullo stesso tema), altri sono parte di un generico Fondo antico, mentre altri ancora sono stati acquisiti sul mercato all’inizio del Novecento o sono giunti con la donazione Gozzadini. Molte di queste opere inedite hanno contenuti di interesse storico-istituzionale, storico-religioso, specie liturgico, ecclesiologico o bibliografico: spaziano dall’elenco con brevi note biografiche dei dottori collegiati bolognesi di teologia alle note bio-bibliografiche sugli scrittori carmelitani (B 69, Bibliotheca Carmelitana); dalla raccolta di tutte le epigrafi presenti nella chiesa e convento di S. Martino Maggiore con la cronaca degli eventi riguardanti tale istituzione a partire dal 1217 (un sunto apografo costituisce il f. 11 del ms. B 3615; altro apografo con continuazione settecentesca è in Bologna, Biblioteca universitaria [di seguito BUB], ms. 231, ins. 2, proveniente, come altri testi orlandiani in quella biblioteca, dalla raccolta di Ubaldo Zanetti) all’elenco degli inquisitori con vari decreti promulgati tra il 1587 e il 1700; dalle sillogi di temi filosofici e teologici (probabilmente compendi usati a lezione) al bollario bolognese dei diplomi pontifici, imperiali e regi (BCB, ms. B 1055, datato 1716: la sua mancata pubblicazione fu, a detta di cronache coeve, scelta del governo cittadino, nel timore di indesiderati riflessi politici); per finire con repertori bio-bibliografici di professori dell’università di Bologna (quasi un’anticipazione del repertorio ottocentesco di Serafino Mazzetti: mss. B 400, datato 1715 e B 202, datato 1717), le biografie degli uomini illustri di Bologna; la storia di San Giovanni in Persiceto (B 3215; copia in BUB, ms. 3729 con data 1714); l’Armologio di Bologna (verosimilmente una raccolta degli stemmi delle famiglie bolognesi simile alla successiva di Floriano Canetoli); la prosecuzione a partire dal 1672 della serie dei detentori delle principali cariche governative cittadine già raccolti da Giovanni Niccolò Pasquale Alidosi prima, Giovan Francesco Negri poi. Non è chiaro se i sei tomi miscellanei di varia erudizione ricordati nelle Memorie della Società Albriziana del 1728 (entro la commemorazione dedicatagli a guisa di necrologio) siano da identificare, oltre che con BCB, ms. B 219 (che è indubbiamente il tomo VI), anche con i mss. B 230 e 231 (datati rispettivamente 1724 e 1726), e forse B 206 (contenente un catalogo di autori di testi scientifici, con un indice dei libri di scienze naturali più rari), nonché con BUB, ms. 1865.

La fama internazionale di Orlandi si fonda su tre opere uscite a stampa: l’Abcedario pittorico, la cui prima edizione risale al 1704; le Notizie degli scrittori bolognesi, uscito nel 1714 (i successivi volumi di Fantuzzi [1781-94] dallo stesso titolo ne costituiscono la prosecuzione e l’integrazione, con l’inserzione di più corpose parti biografiche) e infine l’Origine e progressi della stampa, o sia Dell’arte impressoria e notizie dell’opere stampate dall’anno 1457 sino all’anno 1500, pubblicato nel 1722, come i precedenti, dal suo editore di fiducia bolognese Costantino Pisarri. Si tratta di opere di riferimento a lungo sfruttate negli studi: di tutte sopravvivono i materiali preparatori e/o le copie date allo stampatore o per l’imprimatur. Non può stupire che, con questo tipo di interessi, fin dalla fondazione (22 luglio 1724) Orlandi abbia fatto parte della branca bolognese della cosiddetta Società universale Albrizziana, istituita dal celebre stampatore veneziano Almorò Albrizzi, e che ne sia stato anche primo vicepresidente nella ‘colonia’ bolognese.

