GRIMALDI, Perino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRIMALDI, Perino

Riccardo Musso

Nacque a Nizza nei primi decenni del Trecento da Agamennone (o Agamellone) di Bertone, quest'ultimo figlio di quel Lanfranco da cui era anche disceso il ramo dei signori di Monaco e Mentone.

La sua famiglia, originaria di Genova, si era stabilita a Nizza, allora nella Contea di Provenza, fin dagli ultimi anni del XIII secolo, pur conservando sempre la cittadinanza genovese e forti interessi politici ed economici nella patria d'origine. Dediti al commercio e, sua quasi naturale appendice, alla pirateria, i Grimaldi di Nizza avevano ottenuto importanti cariche nel governo della città e alla corte dei sovrani angioini, ma soprattutto avevano costantemente affiancato i loro consorti e i fuorusciti guelfi nei tentativi di impossessarsi della rocca di Monaco. Il padre del G. nel 1335 era stato podestà di Ventimiglia, quando il governo di quella città era stato conferito da Roberto II d'Angiò a Carlo Grimaldi, seguendo quest'ultimo nelle sue varie campagne in Francia, al soldo del re di Francia Filippo VI di Valois.

Il G. seguì le orme paterne, inserendosi fin dalla giovinezza nel gruppo di uomini d'arme e capitani di galea che circondava il signore di Monaco, in gran parte costituito da membri della famiglia Grimaldi, sia dei rami provenzali, sia di quelli rimasti a Genova. Le prime notizie su di lui risalgono al 1346, quando egli figura infatti fra i trentadue patroni di galea (nove dei quali Grimaldi) che in quell'anno Carlo aveva arruolato a Nizza per conto del re di Francia. Partecipò così alla campagna navale nell'Atlantico e, dopo che nell'inverno seguente la squadra genovese fu licenziata, comandò un contingente di balestrieri liguri, sempre al servizio francese. Tornato a Nizza, nel 1352 passò con la sua galea al soldo di Genova, partecipando, con altri patroni nizzardi, alla grande flotta allestita dal doge Giovanni di Valente per affrontare nell'Egeo l'armata navale veneto-catalana, alla quale si erano unite anche le galee dell'imperatore bizantino Giovanni VI Cantacuzeno. Nella spedizione il G. ebbe modo di mettere in luce pienamente le sue doti di ottimo capitano, tanto che gli fu attribuito in gran parte il merito della vittoria conseguita nelle acque del Bosforo dall'ammiraglio genovese Pagano Doria. Dopo questa data non si hanno più sue notizie per quasi un decennio, anche se pare da ascriversi a lui una serie di scorrerie piratesche lungo le coste occidentali della Morea, culminate nel saccheggio del porto di Calamata nel marzo 1354.

Queste imprese gli diedero una certa fama, tanto che nel 1362 i Fiorentini gli offrirono il comando delle loro modeste forze navali. Nell'estate di quell'anno, infatti, la conquista pisana di Pietrabuona aveva portato allo scoppio di un vero e proprio conflitto tra Pisa e Firenze.

Quest'ultima si rivolse al doge di Genova, Simone Boccanegra, per avere navi e balestrieri, ma questi, amico di vecchia data dei Pisani (con i quali, nel 1357, aveva pure stipulato un trattato di alleanza), non solo rifiutò ogni aiuto, ma emanò severissime norme in tutto il dominio genovese per vietare noleggi e arruolamenti per conto terzi. L'inviato fiorentino, Francesco di Buonaccorso Alderotti, che la Signoria aveva incaricato di assoldare a Genova almeno 400 balestrieri e mezza dozzina di galee, fu così costretto a trasferirsi fino a Nizza, dove, tra la numerosa colonia di fuorusciti genovesi, non gli fu difficile trovare quanto cercava. Il G. si accordò per condurre agli stipendi di Firenze due galee e una nave; mentre suo cugino Riccardo (compagno della spedizione in Francia) stipulò una condotta per i 400 balestrieri richiesti, tra i quali furono anche i due figli del G., Matteo e Napoleone.

