Piceno

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(lat. Picenum) Antico nome della regione dell’Italia centrale delimitata dall’Appennino, dall’Adriatico, dalla foce del Foglia e da quella del Saline, abitata dai Picenti e dai Pretuzi. Ager Picenus fu detta la parte settentrionale del territorio a nord del fiume Tronto, ager Praetuttianus la parte meridionale. Il P., che nella divisione augustea dell’Italia formò la V regione, nel 929 d.C. fu unito all’Umbria nord-orientale per formare la provincia Aemilia et Picenum; più tardi l’antico P. fu posto sotto il vicario d’Italia (Picenum suburbicarium), mentre l’Umbria nord-orientale (Picenum annonarium) fu unita alla Flaminia. Alla costituzione dell’esarcato di Ravenna, la parte costiera del P. annonario costituì la pentapoli marittima. I centri principali della regione, attraversata dalla Via Salaria, erano, oltre ad Ancona e Ascoli, Auxinum (od. Osimo), Interamna Praetuttiorum (od. Teramo), Castrum Novum (presso l’od. Giulianova), Truentum (presso la foce del Tronto) e, all’estremità della Via Salaria, Firmum Picenum (od. Fermo), Potentia (od. Potenza Picena), Numana.

I Picenti (lat. Picentes), popolo italico del gruppo osco-umbro, abitarono il P. settentrionale. Secondo la tradizione antica erano di origine sabina; il loro nome veniva fatto derivare da picus «picchio», l’uccello sacro a Marte che avrebbe guidato la loro migrazione (ver sacrum) al Piceno. Già alleati dei Romani dal 3° sec. a.C., furono poi sottomessi nel 268 a.C. Una parte della popolazione (chiamata, in Livio e altre fonti, Picentini) fu deportata in Campania, dove fu fondata la colonia romana di Picentia. La regione del P., molto fertile, fu assegnata a coloni romani in base alla legge Flaminia de agro Piceno et Gallico dividundo nel 232 a.C., eccettuati i territori delle città alleate di Ancona e di Ascoli e delle colonie di Sena (Senigallia), Fermo, Adria e Castrum Novum. Nel 91 a.C. scoppiò ad Ascoli la guerra sociale: la città fu presa da Pompeo Strabone nell’89 a.C. A Cupra Maritima i Picenti avevano un santuario dedicato alla dea madre Cupra, etimologicamente corrispondente alla latina Bona Dea.

La cultura picena, fiorita tra gli inizi dell’età del Ferro e la conquista romana, è nota dagli scavi delle necropoli. Sin dalle fasi più antiche (Piceno I e II: 9°-8° sec. a.C.) il rito funerario predominante è quello dell’inumazione; fa eccezione la necropoli di Fermo, con sepolture a incinerazione e materiali tipici della cultura villanoviana. Nel periodo orientalizzante (Piceno III: 700-580 a.C. ca.) i ricchi corredi delle sepolture principesche (a Fabriano, Pitino di San Severino Marche, Tolentino) rivelano rapporti con il mondo etrusco e transadriatico (bronzi, ceramiche). Questa fase di prosperità continua, con un maggiore livellamento nella distribuzione della ricchezza, nel Piceno IV a (580-525 a.C.): tra i materiali, armi, ornamenti personali, vasellame metallico; tipica la scultura in pietra di grandi dimensioni. A partire dal Piceno IV b (525-475 a.C.) hanno avvio, sulla scia dei traffici instaurati dai Greci con gli empori dell’Alto Adriatico (Adria, Spina), le importazioni di ceramica attica, che perdurano nel Piceno V (475-400 a. C.), epoca in cui si colgono i primi segni di recessione. L’invasione dei Galli Senoni e poi la conquista romana determinano l’esaurirsi della cultura (Piceno VI).

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