Per quel che riguarda l’Origine e progressi, libro positivamente recensito negli Acta eruditorum di Lipsia del maggio 1724 (p. 101), i materiali preparatori sono conservati nel ms. B 31 (datato 1721, comprende anche varie lettere di eruditi coevi, come Girolamo Baruffaldi e Anton Francesco Marmi) e nel B 252, evidentemente pensato in vista di una riedizione ampliata, dato che ne espande i limiti cronologici dal 1442 al 1719. In pratica quest’opera costituisce l’antecedente storico dei moderni lavori di Albano Sorbelli. Quanto alle Notizie degli scrittori bolognesi, oltre alla copia per l’imprimatur (ms. B 1325), il ms. B 8 conserva materiali preparatori vari – per esempio liste di libri pubblicati dallo stampatore Benacci, oppure appunti integrativi rispetto al volume a stampa del 1714 – mentre il B 3327 è costituito da una copia del volume a stampa, con varie postille e integrazioni a margine autografe di Orlandi in vista di un’eventuale, nuova edizione: donato da Orlandi stesso all’Istituto delle scienze, non si sa per quali vie sia giunto all’Archiginnasio. Le Notizie, dedicate all’arcivescovo e patrizio bolognese Giacomo Boncompagni, raccolgono (sotto il nome di ogni singolo autore, in ordine alfabetico per nome di battesimo, secondo l’uso prevalente in età barocca) le opere stampate e manoscritte, sommariamente descritte per titolo, formato editoriale, luogo e data di stampa (ove non si tratti di manoscritti), il tutto preceduto da un paio di righe di notizie essenziali sull’autore. Qualora le informazioni derivino dalla consultazione di compendi o sillogi bio-bibliografiche precedenti, le fonti sono sommariamente indicate alla fine della scheda, in corsivo, nel formato: cognome dell’autore, titolo abbreviato, numero di pagina o carta, seguendo lo stesso sistema già adottato per le bibliografie sintetiche in calce alle singole voci dell’Abcedario pittorico.

L’opera più fortunata di Orlandi, però, e che l’ha reso famoso in tutta Europa, è l’Abcedario (o, a partire dalla seconda edizione, più eufonicamente, Abecedario) pittorico, di cui egli stesso curò due edizioni: quella del 1704, dedicata a Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo, e quella del 1719, dedicata a Pierre Crozat. La scelta dei dedicatari non è casuale: si tratta di ben noti collezionisti e conoscitori, specie di grafica, che fu uno dei campi di interesse collezionistico dello stesso Orlandi. In Fantuzzi (1788) si ricorda come di sua proprietà un «Musaeum Calcographicum Virorum quavis facultate memorabilium ex aere ad vivum expressas repraesentans imagines numero 2880», di 13 tomi in folio. Si tratta di una raccolta iconografica, una ‘gioviana’ calcografica di palese interesse erudito, prima che artistico, della cui sorte non si ha notizia. Non per caso dunque Orlandi appartenne all’Accademia Clementina in qualità di accademico d’onore fin dalla fondazione (fu eletto il 21 marzo 1710). Sia pur fondati su una preponderante erudizione libresca, i suoi contatti con il mondo artistico bolognese coevo erano concreti, come dimostra la sua raccomandazione del giovane Francesco Monti alla bottega di Giovan Gioseffo dal Sole nel 1703 (Cavazzoni Zanotti, 1739, p. 218).

Verso il 1719, all’epoca cioè della seconda edizione dell’Abcedario, Orlandi venne coinvolto dal fondatore dell’Accademia, Luigi Ferdinando Marsigli, nel progetto (mai giunto a termine) di riscrittura integrale della Felsina pittrice, ridotta a sole 15 biografie di artisti scelti (BUB, ms. 1042 A): a Orlandi sarebbe toccata quella di Agostino Carracci, assegnazione che, alla luce della sua accertata familiarità con la calcografia, non pare casuale. Sembrano confermarlo anche i progetti di studio della grafica in cui intendeva coinvolgerlo il medico e numismatico bolognese Ludovico Laurenti. Non stupisce perciò che, proveniente dall’Accademia suddetta, si trovi oggi nella Biblioteca universitaria di Bologna un volume manoscritto (ms. 1865) con lettere di artisti contenenti notizie autobiografiche, utilizzate dall’Orlandi per redigere alcune voci dell’Abcedario e parzialmente pubblicate da Ludovico Frati (1907; 1912).

Studiare il metodo di lavoro di Orlandi (a partire dall’inchiesta capillare tra gli artisti contemporanei per integrare le notizie estrapolate dalla schedatura sistematica dei principali testi della letteratura artistica coeva e precedente) e il farsi dell’Abcedario è reso possibile dalla quantità di materiali disponibili: oltre al manoscritto suddetto, vanno segnalate le copie preparatorie della prima edizione (BCB, mss. B 3 e B 1491, nonché il B 174, che comprende materiali preparatori per la seconda edizione). Quanto al manoscritto originale che, come narra Orlandi nella prima carta del B 3, venne da lui donato «al Senatore Giovanni Vincenzio Ranuzzi», seguendo la sorte della biblioteca e archivio Ranuzzi, venduti nell’Ottocento al bibliofilo e collezionista britannico Thomas Phillips, al momento della dispersione delle raccolte di questi (1968), è stato comprato con la maggior parte delle carte Ranuzzi dall’Harry H. Ransom Humanities Research Center presso l’University of Texas at Austin (ms. Ph 12771). Da quest’ultimo manoscritto è possibile ricavare una serie di informazioni utili circa la tiratura della prima edizione dell’Abcedario (di sole 500 copie, notizia fornita anche in B 3 e che spiega la rarità odierna del libro) e le tempistiche di stampa. In un altro ms. Ranuzzi (Ph 12509, c. 31) esiste una lista autografa di Vincenzo Ranuzzi di libri manoscritti sulla storia e il governo di Bologna utili alla formazione di un nuovo senatore, approntata per il figlio Marcantonio: si tratta di libri in parte di proprietà di Orlandi e all’epoca in vendita (una lista affine, di argomento storico-artistico, datata 1713, si trova in BUB, ms. 245, ins. 31, con provenienza Marsigli). Ciò fa pensare che Orlandi svolgesse, in campo librario, una sorta di attività di marchand-amateur, provata per quel che riguarda i disegni, di cui era collezionista, ma anche venditore, fornendo tanto Sebastiano Resta, quanto collezionisti stranieri come Thomas Coke e lord Leicester (Warwick, 2000, pp. 16, 19 e passim).

