Pesca
La pesca consiste nella cattura o nella raccolta di organismi che popolano gli ecosistemi acquatici, dagli oceani ai piccoli corsi d'acqua. Viene praticata dall'uomo sin dalle sue origini e da sempre riveste un'importante funzione economica che ancora oggi mantiene, anche se le attività di acquicoltura, cioè di allevamento di organismi acquatici, stanno contribuendo in
sommario: 1. L'attività economica. 2. Le tecniche. 3. Propiziazione della pesca. 4. Mangiare o vendere. □ Bibliografia.
1. L'attività economica
La pesca non è mai stata oggetto di studi approfonditi da parte degli antropologi, sebbene abbia costituito una risorsa fondamentale per il sostentamento di molte popolazioni fin dal Paleolitico e si sia sviluppata parallelamente all'agricoltura e all'allevamento. In vaste regioni dell'America Settentrionale, peraltro, l'agricoltura non penetrò mai: i popoli insediati nella costa del Pacifico, dalla California all'Alaska, per es., non abbandonarono in alcun momento la loro dipendenza da una forma di attività di caccia-raccolta ad ampio spettro e dalla pesca; infatti, in queste aree l'agricoltura intensiva non offriva vantaggi rilevanti per la sussistenza, mentre, come nel caso della costa del Pacifico nordoccidentale, sfruttando le migrazioni annuali dei pesci che seguono le correnti, era possibile ottenere risorse sufficienti tutto l'anno e così dare vita a villaggi permanenti formati da grandi palafitte.
Una caratteristica specifica della pesca è relativa al tipo di risorsa a cui attinge. Gli animali acquatici, siano essi fluviali, lacustri o marini, sono estremamente mobili, ed è pertanto difficile 'legarli' a un territorio determinato. Il patrimonio ittico costituisce quindi una risorsa comune, sulla quale nessuno può reclamare diritti di proprietà. Mentre i terreni di caccia e di raccolta sono perlopiù definiti da confini etnici, tribali o di gruppo, le regioni acquatiche non si possono facilmente delimitare e, inoltre, la mobilità degli animali marini è assai maggiore di quella degli animali terrestri. Per questo motivo soprattutto oggi che le nuove tecnologie consentono di praticare una pesca intensiva, si può verificare quella che viene definita la 'tragedia delle risorse comuni'. I pescatori tendono a espandere le loro aree di azione e a catturare quanto più pesce possibile: migliorando la tecnica e l'organizzazione si è arrivati al punto che il pesce viene catturato molto più rapidamente di quanto non riesca a riprodursi, con il conseguente annientamento di numerose specie. Numerosi sono stati i dibattiti riguardo al fatto se la pesca debba essere classificata come un sottotipo della caccia-raccolta oppure come un'attività del tutto differenziata. In ogni caso si riscontrano pochissimi esempi di gruppi umani che dipendono esclusivamente dalla pesca, in quanto frequentemente a essa sono associati sistemi di caccia. Sotto il profilo ergologico, le attività connesse con la cattura di animali acquatici si presentano con caratteristiche diverse, alcune delle quali possono rendere la pesca simile a un'attività di caccia-raccolta, mentre in altri casi presentano elementi di natura specifica.
2. Le tecniche
a) Pesca con le mani. Le mani sono il mezzo più rudimentale per catturare animali acquatici. In genere, questo tipo di pesca viene adottato per prede dalla mobilità scarsa o nulla, come Molluschi, Crostacei oppure Spugne, conchiglie e ostriche. In questo caso si tratta di una pesca-raccolta, ma vi sono anche esempi di pesca con le mani applicata a prede veloci. In
b) Pesca con le armi. Il semplice utilizzo delle mani per catturare pesci e altri animali acquatici è possibile in situazioni di relativa abbondanza di prede e in spazi più o meno circoscritti, dove la mobilità degli animali è ridotta. Generalmente è invece necessario l'impiego di vere e proprie armi. In questo caso la pesca assume connotazioni assai simili a quelle della caccia: vengono infatti utilizzati strumenti come la clava per stordire i pesci affioranti in superficie, oppure l'arco per scagliare frecce contro pesci di grosse dimensioni, per es. gli squali, secondo una pratica adottata dagli
L'arma più diffusa nell'esercizio della pesca, seppure nelle sue molteplici forme e dimensioni, è però l'arpione. Già nell'antica iconografia greca e romana Poseidone-Nettuno, la divinità del mare, era rappresentato con un tridente in mano, simbolo del suo potere sulle creature marine. Il tridente contiene in sé le due caratteristiche principali comuni a tutte le armi da pesca utilizzate dalle varie culture del pianeta: la possibilità di colpire una preda a distanza e la presenza di uncini per trattenerla una volta colpita, entrambi elementi indispensabili nella lotta contro gli sguscianti animali acquatici. Un altro aspetto di fondamentale importanza è la possibilità di trattenere l'arma una volta infilzata la preda e impedire che questa possa andare a morire sul fondo. A tale scopo si impiegano corde e sagole che vincolano l'arma al cacciatore. I malayali, una popolazione dravidica dell'India meridionale costiera, utilizzano per la loro pesca arco e frecce legati tra di loro tramite una cordicella. I pescatori delle isole Andamane assicurano invece i loro dardi a vesciche di pelle gonfie d'aria: queste boe artigianali, oltre a non consentire l'affondamento della preda, ne segnalano la posizione quando questa fugge dopo essere stata colpita. I mura dell'alto
