Pelo

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Ciascuna delle formazioni filiformi di sostanza cornea, della pelle dell’uomo e degli altri Mammiferi. Per analogia, formazione del tessuto epidermico nei vegetali.

Anatomia

fig. 1

I p. sono formazioni caratteristiche della pelle dei Mammiferi (fig. 1); hanno sul corpo una tipica distribuzione, che presenta differenze specifiche e individuali, e servono a limitare la dispersione del calore.

Nel p. si distinguono uno scapo o porzione libera, e una radice infissa nel follicolo pilifero, che rappresenta una specie di invaginazione dell’epidermide, dalla quale il p. stesso si origina e si sviluppa. La radice presenta al suo estremo un rigonfiamento o bulbo, nel quale penetra la papilla dermica. Il p. formato è costituito da uno strato esterno di cellule corneificate lamellari disposte a embrice, da uno strato intermedio di abbondanti cellule fusiformi, pigmentate (sostanza corticale), da uno strato centrale di cellule cubiche, piuttosto lasse, fra le quali si trovano delle bollicine di aria (sostanza midollare). I follicoli piliferi sono di solito impiantati obliquamente rispetto alla superficie cutanea; in corrispondenza dell’angolo ottuso che formano con questa è situata la ghiandola sebacea ed è impiantato il muscolo erettore del pelo. Sulla cute si distinguono p. a completo sviluppo e p. lanuginosi disposti secondo determinate linee che si irradiano da un centro (vertice).

Il colore dei p. è vario, ma con l’età essi tendono a depigmentarsi (canizie). Quando un p. ha cessato di crescere, la papilla dermica si atrofizza e il bulbo prende una forma a clava: il p. nuovo, che si origina dal fondo del follicolo, spinge, crescendo, il p. vecchio, e lo fa cadere. Speciali tipi di p. sono le vibrisse, le setole, gli aculei.

Lo sviluppo e i caratteri del sistema pilifero dell’uomo sono condizionati da fattori ereditari, costituzionali ed endocrini: le ghiandole sessuali e il sistema ipofisi-surrene sono particolarmente importanti a questo riguardo. In alcune regioni del corpo (cuoio capelluto, sopracciglia, ciglia) i p. sono ben sviluppati fin dai primi mesi di vita, mentre in altre (pube, ascelle e, nel maschio, sulla faccia) cominciano a crescere solo dalla pubertà; mancano solo in alcuni distretti cutanei (palma della mano, pianta del piede, regione flessoria ed estensoria di alcune articolazioni).

I p. possono presentare varie anomalie: mancanza e scarso sviluppo congenito (atrichia e ipotrichia), eccessivo sviluppo (ipertricosi), apigmentazione congenita (eucotrichia), depigmentazione acquisita (canizie). Possono essere colpiti da malattie e da affezioni parassitarie, come la tigna, o distrofiche, come le tricoclasie. Anche i follicoli piliferi sono coinvolti da processi morbosi, ora infiammatori (follicoliti, foruncoli), ora distrofici (seborrea, cheratosi follicolare), ora misti (rappresentati soprattutto dalle diverse forme di acne).

Botanica

fig. 2

Il p. o tricoma è un’estroflessione dell’epidermide ed è costituito da una cellula o più cellule epidermiche (fig. 2). Spesso i p. sono allungati e cilindrici, di lunghezza varia, talora (cotone) anche di alcuni centimetri; quando i p. sono brevi e conici si dicono ‘papille’, a esse è dovuto, per riflessione della luce, l’aspetto vellutato di certi petali.

I peli sono o unicellulari (p. dei semi del cotone) o pluricellulari, sia gli uni sia gli altri sono semplici o ramosi; tra questi ultimi si distinguono: p. stellati, quando i raggi sono nello stesso piano e divergono come quelli di una stella; squamosi o peltati se i raggi del p. stellato sono congiunti lateralmente; a cespuglio, se i rami più o meno disuguali si trovano in più piani; un tipo particolare di p. pluricellulari è il p. paleaceo delle Felci, che ha forma di una laminetta. La parete nei p. è cellulosica, come nel cotone, o lignificata o mineralizzata; in quest’ultimo caso i p. sono rigidi e si dicono ‘setole’. I p. di rado sono vivi (p. radicali, della regione assorbente), più spesso morti e allora contengono aria e per un fenomeno ottico appaiono bianchi. I peli in grado di secernere sostanze sono vivi; i p. ghiandolari o capitati, sono formati da un piede o peduncolo uni- o pluricellulare, che sorregge una capocchia, anch’essa di una o più cellule; questa elabora sostanze diverse che si raccolgono spesso tra la parete e la cuticola. Tali sostanze sono: a) essenze, come nelle Lamiacee, b) sostanze gommose, come nei p. secretori delle perule dell’ippocastano, c) mucillagine, come nelle parti sommerse di varie piante acquatiche. A questa categoria appartengono anche i p. digestivi di piante insettivore (Pinguicula, Drosera) che secernono enzimi proteolitici. Vi sono anche p. alimentari: sui tepali di certe Orchidacee tropicali (Maxillaria e altre) esistono fitti e grossi p. unicellulari ricchi di protidi, liquidi ecc., che sono consumati dagli insetti pronubi. La forma e i caratteri dei p. sono di norma costanti per le singole specie e talora caratteristici delle famiglie, costituendo a volte caratteri diagnostici utili. Inoltre su una stessa pianta, anzi su un medesimo organo (foglia), possono coesistere p. di vario tipo (per es., p. unicellulari, p. pluricellulari, p. ghiandolari ecc.).

La funzione dei p. è molto varia: di protezione, come nei p. tettori o protettori o di ricoprimento (contro l’eccessiva perdita di acqua, sbalzi di temperatura, offese animali ecc.); di assorbimento (p. radicali e p. delle parti aeree che in certe piante assorbono l’acqua, come nelle foglie di certe Bromeliacee epifite); di sostegno (in certi Galium sono uncinati e servono alla pianta per fissarsi); di secrezione (p. ghiandolari); di disseminazione quando stanno su frutti o su semi; di percezione di stimoli (p. tattili, presenti su petali, stami, foglie e specialmente su cirri, che sono capaci di percepire e di trasmettere gli stimoli di contatto) ecc.

Le piante che vivono in fitta ombra sono di norma prive di p., mentre quelle che stanno in pieno sole o in condizioni di aridità sono ricoperte sui fusti, e particolarmente sulle foglie, di p. abbondanti e in tal caso gli organi sono detti ‘pelosi’ e precisamente: pubescenti se i p. sono brevi e molli; vellutati se sono fitti e molli; tomentosi se fitti, lunghi e in parte intrecciati; sericei se lucidi e per lo più adagiati sull’epidermide; irsuti o villosi se fitti e diritti, ma non rigidi; ispidi se sono rigidi ecc.; per la presenza di p. ghiandolari la superficie di certi organi risulta vischiosa.

Data la loro origine, ben determinata, da cellule del tessuto epidermico, i p. sono stati utilizzati per ricerche sul differenziamento cellulare.

Certe formazioni non epidermiche, il cui aspetto richiama un p., sono state chiamate, impropriamente, p. interni (o intercellulari), come i tricoblasti o idioblasti meccanici che sono disseminati nei canali acquiferi delle ninfee.

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