PIENZA

Enciclopedia Italiana (1935)

PIENZA (A. T., 24-25-26 bis)

Renato PIATTOLI
Anna Maria CIARANFI

Piccola città della Toscana nella provincia di Siena, dalla quale città dista 50 km. verso sud-est adagiata sul ripiano di un'altura che sovrasta a 2 km. la riva destra del torrente Tresa affluente dell'Orcia (Ombrone), 14 km. a ovest di Montepulciano e a 491 m. s. m. La cittadina sorge sul luogo dell'antico castello di Corsignano sviluppatosi a sua volta intorno alla pieve di S. Vito, e che aveva soltanto il nome d'origine romana. La badia del Monte Amiata agli albori del sec. IX vi possedeva una piccola corte confermatale poi da diplomi di Corrado II. Nel sec. XIII dipendeva dal comune di Siena, e in Siena abitavano i Piccolomini, che godevano numerosi possessi nel castello: quivi da questa famiglia nacque nel 1405 Enea Silvio, poi papa Pio II, che lo eresse a città col nome di Pienza, e gli ottenne anche da Siena privilegi politici, promovendo altresì una riforma edilizia (v. sotto) che conferì alla città un carattere inconfondibile. Pienza soffrì assai nelle guerre del sec. XVI, e specialmente durante l'ultima, che portò Siena nel dominio fiorentino. Dalla metà del 1500 alla metà del 1700 la sua popolazione decrebbe continuamente, riducendosi nel 1745 a 693 ab.; poi aumentò e ai primi del sec. XIX salì a 1200 abitanti, mantenendosi poi sempre intorno a questa cifra.

La cittadina, modesto centro agricolo, è sede vescovile dal 1462 e conta un seminario e un R. Conservatorio femminile con annesso Istituto Magistrale. Il territorio del suo comune, vasto 121,28 kmq., che dà vini e olî reputati, annovera 4220 abitanti. Dista 14 km. dalla stazione ferroviaria di Torrenieri-Montalcino.

Monumenti. - Il più antico monumento è la Pieve romanica del vecchio Corsignano, un po' fuori dell'attuale Pienza. È una costru-. zione a tre navate, con cripta, tetto a doppio spiovente, facciata a capanna con due interessanti portali, una finestra e archetti pensili. Al suo fianco, particolare notevole, è una torre campanaria rotonda, con lesene e finestrette. La chiesa anteriore alla attuale, di cui sarebbero avanzi il campanile e la cripta, era un po' diversa: e non le appartenevano certo i pilastri che adesso si vedono. All'epoca del rifacimento (sec. XII) in cui forme romaniche lombarde improntarono lo stile dei costruttori, qualche rozzo lapicida ornò con varie sculture la finestra frontale e i portali della facciata e del fianco. Anche un'altra chiesa, Santa Maria, di cui sono state trovate recentemente interessanti vestigia e che era al posto dell'attuale duomo, aveva sculture coeve e simili a quelle citate. Alcuni resti di essa, dopo che fu distrutta, vennero sottoposti alla vetustissima pila per l'acqua lustrale, in cui è memoria fosse battezzato il grande autore di Pienza, papa Pio II.

A Pienza il gotico ha lasciato la sua impronta più interessante nella chiesa di S. Francesco (fine del sec. XIII) con la tipica struttura a una sola navata coperta a cavalletti; e con le pareti tutte decorate di affreschi (sec. XIV), oggi solo parzialmente visibili. Le storie di S. Francesco, nel coro, dipendono in gran parte dall'iconografia giottesca: e un certo fiorentinismo nel senso plastico e nel contrasto più violento dei colori le ha fatte attribuire per lo più alla scuola di Taddeo Gaddi; mentre altri pensano piuttosto al senese Cristofano di Bindoccio. Un bel crocifisso ligneo nella Pieve (sec. XIII, fine) e uno della maniera di Segna in S. Francesco e una tavola La Madonna della misericordia, di Bartolo di Fredi nel Museo della Cattedrale, sono fra le cose più notevoli del periodo anteriore alla riforma edilizia di Pio II.

Enea Silvio Piccolomini appena salito alla dignità papale ebbe il pensiero ardito di trasformare la modesta borgata di Corsignano in una piccola città. Dal 1459 al 1462, l'attuale Pienza fu ideata, cominciata a costruire, innalzata come oggi la vediamo. In essa Pio II cercò di mettere in pratica anche quei precetti di urbanistica ideale che nel suo secolo erano stati più volte discussi e codificati. Dato il buon esempio egli stesso con l'erezione del duomo, del palazzo della propria famiglia, di quello dei priori e dei canonici, il papa costrinse in tutti i modi i cardinali Ammannati, Gonzaga, Borgia, J. Jouffroy, vescovo di Arras, e varî privati a fabbricare anch'essi abitazioni sontuose, intonate allo stile degli edifici da lui voluti. Bernardo Fiorentino o maestro Bernardo, ricordato nei documenti e ormai universalmente identificato con Bernardo Rossellino, compì la maggior parte degli edifici in questione, cercando di applicare rapidamente ciò che aveva appreso studiando le costruzioni classiche, quelle gotiche l'Alberti, e altri architetti a lui coevi. Ne è risultata una piccola e incantevole città quattrocentesca, solitaria in cima a una collina. Né l'impressione d'insieme che se ne riceve viene turbata dalle debolezze stilistiche e dagli errori costruttivi del principale edificatore.

