DE FILIPPO, Peppino

Enciclopedia del Cinema (2003)

De Filippo, Peppino (propr. Giuseppe)

Guglielmo Siniscalchi

Commediografo e attore teatrale e cinematografico, nato a Napoli il 24 agosto 1903 e morto a Roma il 27 gennaio 1980. Raggiunse il successo cinematografico fra la seconda metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, quando insieme a Totò formò la più famosa e irresistibile coppia comica del cinema italiano. Sempre attento a mantenere alto il confronto dialettico con la straripante fisicità della 'marionetta' Totò, D. F. è stato il grande interprete di una comicità sorniona e 'di riflesso' interamente costruita su una sapiente arte dell'improvvisazione, su equivoci, giochi linguistici ‒ celebre, in questo senso, la sequenza che vede i due attori impegnati nella dettatura di una lettera in Totò, Peppino e… la malafemmina (1956) di Camillo Mastrocinque ‒ e una sottile vena di malinconia. Negli stessi anni ‒ con film come Policarpo, "ufficiale di scrittura" (1959) di Mario Soldati o Il mio amico Benito (1962) di Giorgio Bianchi ‒ rappresentò alla perfezione vizi e virtù della piccola borghesia italiana che, dopo aver risolto i problemi del dopoguerra, si avviava ad affrontare il boom economico. Più tardi, al set cinematografico preferì il palcoscenico teatrale o televisivo rivelando eccellenti qualità drammatiche. Nel 1956 aveva vinto il Nastro d'argento come attore non protagonista per Totò, Peppino e i fuorilegge di Mastrocinque.

Figlio naturale di Eduardo Scarpetta e fratello minore di Titina ed Eduardo, D. F. mosse i primi passi nella compagnia teatrale del fratellastro Vincenzo Scarpetta e, dopo varie esperienze artistiche, fondò con i fratelli la compagnia Teatro umoristico ‒ I De Filippo che avrebbe riscosso notevole successo in tutta Italia portando sul palcoscenico commedie da loro scritte e interpretate. L'esordio cinematografico avvenne nel 1933 in Tre uomini in frack di Mario Bonnard, cui fecero seguito la farsa in costume Il cappello a tre punte (1935) di Mario Camerini e Quei due (1935) di Gennaro Righelli, che vide insieme, come nei primi due, i fratelli Eduardo e Peppino in una commedia dai tenui risvolti sociali, in parte ispirata a un atto unico scritto da Eduardo, Sik Sik l'artefice magico. Fino al 1944, anno in cui la loro compagnia teatrale si sciolse, la collaborazione dei De Filippo trovò nel cinema una nuova forma espressiva recitando in film come Sono stato io! (1937) di Raffaello Matarazzo, In campagna è caduta una stella (1939) diretto dal fratello Eduardo e A che servono questi quattrini? (1942) di Esodo Pratelli, o Casanova farebbe così! (1942) di Carlo Ludovico Bragaglia. Purtroppo non sempre gli esiti cinematografici conservano la verve delle esibizioni sul palcoscenico e, se si escludono gli effervescenti dialoghi di Non ti pago! (1942) di Bragaglia e Non mi muovo! (1943) di Giorgio C. Simonelli, la naturalezza e la spontaneità del gesto teatrale appaiono quasi congelate in film caratterizzati da regie troppo statiche.

Ottenuto già nel 1941 il primo ruolo da protagonista in Notte di fortuna di Matarazzo, D. F. riuscì a emergere nel mondo del cinema, senza i fratelli, soltanto nel dopoguerra interpretando una serie di personaggi in commedie di costume come Bellezze in bicicletta (1951) di Carlo Campogalliani, La famiglia Passaguai (1951) di Aldo Fabrizi o il grottesco Luci del varietà (1950) di Alberto Lattuada e Federico Fellini, in cui disegna efficacemente il ruolo del capocomico di una compagnia di avanspettacolo di provincia. Nel 1952 avvenne l'incontro con Totò sul set di Totò e le donne di Mario Monicelli e Steno, primi bagliori di quella esplosiva e sinergica collaborazione che avrebbe reso D. F. la 'spalla' più famosa del cinema italiano, e ne avrebbe esaltato le doti di caratterista con personaggi come il barbiere Peppino, complice di un finto sequestro architettato da un irresistibile Totò in Totò, Peppino e i fuorilegge, il cavalier Giuseppe Colabona, 'impiegatuccio' in costante competizione con il collega Antonio Guardalavecchia in Chi si ferma è perduto (1960) di Sergio Corbucci; o, ancora, il cavalier Pio degli Ulivi che, in Signori si nasce (1960) di Mario Mattoli, è l'ossequioso titolare di una sartoria ecclesiastica alle prese con il solito Totò nella parte del fratello ozioso e libertino. L'unica eccezione fu la coraggiosa e caustica commedia Arrangiatevi! (1959) di Mauro Bolognini che vede un'inversione del rapporto fra Totò e Peppino, con il secondo nel ruolo del mattatore e il primo in quello del comprimario in una feroce satira di costume sulla chiusura delle 'case chiuse' e la crisi degli alloggi. Nel 1962 Fellini lo volle protagonista, nei panni di un allucinato moralista preda di incubi lussuriosi, in Le tentazioni del dottor Antonio, episodio di Boccaccio '70, film diretto anche da Luchino Visconti, Vittorio De Sica e Monicelli.Conclusa la brillante esperienza con Totò, D. F. ridusse progressivamente la carriera cinematografica privilegiando quella teatrale e curando l'adattamento televisivo di alcune sue commedie fra cui Non è vero… ma ci credo (1980) diretta da lui stesso in collaborazione con Giancarlo Nicotra e già interpretata al cinema nel 1952 per la regia di Sergio Grieco. L'ultima sua apparizione sul grande schermo fu in Giallo napoletano (1979) di S. Corbucci, al fianco di Marcello Mastroianni.

Bibliografia

S. Sallusti, De Filippo, Peppino, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 33° vol., Roma 1987, ad vocem; E. Giacovelli, I film di Peppino De Filippo, filmografia e ricerche di E. Lancia, Roma 1992; Totò e Peppino, fratelli d'Italia, a cura di A. Anile, Torino 2001.

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