Persuasione

Universo del Corpo (2000)

Persuasione

Antonio Semerari

Il termine persuasione (dal latino persuadere, "consigliare, convincere") indica l'atto di indurre qualcuno a riconoscere la realtà di un fatto, la fondatezza di un'idea, o a comportarsi in un determinato modo. Malgrado il significato della parola sia intuitivo nell'uso del linguaggio comune, nondimeno il concetto risulta di difficile delimitazione per la psicologia scientifica. Tale difficoltà è dovuta largamente ai diversi interessi e alle differenti prospettive di ricerca delle singole aree della psicologia, per cui esso assume connotazioni molteplici a seconda del contesto problematico entro il quale è inserito.

Il concetto

La psicologia sociale, il cui interesse è volto allo studio degli atteggiamenti, delle condotte individuali e collettive e dell'influenza che su queste esercitano i mezzi di comunicazione di massa, definisce la persuasione come il potere di modificare atteggiamenti o comportamenti attraverso l'informazione (Cacioppo-Berntson-Petty 1997). Questa definizione, dunque, considera come persuasione qualunque modificazione ottenuta mediante la comunicazione, indipendentemente dalle intenzioni del comunicante e dalla coscienza dell'avvenuto cambiamento. L'approccio psicosociale, inoltre, include nella definizione la modificazione conseguita sia tramite influenze indirette, come l'attrazione esercitata nella pubblicità dagli elementi estetici del messaggio, sia tramite la forza argomentativa della comunicazione. La prima viene considerata la via periferica della persuasione, la seconda ne costituirebbe la via centrale. La psicologia clinica, invece, ha ereditato dalla psicologia dinamica il problema della distinzione tra persuasione e suggestione. A questo fine L.G. Lundh (1998) ha proposto di definire la prima in modo più ristretto e con caratteristiche opposte alla seconda: per persuasione si intende un processo comunicativo che si avvale di argomentazioni razionali, espresse in forma verbale, attraverso il quale risulta chiara l'intenzione persuasiva del comunicante. La suggestione, invece, sarebbe un processo comunicativo non basato su argomentazioni razionali ed esplicite e tendente a occultare l'intenzione del comunicante di modificare l'atteggiamento mentale altrui.

Persuasione e suggestione, entrambi processi comunicativi volti a cambiare alcuni atteggiamenti mediante una modificazione del sistema di valori e credenze della persona, utilizzerebbero tuttavia procedure diverse: di tipo cognitivo-esplicito la prima, e di tipo emotivo-tacito la seconda. Per quanto i due aspetti possano essere concettualmente distinti, una comunicazione che modifichi gli atteggiamenti contiene sempre componenti sia persuasive sia suggestive. Si può parlare perciò di comunicazioni prevalentemente persuasive e di comunicazioni prevalentemente suggestive. Per es., un medico che spieghi chiaramente a un paziente i motivi della diagnosi, il meccanismo patogenetico della malattia e, su questa base, il razionale della terapia, indurrà in quest'ultimo un atteggiamento verso la cura, dipendente in parte dal rigore degli argomenti, in parte da fattori extrargomentativi, quali, per es., l'autorevolezza del medico stesso, il suo prestigio sociale ecc.

Persuasione e psicologia del senso comune

Come qualunque tipo di comunicazione tra esseri umani, la persuasione presuppone una conoscenza ipotetica e inferenziale dello stato mentale dell'altro. Questo tipo di inferenze sono fondate su quella che viene definita la 'psicologia del senso comune', intendendo con tale espressione l'insieme di conoscenze, esplicite o implicite, che gli esseri umani possiedono sul funzionamento mentale proprio e altrui e con cui regolano le interazioni della vita quotidiana. Come ha notato J.A. Fodor (1987), la psicologia del senso comune incarna una teoria dotata di grande potere predittivo, senza la quale non potremmo pianificare e coordinare i nostri comportamenti.

Buona parte dell'attuale psicologia cognitiva costituisce un tentativo di formalizzare scientificamente gli assunti di base della psicologia del senso comune. Questi assunti possono essere così sintetizzati: 1) il comportamento è regolato da un sistema cognitivo costituito da scopi e credenze; 2) in base alle credenze si formulano piani in vista del conseguimento degli scopi (Miller-Galanter-Pribram 1962); 3) esiste una gerarchia tra gli scopi tale da ridurre, attraverso un bilancio fra di loro, incompatibilità e conflitti (Che figura! 1988); 4) la valutazione dell'andamento dei piani in corso è connessa con le esperienze emotive (Oatley-Johnson-Laird 1987). Se concepiamo il sistema cognitivo come composto di scopi, piani e credenze, allora la persuasione può essere definita come un processo comunicativo in cui è chiara l'intenzione da parte del persuasore di produrre, mediante l'uso di argomenti razionali, un cambiamento negli scopi, nei piani e nelle credenze dell'altro. Il cambiamento può riguardare pertanto gli scopi e le loro relazioni gerarchiche, la valutazione mezzi/fini con la conseguente modificazione dei piani, le specifiche credenze, o può coinvolgere l'insieme degli elementi considerati. Modificare uno scopo significa essenzialmente modificare il valore che la persona gli attribuisce. Dato che questo valore dipende dalla collocazione gerarchica da esso assunta all'interno del sistema cognitivo, un cambiamento in questo senso comporta una valutazione della compatibilità tra scopi diversi. Per es., un medico che voglia convincere un paziente a seguire un certo regime alimentare tenterà di persuaderlo che il perseguimento di alcuni scopi edonistici legati al cibo è incompatibile con quello di altri scopi relativi al mantenimento della salute. L'argomento, in questo caso, punta a diminuire il valore soggettivo di uno scopo A (il trarre piacere dal cibo), rendendo il paziente consapevole che esso diminuisce le probabilità di raggiungere lo scopo B (il mantenimento della salute), dotato di maggior valore soggettivo rispetto ad A. L'efficacia di questi argomenti dipende quindi dal grado di incompatibilità percepita tra A e B e da quanto il valore di B risulti, per il soggetto, maggiore rispetto a quello di A.

