BARBATI, Petronio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)

BARBATI (Barbato), Petronio

Enzo Noè Girardi

Discendente da una nobile famiglia che aveva goduto l'aggregazione al consiglio della città di Foligno fin dall'anno 1211, nacque in questa città verso la fine del secolo XV o al principio del XVI. Laureatosi in diritto civile e canonico, professò l'avvocatura, ma soprattutto si dedicò agli studi letterari e alla poesia. Principe dell'Accademia che verso il 1540 Si radunava in Foligno nel giardino di Federico Flavio, priore di S. Feliciano, vi lesse quattro ragionamenti su altrettante composizioni petrarchesche. Una sua commedia fu recitata nel 1549, come si deduce dal libro delle Riformanze del Comune, "in adventu. Domini Legati" - mentre non è possibile stabilire se fossero sue anche le commedie per la cui recita si deliberarono spese, come risulta dallo stesso libro, nel 1538 e nel 1542. Verso gli ultimi anni, amareggiato da certi fastidiosi intrighi familiari che gli fecero venire in odio la sua città, si trasferì a Roma (1552), ove aveva ottenuto un posto di segretario, senza stipendio, presso il cardinale Nicola Caetani di Sermoneta. Stimato dai duchi di Parma, di Mantova, d'Urbino, e dai cardinali Famese e Pole, intrattenne rapporti letterari ed epistolari con B. Varchi, cui fornì notizie utili per la Storia fiorentina, C. Tolomei, che gli dedicò l'operetta Dei due cominciamenti barbari, P. Amanio, che lo onorò del titolo di "Tibullo volgare", e ancora A. Piccolomini, A. Caro, G. Ruscelli, Laura Terracina, I. Marmitta, e, soprattutti, Bernardo Tasso, di cui fu, in poesia, il primo seguace. Si sa che restò privo d'un occhio, e che morì a Foligno, mentre era segretario del cardinale Caetani, il 22 nov. 1554.

Le poesie del B., disperse in varie raccolte cinque e secentesche, e in maggior numero in quella di L. Dolce, Delle rime scelte da diversi eccellenti autori, Venezia 1564, ove appaiono parte sotto il nome di Bartolomeo Carli Piccolomini, gentiluomo senese, e parte, come rime dello Scacciato Intronato (II, pp. 135-156), furono raccolte e pubblicate nel M2 in Foligno, presso lo stampatore Campitelli, a cura dell'Accademia dei Rinvigoriti, col titolo: Rime di P. B. gentiluomo di Foligno estratte da varie raccolte del sec. XVI e dai suoi manoscritti originali (la licenza del vicario del S. Ufficio è del 17 dic. 1711).

Si tratta di centocinquantasei componimenti (centoventinove sonetti, dodici madrigali, nove canzonì, due selve in sciolti, un poemetto interrotto, un'egloga, un'ottava, una sestina; ma parecchie altre poesie, tra cui elegie, sono ancora inedite nella biblioteca del Seminario folignate), che A. Zeno giudicò pieni "di certo spiritoso e brillante, su lo stile del Petrarca e de' buoni autori" ma non in guisa che il B. "non corra di quando in quando una strada in tutto sua", tenendosi in mezzo "tra il troppo asciutto degli imitatori dello stile antico e il troppo ardito dei seguaci del moderno". Questa fortuna critica del B. nel Settecento si spiega in effetti col carattere già vivacemente prearcadico della maggior parte del suo canzoniere, ove al petrarchismo si fondono o si alternano da un lato motivi e accenti pastorali, e dall'altro forme derivate dai modelli classicheggianti di B. Tasso. A quest'ultima maniera si riportano più particolarmente alcune canzoni a strofe pentastiche o esastiche (es.: abAcC; aBbAcC) non inferiori e a tratti anche superiori, per schiettezza d'accenti, agli stessi modelli tassiani: come la II, "Porgetemi la lira", ove il poeta celebra il proprio compleanno, e la VII, "O di Latona figlia", in cui la nota pagana assume un certo colore romantico nella preghiera alla luna che si nasconda, perché il poeta, che il desiderio rende uguale agli dei, possa godere con la sua donna (forse la perugina Ippolita Baglioni).