Secondo quanto concordato, la piccola squadra nizzarda agli inizi di agosto cominciò a compiere rapide incursioni lungo la costa nei dintorni di Piombino. Nelle prime settimane di settembre il G. conquistò e diede alle fiamme il borgo fortificato delle Rocchette, tra Castiglione della Pescaia e Punta Ala, quindi il mese dopo attaccò l'isola del Giglio, espugnando dopo aspri combattimenti sia il borgo, sia il castello. Completamente padrone del mare, egli devastò le coste dell'isola d'Elba e, sempre in ottobre, tentò un ardito colpo di mano contro Porto Pisano.

I balestrieri liguri, sbarcati dalle galee, respinsero una carica di cavalieri avversari, impadronendosi del molo e del cosiddetto "palazzo del ponte" con due torri vicine, ma la resistenza dei Pisani impedì loro di entrare nel palazzo della mercanzia e nel borgo, cosicché il G. ordinò la ritirata sulle galee, dopo avere bruciato vari navigli all'ancora. Prima di partire, però, in segno di spregio verso i Pisani ordinò di togliere le grosse catene che sbarravano l'imboccatura del porto e che, caricate su un carro, fece in seguito trasportare a Firenze, dove furono esposte alle colonne di porta S. Giovanni.

Per questi successi i Fiorentini gli attribuirono grandi onori e, al momento di licenziarlo, gli concessero la cittadinanza, alla quale egli restò sempre molto attaccato, svolgendo in seguito in più di un'occasione, il ruolo di intermediario nelle relazioni tra Firenze, la corte di Francia e quella angioina di Provenza.

Nel 1374 accettò di armare a Genova e Nizza una flotta di 10 galee e altro naviglio minore che avrebbe dovuto condurre al soldo di Mariano (IV), giudice d'Arborea, da alcuni anni ribellatosi al dominio aragonese in Sardegna, segretamente sostenuto dai Genovesi e dal duca d'Angiò. Per questo armamento egli ricevette ben 10.500 fiorini di anticipo, che incassò senza dare poi seguito alla cosa; ne nacque un contenzioso che vide coinvolti, su richiesta di Mariano, papa Gregorio XI e il doge di Genova Domenico Fregoso, il quale riuscì a fatica a ottenere dal G. la restituzione di una parte del denaro. Con quanto ricavato da questo fortunato affare il G. acquistò le signorie di Gattières e di Serenon, nella diocesi di Grasse, ottenendone l'investitura da Giovanna I d'Angiò; a esse si aggiunse, sia pure per breve tempo, Castillon, avuta, nel 1377, dal signore di Mentone, Raniero (II) Grimaldi.

Trascorse i suoi ultimi anni a Nizza, dove era annoverato tra i più influenti cittadini; nelle contese legate alla successione provenzale si mantenne fedele al partito angioino finché, dopo la morte della regina Giovanna I (1382), non abbracciò la causa dei Durazzo, insieme con il genero Giovanni Grimaldi, signore di Boglio, cui anni prima aveva dato in moglie la figlia Bigotta.

Morì a Nizza intorno al 1390, lasciando erede dei feudi di Gattières e Serenon il figlio Napoleone.

Fonti e Bibl.: Genova, Biblioteca civica Berio, M. R., IX.2.23: F. Federici, Scrutinio della nobiltà ligustica, s.v.Grimaldi; G. Saige, Documents historiques relatifs à la Principauté de Monaco depuis le quinzième siècle, I, Monaco 1891, pp. XXVIII s.; Lettres secrètes et curiales du pape Grégoire XI, a cura di G. Mollat, in Bibliothèque des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, s. 3, VII bis, t. 3, Paris 1965, nn. 3030, 3488; M. Villani, Cronica, a cura di G. Porta, II, Parma 1996, pp. 598, 601, 622, 626 s., 630 s.; P. Tronci, Memorie storiche della città di Pisa, Pisa 1682, pp. 393-396; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, II, Genova 1826, Famiglia Grimaldi, pp. 4 s.; P. Gioffredo, Storia delle Alpi Marittime, in Monumenta historiae patriae, Scriptores, II, Augustae Taurinorum 1839, coll. 840, 854, 961 s.; Ch. de la Roncière, Histoire de la Marine française, I, Paris 1909, p. 480; G. Petti Balbi, Simon Boccanegra e la Genova del '300, Genova 1991, p. 336.

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