PÉREZ de GUZMÁN, Fernán

Enciclopedia Italiana (1935)

PÉREZ de GUZMÁN, Fernán

Salvatore Battaglia

Scrittore spagnolo, nato intorno al 1378, morto probabilmente nel 1460 nel suo castello di Batres. D'antica e potente famiglia aristocratica, legata alla corte, P. de G. raggiunse presto alte cariche nella vita politica del suo paese; ma dichiaratosi nemico di Alvaro de Luna, caduto in disgrazia di Juan II per il suo spirito franco e deciso, abbandonò a 56 anni la corte, ritirandosi nei suoi dominî di Batres.

Nipote del cancelliere Pero López de Ayala, P. de G. intese al pari di lui la cultura come complemento dell'attività politiea; egli così si riconnette in gran parte alla tradizione storico-didattica del Trecento spagnolo, che attraverso la rievocazione storica e la valutazione del mondo etico-pratico si adeguava a un suo tipo di umanesimo, dapprima indipendente da quello italiano. Si riconosce in lui la formazione spirituale comune, oltre che allo zio López de Ayala, a Juan Manuel, ai due Manrique - tutti nobili, legati alla corte e alla vita politica, curiosi di chiarire e organizzare attraverso la letteratura una loro concezione storico-moraleggiante della realtà. Dalle sue letture congeniali - Cicerone, Seneca (e di questi tradusse alcune lettere), Boezio, Brunetto Latini del Tesoro - egli compilò una Floresta de los filósofos, ad istanza del vescovo Alonso de Cartagena, a lui legato da forte amicizia e da affinità spirituali. Pur seguendo i procedimenti delle antologie medievali, il P. de G. è guidato nella scelta da un senso realistico, che cela una personale esperienza. Ma nel Mar de istorias egli ha tradotto con maggiore libertà la sua robusta conoscenza della contingenza umana, anche se non egualmente in tutte le parti dell'opera: nella prima tratta degl'imperatori e dei principi pagani e cristiani; nella seconda passa in rassegna alcune figure di santi e di sapienti, anch'essi considerati in rapporto alla vita politico-morale, e infine, nella terza e ultima parte, coglie la fisionomia di personalità spagnole vive nel suo animo, e cioè le "semblanzas y obras de los excelentes reyes de España don Enrique III y don Juan II y de los venerables prelados o notables cavalleros que en los tiempos de estos nobles reyes fueron", tanto che quest'ultima parte, come la più originale e la più attuale, si diffuse staccata dalle altre col titolo di Generaciones y semblanzas. In una prosa lucidissima e incisiva, con un'acutezza sottile e inesorabile, sono individuati i ritratti dei contemporanei più illustri, penetrati nel loro volto fisico e morale con una serenità di giudizio che non è turbata neanche da quel pessimismo implicito nella sensibilità dello scrittore. Al difuori dei modelli scritti, P. de G. s'ispira a un suo intimo gusto umanistico, che lo spingeva a ricercare nella realtà le forti individualità, sicché la sua opera rimane fra le più significative del Quattrocento spagnolo. Inferiore nella poesia - e le sue liriche figurano anche nel Cancionero de Baena - il P. de G. vi portò gli stessi interessi moralistici, specie in alcune composizioni: Cuatro virtudes cardinales, Que las virtudes son buenas de invocar, un'elegia per la morte di Alonso de Cartagena, ecc., in cui prevale il carattere prosastico.

Ediz.: Las Generaciones, in Bibl. aut. esp., LXVIII; a cura di R. Foulché-Delbosc, Mâcon 1907; Mar de istorias, a cura di R. Foulché-Delbosc, in Revue hisp., XXVIII (1913), pp. 442-622; le liriche nel Cancionero castellano del siglo XV, a cura di R. Foulché-Delbosc, in Nueva bibl. de aut. esp., XIX, pp. 575-759

Bibl.: M. Menéndez y Pelayo, Antol. de poetas líricos, V, pp. l-lxxviii; R. Foulché-Delbosc, Étude bibl. sur F. P. de G., in Rev. hisp., XVI (1907), pp. 26-55.