In realtà, a cominciare dalla cattedrale, tutto risentì della fretta del papa e degli architetti. Il duomo è un compromesso tra forme classiche e albertiane nella facciata, forme gotiche e del Rinascimento nell'interno, con abside a raggiera e tre navate di uguale elevazione sostenute da pilastri tetrastili altissimi. Pio II stesso (lo dice nei suoi Commentarii) lo volle di questa struttura inconsueta suggeritagli da un tempio veduto in Austria. Per dargli lunghezza maggiore rispetto all'antica pieve e lasciare sviluppo sufficiente alla piazza, il duomo fu costruito sull'orlo d'uno scoscendimento, e mal basato su terreno arenario e argilloso poco solido, corso da vene sotterranee d'acqua; errore fin dall'antico rimproverato all'architetto. Lesioni sempre più gravi della parte absidale, abbassatasi e strapiombante sul pendio, hanno imposto così da secoli lavori giganteschi di puntellamento e di smaltimento delle acque; lavori che, finiti ora, pare debbano salvare il tipico edificio quattrocentesco, oggi restituito, anche nell'interno, all'antico splendore.

Mentre, distrutta l'antica chiesa di S. Maria, si lavorava al duomo, sorgeva lì vicino il palazzo Piccolomini, ripetizione di quello Rucellai, di Leon Battista Alberti, a Firenze; edificio che se del modello non ha la raffinatezza e le miracolose proporzioni, è però uno dei più belli del Rinascimento, così nella facciata come nel vaghissimo e triplice ordine di logge sul giardino, verso l'ampia campagna e l'Amiata; come nelle spaziose sale all'interno. Sulla piazza incantevole dove sorgono il duomo e il palazzo Piccolomini, col suo elegante pozzo, venne adattato nel nuovo stile dal cardinale Borgia, poi Alessandro VI, un preesistente palazzo gotico (oggi episcopio); sopra un portico a colonne si alzò il Palazzo dei priori, con bifore di travertino e torre campanaria. e più là il palazzo Ammannati. Così che da ogni parte la piazza apparve omogenea e coerente.

Altri palazzetti e altre case sorsero a Pienza in quegli anni, costruiti nei medesimi materiali e con stile affine a quello del Rossellino. Oltre ai principali, sappiamo che altri dodici edifici si innalzavano contemporaneamente sotto la sorveglianza dell'architetto senese Pietro Paolo del Porrina, ma di questi non rimangono oggi che poche tracce. Né il papa si limitò a far fabbricare soltanto ma si curò anche dell'abbellimento d'ogni particolare, dall'ammattonato della piazza ai graffiti delle facciate (ora quasi tutti perduti), alla decorazione interna della cattedrale. Nel duomo infatti mise il bel coro ligneo; fece scolpire altari; volle dipinte ancone bellissime dai più noti pittori senesi di quel tempo: il Vecchietta (Assunzione), Matteo di Giovanni, Giovanni di Paolo, Sano di Pietro (Madonne e Santi); fece miniare a Sano di Pietro e a Pellegrino di Mariano i grandi corali; regalò oreficerie sontuose per materia e per lavoro (purtroppo in massima parte fuse nel 1798); e fornì ricchi parati. Fra questi doni vanno ricordati il pastorale e le mitre del papa con smalti, argenterie, pianete e piviali; fra cui, rara meraviglia del ricamo, l'antico e grande piviale in opus anglicanum, del sec. XIII, di squisito disegno e colore.

Ma con la morte di Pio II si affievolì e si spense in massima parte la vita artificiale di questa improvvisata città. Pienza ebbe sì, vescovi operosi, pronti a dotarla di opere d'arte; ma sia per la sua posizione, sia per le vicende storiche, sia per l'inaridirsi delle fonti di denaro, non venne fatto molto, rispetto all'inizio glorioso.

Un piccolo ma importante museo della cattedrale, ordinato e diretto dallo storico pientino mons. G. B. Mannucci, raccoglie ora cose assai notevoli, in massima provenienti dal duomo. Tavole di Bartolo di Fredi, del Sassetta, di Matteo di Giovanni, del Vecchietta, di Giovanni di Paolo, in parte già citate; il ricordato piviale del sec. XIII; un magnifico complesso di arazzi, dei quali sono specialmente notevoli tre, fiamminghi del sec. XV, che ricordano per disegno e colore il Memling o il Van der Weyden; molte pianete, stoloni, piviali, paliotti; miniature; e antiche pergamene di valore storico. Annessa al museo una pregevole raccolta d'oggetti di scavo etrusco-romani, donata nel 1925 dalla famiglia Landi-Newton.

Nei dintorni, interessantissimo il castello di Spedaletto (sec. XV), e l'ex-monastero di S. Anna in Camprena, con affreschi del Sodoma. Anche Monticchiello, altra frazione del comune, ha la sua importanza storica e artistica per gli affreschi dei secoli XIV e XV, recentemente rimessi in luce, e per una tavola a tempera di Ambrogio Lorenzetti.

V. tavv. XLV e XLVI.

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