Decèmbrio, Pier Candido

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Umanista e uomo politico (Pavia 1399 - Milano 1477); figlio di Uberto. Fu della segreteria viscontea dal 1419 al 1447, poi (1449-50) di quella della Repubblica Ambrosiana; magister brevium a Roma dal 1450 al 1456; segretario degli Aragonesi a Napoli, fino al 1459; dal 1466 al 1474 ospite di Borso e poi di Ercole d'Este a Ferrara. Abile nella sua attività curiale, operoso in quella umanistica. Tradusse dal greco e dal latino (si cimentò anche, come il padre, nella versione latina della Repubblica di Platone, che condusse a termine nel 1439 e dedicò al duca Humphrey di Gloucester); scrisse in latino varî opuscoli e le biografie di Francesco Sforza e Filippo Maria Visconti, particolarmente interessante questa seconda per l'eleganza dello stile e il taglio della narrazione, sul modello di Svetonio. Ma importante è soprattutto il suo Epistolario, con le lettere dei corrispondenti, fonte preziosa per la storia politica e letteraria del tempo. Sostenne vivaci polemiche con il Filelfo, con Guarino e col Panormita (di cui criticò aspramente l'Hermaphroditus).

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