La fortuna dell’Abcedario si fonda sulla novità della sua formula: di contro alle lunghe e articolate biografie di Vasari e successori/antagonisti regionali, Orlandi propone, in un formato editoriale quasi tascabile una serie di voci che forniscono al dilettante e allo storico poche informazioni obiettive ed essenziali in un’agile scheda che compendia, entro le date di nascita e di morte (quando note: altrimenti vale l’indicazione di una data significativa, che alluda al periodo di attività documentata dell’artista) la genealogia artistica (ovvero la bottega o istituzione frequentata per la formazione) e qualche opera particolarmente prestigiosa, importante o comunque significativa realizzata, nonché il luogo o i luoghi della sua attività. Occasionalmente sono presenti aneddoti, o brevi caratterizzazioni stilistiche o morali.

Le tavole finali che integrano l’opera e forniscono ampi repertori bibliografici sulle belle arti, oppure la raccolta delle marche degli incisori, con relativi scioglimenti, costituiscono apprezzati ausili e hanno ispirato in seguito opere sistematiche specifiche e autonome, come la Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne di Angelo Comolli (I-IV, Roma 1788-92).

Naturalmente un’impresa così vasta e innovativa non poteva essere esente da pecche e carenze involontarie: omissione di artisti minori di varie regioni italiane e di varie nazioni europee, sconosciuti alla letteratura artistica, ma non ai cultori locali delle belle arti; occasionali errori materiali, causati da refusi o fraintendimento del testo consultato; false omonimie e identificazioni erronee. Non stupisce quindi che, in Italia e anche Oltralpe, collezionisti ed eruditi di varia fama e spessore abbiano iniziato a postillare le loro copie, correggendo e integrando le notizie ivi rinvenute: tra i primi fu Sebastiano Resta, sicché Orlandi, avuta copia delle sue note, le sfruttò per la seconda edizione del suo libro. In seguito numerosi eruditi e collezionisti, dal fiorentino Francesco Maria Niccolò Gabburri al bolognese Marcello Oretti, al francese Pierre-Jean Mariette trassero spunto dall’opera di Orlandi per immaginare nuove e più ampie edizioni da loro curate (ma rimaste tutte manoscritte). Molte furono anche le iniziative (raramente giunte a felice esito editoriale) che, sotto la pretesa di imitare l’Abcedario, proponevano in realtà la solita serie di biografie od elogi: si pensi in particolare a opere rimaste all’epoca inedite come quella di Nicola Pio per Roma (1724, in cui sopravvive un’apertura almeno peninsulare), o di Nadal Melchiori per il Veneto (1720-27 circa), oppure, tra quelle a stampa, al Supplemento alla serie dei trecento elogi e ritratti degli uomini i più illustri in pittura, scultura e architettura o sia Abecedario pittorico dall’origine delle belle arti a tutto l’anno MDCCLXXV, Firenze 1776 (appendice alla Serie in dodici volumi curata da Anton Francesco Raù e Modesto Rastrelli tra il 1769 e il 1775).

Morì a Bologna, nel convento di S. Martino dove aveva trascorso quasi tutta la vita, il 18 novembre 1727.

Dopo la sua morte si ebbero numerose nuove edizioni dell’Abcedario in tutta Italia, volte non solo all’integrazione e correzione dell’archetipo, ma anche al suo obiettivo aggiornamento, includendo artisti affermatisi successivamente: a Napoli, per cura di Antonio Roviglione (1731 e 1733); a Venezia, per cura di Pietro Guarienti (1753, la più fortunata, con ristampa napoletana dieci anni dopo), e infine l’imponente edizione fiorentina del 1788, che si distacca dalla precedente toscana del 1731 (sicuramente in rapporto con la coeva napoletana) nel formato (riprende quello del 1776) e nella scelta di una carta piuttosto spessa, il che, unito a un obiettivo ampliamento di informazioni, mira a convertire l’opera da strumento portatile a un autorevole volume di riferimento scientifico da tavolo. A livello europeo, accanto a vere e proprie traduzioni dell’Abcedario (in inglese, London 1730; in francese, Paris 1750), si possono segnalare svariate imprese consimili, tra cui eccellono, per portabilità e sintesi, quella di Jacques Lacombe (Dictionnaire portatif, 1752), tradotta poi in italiano (1768, 1781), oppure, per sistematicità e completezza, quella britannica di Matthew Pilkington (The gentleman’s and vonnoisseur’s dictionary of painters, London 1770), più volte ristampata e aggiornata al nuovo secolo da Henry Fuseli (London 1805: il fratello Johann Rudolf aveva pubblicato a Zurigo la propria versione tedesca di questo tipo di dizionario).

