PHINTIAS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

PHINTIAS (Φιντίας)

E. Paribeni

Ceramografo attico, attivo entro gli ultimi due decenni del VI sec. a. C. Viene di consueto incluso nel gruppo più glorioso dei pittori "primitivi" a figure rosse insieme con Euphronios ed Euthymides: d'altra parte vicino all'importanza e alla novità del mondo formale rivelato da questi due, la produzione di Ph. appare in gran parte almeno come una sorta di luce riflessa. In possesso di una tecnica raffinatissima, i suoi prodotti si rivelano tutti opere di grande impegno e di indiscutibile importanza. Non si tratta che di una dozzina di vasi, per lo più di grandi proporzioni e a figurazioni di notevole sviluppo. I limiti del pittore possono immediatamente vedersi in un suo costante oscillare tra l'influenza predominante di Euphronios e quella di Euthymides, senza raggiungere una vera individualità sua propria.

L'opera più antica di Ph. è considerata la coppa di Monaco 2590 con il ratto del tripode e l'uccisione di Alcioneo. Si tratta di un'opera firmata, anteriore a quanto conosciamo di Euphronios e di Euthymides, e il linguaggio figurativo impiegato corrisponde entro certi limiti a quello del contemporaneo Psiax. La coppa di Monaco è indubbiamente un'opera notevole, ma incerta, come se il pittore non avesse ancora trovato se stesso. D'altra parte tutte le altre sue opere appaiono senza relazione con questo primo lavoro: il Ph. primitivo è scomparso e quello che subentra e che conosciamo più compiutamente è il compagno di Euphronios e di Euthymides. L'unica traccia di continuità che riscontriamo con la maniera più antica, è appunto in questa mancanza di personalità propria e nella facilità di assumere con una certa felicità la maniera di altri. Il suo repertorio comprende scene mitologiche, episodî di kòmos e di ginnasio. Nei grandi vasi dipinge nello stile monumentale caratteristico del suo gruppo: ampie figure che risultano come ingigantite per effetto dell'impegno e dell'autorità formale che il pittore fa loro assumere. Nessuna del resto delle immagini di Ph. partecipa del vigore formale e delle infinite, mutevoli possibilità creative di un grande maestro come Euphronios. La grande anfora di Tarquinia affascina per le superbe qualità tecniche, la sontuosità e la varietà di aspetti della vernice che a tratti si condensa in nodi a rilievo, in parte si distempera in filamenti leggeri e impeccabilmente sicuri. D'altra parte i due gruppi di satiro e menade allacciati che fiancheggiano, affrontati in corrispondenza così precisa, la figura immobile di Dioniso, risultano come mal bilanciati, sospesi in un rattenuto impulso di danza. Nella sua essenzialità assai più efficace appare il lato secondario con il ratto del tripode, e ancora una volta ci si domanda quale rapporto possa esistere tra il faticoso contrapporsi dei due avversarî nella coppa di Monaco e la superba impostazione obliqua delle due grandi figure nell'anfora di Tarquinia. In quest'ultima Apollo ed Eracle avanzano di fianco in lunghe falcate scorrevoli, come emergendo dal fondo e condotti con folgorante decisione ad un incontro che sembra realizzarsi al di fuori del quadro come al vertice di una cuspide. Una seconda grande figurazione mitologica incontriamo nella anfora Beugnot del Louvre (n. G 42). In essa il ratto di Letò per opera di Tityos corrisponde idealmente al ratto di Koronis di Euthymides: e anche questa volta riesce difficile opporsi alle critiche che sono state sovente avanzate a Ph. per quanto riguarda povertà di concezione, mancanza di senso drammatico e di gusto per la composizione.

Il nome di Ph. appare come vasaio su tre vasi, due di essi degli aröballoi senza figurazione, il terzo una ben nota coppa di Atene (1628) decorata unicamente da una figura incurvata di giovane guerriero che si arma. In quest'ultima il diseguo è eccezionalmente fluido e musicale seppure senza caratteristiche precise. J. D. Beazley ritiene improbabile che tale opera si debba a Ph. pittore.

Bibl.: H. S. Jones, in Journ. Hell. Stud., XII, 1892, p. 366; P. Hartwig, Meisterschalen, Stoccarda-Berlino 1893, p. 167 ss.; A. Furtwängler, in Furtwängler-Reichhold, 65; P. Hauser, ibid., II, 273; id., Vasenmal. rot-fig., p. 57; J. C. Hoppin, Euthymides and his Fellows, Cambridge 1917, p. 93 ss.; E. Langlotz, Zeitbestimmung, Lipsia 1920, p. 63; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 441; J. D. Beazley, Red-fig., p. 21.