Un secondo possibile cambiamento del sistema cognitivo riguarda la modificazione dei piani volti al raggiungimento di uno scopo. La persuasione agisce allora sulla valutazione che il soggetto fa del rapporto mezzi/fini. In questo caso, chi utilizza la persuasione condivide con il soggetto la valutazione positiva di un determinato scopo, ma cerca di dimostrare che i mezzi adottati sono inadeguati o, più spesso, controproducenti. Per es., nel trattamento dell'agorafobia sia il medico sia il paziente condividono lo scopo di ridurre l'ansia, ma laddove il paziente ritiene che il mezzo più adeguato a tale fine sia l'evitamento delle situazioni ansiogene, il medico tenderà a mostrargli come proprio questa soluzione mantiene e aggrava le condizioni di insorgenza dell'ansia. Anche la modificazione di specifiche credenze deve tener conto dell'organizzazione gerarchica del sistema cognitivo. Le credenze che hanno il maggior numero di implicazioni e il maggior potere predittivo risultano più stabili e resistenti al cambiamento. Tecniche persuasive volte a ridurre la pervasività di credenze patogene sono state messe a punto in particolare dalla psicoterapia cognitiva (v. cognizione).

La capacità di essere persuasi

Il processo di persuasione viene, spesso, erroneamente percepito come una relazione tra un soggetto attivo (il persuasore) e un soggetto passivo (colui che viene persuaso). Al contrario, possiamo ritenere che persuadersi di qualcosa rappresenti un processo attivo, altamente complesso e che richieda l'uso di funzioni mentali profondamente adattative. Un'idea di quanto sia importante la facoltà di essere persuasi ci è offerta dalla psicopatologia nei casi in cui, come nei deliri, tale facoltà viene drammaticamente a mancare. In generale, la possibilità di essere persuasi richiede la capacità di rappresentarsi lo stato mentale dell'altro, di porvi fiducia e di utilizzare tale rappresentazione per modificare il proprio. Per comprendere ciò consideriamo un esempio di vita quotidiana: un aereo incontra dei vuoti d'aria; i passeggeri, preoccupati, guardano l'espressione degli assistenti di volo e, notando che sono tranquilli, si tranquillizzano a loro volta. Per compiere questa semplice operazione i soggetti hanno dovuto farsi un'idea dello stato mentale degli assistenti di volo, attribuire la loro tranquillità alla convinzione che non vi sia pericolo, dare fiducia a tale convinzione, farla propria e utilizzarla per regolare il proprio stato emotivo. Ciascuno di noi compie quotidianamente, di continuo questo tipo di operazioni. Dato che ognuno possiede un'informazione diretta e completa solo su una parte molto ristretta di questioni, questo scambio cognitivo, basato sulla fiducia, è assolutamente fondamentale per l'adattamento. In questo senso la persuasione può essere considerata come una sottoclasse di questi processi nei quali poniamo fiducia nell'altro, caratterizzata dalla prevalenza di argomenti e di valutazioni razionali, esplicite e coscienti. La capacità di essere persuasi, lungi dal costituire un indice di passività di un sistema cognitivo, rappresenta la prova del suo carattere vitale e dinamico, che ci consente di trascendere la nostra esperienza diretta delle cose e di utilizzare quella degli altri per accrescere la nostra conoscenza.

Bibliografia

J.T Cacioppo, G.G. Berntson, R.E. Petty, Persuasion, in Encyclopedia of human biology, 6° vol., London-New York, Academic Press, 1997, pp. 679-90.

Che figura! Emozioni e immagine sociale, a cura di C. Castelfranchi, Bologna, Il Mulino, 1988.

J.A. Fodor, Psychosemantics. The problem of meaning in the philosophy of mind, Cambridge (MA), MIT Press, 1987 (trad. it. Bologna, Il Mulino, 1990).

L.G. Lundh, Normal suggestion. An analysis of the phenomenon and its role in psychotherapy, "Clinical Psychology and Psychotherapy", 1998, 5, 1, pp. 24-38.

A. Miller, E. Galanter, R.H. Pribram, Plans and structure of behavior, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1962 (trad. it. Milano, Angeli, 1973).

K. Oatley, P.N. Johnson-Laird, Towards a cognitive theory of emotions, "Cognition and Emotion", 1987, 1,1, pp. 29-50.

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