La Storia pittorica della Italia di Luigi Lanzi (I ed. completa: Bassano 1795-96; ed. definitiva, ibid. 1809), pur intonando fin dalla prefazione il de profundis per l’esperienza degli Abcedari, aspira di fatto a sostituirli e integrarli, e dà così il ‘la’ a giudizi impietosamente negativi come quello di Giuseppe Campori (1866, p. 179: «libro utile e ricercato a’ suoi tempi, come le molte ristampe provano; inutile oggidì e pur citato e consultato da più d’uno»), per altro smentito dal fiorire di dizionari biografici parimenti compendiosi e altrettanto ecumenici, benché molto più esatti, estesi e sistematici, quali quelli di Michael Bryan in Inghilterra e di Georg Kaspar Nagler in Germania.

Fonti e Bibl.: G.P. Cavazzoni Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina, II, Bologna 1739, pp. 218, 324; [C. de Villiers], Bibliotheca Carmelitana, notis criticis et dissertationibus illustrata, XXXII, Orléans 1752, coll. 540 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VI, Bologna 1788, pp. 191-197; L. Lanzi, Storia pittorica della Italiadal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo [1809], a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, pp. 3, 8 s., 11 s. e passim; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, p. 179; L. Frati, Lettere autobiografiche di pittori al padre P.A. O., in Id., Varietà storico-artistiche, Bologna 1912, pp. 113-132 (apparso in precedenza in Rivista d’arte, 1907, pp. 63-76); O. Morisani, L’edizione napoletana dell’Abecedario dell’O. e l’aggiunta di Antonio Roviglione, in Rassegna storica napoletana, n.s., II (1941), pp. 19-56; G. Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta a un esemplare dell’Abecedario pittorico di P. O., in Studi in memoria di mons. Angelo Mercati, Milano 1956, pp. 266-326; A. Arfelli, Manoscritti artistici inediti di Ludovico Laurenti, in L’Archiginnasio, LIII-LIV (1958-59), pp. 187-193; M.X. Zevelechi Wells, The Ranuzzi manuscripts, Austin 1980, pp. 65 s. e passim; L. Sorensen, Art bibliographies: A survey of their development, 1595-1821, in Library Quarterly, LVI (1986), pp. 31-55; Ateneo e Chiesa di Bologna, a cura di A. Albertazzi, Bologna 1992 (specie G.D. Gordini, La facoltà teologica dello Studio bolognese, pp. 13-35; E. Boaga O.C., L’attività teologica del carmelitano bolognese Michele Aiguani (1320-1400), pp. 131-145); J. Southorn, O., P. A., in The Dictionary of art, XXIII, London-New York 1996, p. 507; V. Pinto, Racconti di opere e racconti di uomini. La storiografia artistica a Napoli tra periegesi e biografia: 1685-1700, Napoli 1997, pp. 108, 114 s., 120 s.; M.L. Giumanini, Catalogo degli accademici d’onore nell’Accademia Clementina (1710-1803), in Accademia Clementina. Atti e memorie, XXXVIII-XXXIX (1998-99), p. 212; G. Warwick, The arts of collecting. Padre Sebastiano Resta and the market for drawings in Early Modern Europe, Cambridge 2000, pp. 5, 9, 16, 19, 30, 32, 66 s., 71, 81, 91 e passim; G. Perini, O., P.A., in L’Arte, a cura di G.C. Sciolla, IV, Torino 2002, p. 343; E. Plantenga, Tra tradizione e innovazione: sulla vita e le attività culturali di P.A. O. (1660-1727) e la composizione dell’Abecedario pittorico (1704), tesi di laurea presso l’Istituto universitario olandese di Firenze, a.a. 2006-07; F. Pezzarossa, La storiografia a Bologna nell’età senatoria, in Storia di Bologna. Bologna nell’età moderna, II, Cultura, istituzioni culturali, Chiesa e vita religiosa, a cura di A. Prosperi, III, 2, Bologna 2008, pp. 289 s.; LMW (L. Walker), O. P., in www.dictionaryofarthistorians.org/orlandip. htm (s.d.).

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