Nell'Oceano Pacifico gli squali vengono catturati con il caratteristico sistema del laccio. I pescatori escono in mare sulle loro piroghe e tentano di attirare la preda con un'esca di carne posta a pelo dell'acqua, che, una volta avvistato lo squalo, viene manovrata in modo da fare avvicinare il pesce al fianco dell'imbarcazione; quando lo squalo alza la testa per afferrare l'esca, un pescatore gli infila rapidamente un laccio con un nodo scorsoio attorno al collo, immobilizzandolo. A volte le dimensioni delle prede rendono problematico il carico sulla piroga. I melanesiani dell'arcipelago di
Ancora più originale è il sistema in uso presso molti gruppi dell'Australia e della
c) Pesca con le insidie. L'impiego di strumenti quali esche, reti, trappole e veleni, introduce al settore della pesca con insidie. In questo caso non sono più la forza e la rapidità dell'uomo a determinare il successo sul pesce: le armi principali diventano l'astuzia e la frode. Non si ha più un confronto fisico e diretto tra l'animale e il pescatore, ma quest'ultimo, poiché la cattura può anche avvenire in sua assenza, deve in qualche modo prevedere il comportamento della preda e approntare di conseguenza meccanismi per ucciderla o per intrappolarla. Una delle insidie più comuni e diffuse è rappresentata dall'amo, reso non o poco visibile da un'esca, talvolta reale (quindi commestibile), talvolta fittizia, che attira i pesci per il suo colore o per la lucentezza. L'amo può essere fissato a una lenza, a una canna o a galleggianti oppure a un aquilone, come accade in
L'altro tipo di insidia diffuso in tutto
Un altro tipo di insidie, che sostituiscono con manufatti artigianali l'opera delle mani nella cattura dei pesci, è costituito dalle trappole. In alcuni casi si tratta di cesti con un meccanismo di chiusura automatica che imprigiona la preda all'interno; le nasse invece sono delle semitrappole in quanto non utilizzano meccanismi a sorpresa, ma solo particolari caratteristiche delle loro aperture; infine ci sono gli sbarramenti, fissi o mobili, costruiti in punti strategici di fiumi o torrenti, per fermare il passaggio dei pesci e catturarli agevolmente con le mani o con arpioni. Quest'ultimo tipo di pesca, diffuso in molte regioni fluviali del mondo, dà origine ad azioni collettive condotte da gruppi di abitanti di uno stesso villaggio.
A metà tra l'arma e l'insidia, il veleno rappresenta un altro espediente adottato soprattutto dalle popolazioni amazzoniche, per es. fra i jivaros che utilizzano sostanze velenose per stordire i pesci: gli uomini di un villaggio costruiscono uno sbarramento di canne lungo un corso d'acqua, spargendo a monte della diga un succo velenoso ricavato da un cespuglio; appena il succo penetra nell'acqua, i pesci salgono a galla in uno stato di stordimento e gli abitanti del villaggio possono catturarli facilmente.
3. Propiziazione della pesca
Come tutte le attività economiche dalle quali dipende la sussistenza di un popolo, anche la pesca intrattiene un legame stretto con il mondo sacro, che ne esalta l'importanza. Per questo motivo, presso i popoli pescatori si praticano spesso cerimonie propiziatorie affinché la pesca sia fruttuosa. Gli eschimesi dello Stretto di Bering credono che l'anima degli animali marini uccisi - balene, foche, trichechi - rimanga attaccata alla vescica. Per questo ogni pescatore conserva le vesciche delle sue prede e le getta nuovamente in mare nel corso di una cerimonia che si tiene annualmente. Tale gesto propiziatorio viene compiuto nella speranza che l'anima contenuta nella vescica, ritornata nel suo ambiente, dia vita a un'altra creatura, contribuendo così a mantenere cospicuo il patrimonio ittico.
Gli indiani
4. Mangiare o vendere
Una delle caratteristiche principali del prodotto ittico è costituita dal deterioramento assai rapido, che esige processi di consumo o di trasformazione molto più veloci rispetto a quelli richiesti dai prodotti agricoli. Nei casi in cui il pescato è destinato a un consumo locale, l'attività di pesca sarà di intensità e volume proporzionali alle capacità di consumo. In alcuni casi, il pesce in sovrappiù è essiccato o affumicato per consentirne una più lunga conservazione, ma non entra mai in un circuito di distribuzione commerciale. In seguito ai processi di modernizzazione e al sempre più frequente inserimento delle comunità di pescatori nei circuiti commerciali, si assiste a una progressiva trasformazione delle modalità produttive legate alla pesca. Con gradi di intensità differente a seconda dei contesti, i pescatori indirizzano sempre di più i loro prodotti verso il mercato piuttosto che verso le proprie tavole. La crescente richiesta porta inevitabilmente a un'intensificazione della pesca con conseguente deterioramento dei fondali. Inoltre si assiste a un vero e proprio rovesciamento dei processi di produzione e di consumo. È il caso dei pescatori
bibliografia
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Ethnologica. L'uomo e la civiltà, a cura di
Those who live from the sea. A study in maritime anthropology, ed. M.E. Smith, St. Paul, West, 1977.