Altre poesie del B. sono di carattere religioso, come il sonetto "Signor che per salvar l'uman legnaggio", già attribuito al conterraneo Federico Frezzi, i due son. LXXI e LXXII, in cui consiglia la Chiesa, minacciata dalla Riforma, ad affidare le proprie sorti nelle sicure mani del cardinale Pole ("Drizzati al Polo omai misera barca", "Porgi a costui le chiavi alme e lucenti"), e l'inedito Trattato della diffusione della bontà divina, in capitoli.

Delle quattro lezioni petrarchesche, relative rispettivamente ai nn. 104, 52, 54, 360 del Canzoniere, la seconda e la terza confermano, nella stessa scelta dei componimenti da illustrare, il gusto prearcadico del B., mentre le altre si richiamano esplicitamente alla dottrina del "divino Platone". In tutte il B. espone con minuzioso impegno quanto èrelativo alla metrica, al soggetto, allo stile delle poesie, discutendo anche assennatamente qualche problema d'interpretazione.

Del B. come scrittore di teatro restano una commedia in prosa, l'Ortensio, una tragedia in versi, l'Ippolito, oltre a frammenti di un terzo componimento drammatico in prosa, senza titolo.

La commedia è di tipo plautino-terenziano. L'azione, alquanto macchinosa, si svolge a Pisa, ove lo studente romano Ortensio dei Gracchi e un suo compagno siciliano riescono dopo molte peripezie a sposare le fanciulle che amano. Vero protagonista della commedia è però il lenone Trangugia, orditore di mille cabale e intrighi; e tra gli altri personaggi si distingue messer Gianes, un francese che parla un comico linguaggio gallo-itafiano. Qualche lode va data alla commedia - secondo il Messini - per la spigliatezza del dialogo e la toscanità della lingua. Quanto all'Ippolito trattasi di una libera versione in endecasillabi e settenari del testo euripideo; i cori son. tutti di settenari. Il Messini vi trova amplificazioni retoriche e abbellimenti non sempre di buon gusto.

Le raccolte cinque e secentesche contenenti rime dei B. sono elencate nella citata stampa del 1712. Le frequenti divergenze tra le stampe consigliano il ricorso ai mss. conservati nella Biblioteca comunale di Foligno con tutte le altre citate opere e con le lettere edite e inedite, del B. e al B.; ma rime e lettere inedite sono anche, come s'è detto, nella Biblioteca di quel Seminario vescovile.

Bibl.: L. lacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 228; A. Zeno, Giornale de' letterati d'Italia, XI, Venezia 1712, p. 154 ss.; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, IV, 2, Venezia 1730, p. 83; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, Il, 1, Brescia 1758, p. 276; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, p. ?40; G. Carducci, Dello svolgimento dell'ode in Italia, in Opere, XV, Bologna 1903, p. 22; I. Sanesi, Per la storia dell'ode, in Miscellanea di studi critici in onore di A. Graf, Bergamo 1903, pp. 603 ss.; E. Fiiiipjpini, Da un Poeta folignate ad un altro, Foligno 1907 (derivato dal suo studio Per la storia d'un sonetto già attribuito a Federico Frezzi,, in Giorn. stor. d. letter. ital., XLVII [1906], pp. 266-272; cfr. inoltre la recensione al vol. Da un poeta..., in Rass. critica d. letter. ital., XII[19071, p. 285, e la segnalazione allo stesso in Bollett. d. Deputaz. umbra di storia Patria, XIII[19071, pp. 643 S.); F. Flamini, Il Cinquecento, Milano s. d., p. 549; Foligno, Bibl. Comunale, A. Alimenti, P. B., poeta lirico del''500, tesi di laurea, ms. F. M; A. Messini, Teatro folignate cinquecentesco: una commedia e una tragedia inedite di P. B., Foligno 1938; L. Baldacci, Lirici del Cínquecento, Firenze 1957, pp. 559 ss.

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