BORGHESE, Pier Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BORGHESE, Pier Maria

Gaspare De Caro

Nacque a Siena, nel 1599 o nel 1600, da Curzio, legista, e da Silvia Saraceni.

Secondo il Luttazi il B. sarebbe nato in altra famiglia senese, quella dei Bargagli, imparentata con i Borghese, e quest'ultimo cognome sarebbe stato attribuito al B. soltanto dopo la sua elevazione al cardinalato, non per adozione, ma per una mera consuetudine curiale, con la quale si ricordava la protezione accordata al B. dal cardinale Scipione Borghese Caffarelli. In realtà non si ha alcuna conferma di questa versione e non è possibile stabilire su quali fondamenti nascesse quello che fu quasi sicuramente un equivoco del Luttazi.

Pronipote di papa Paolo V, il B. ebbe scarse occasioni di godere della munificenza dell'augusto congiunto, sia a causa della sua giovane età, sia, soprattutto, perché papa Borghese si dimostrò sempre assai riservato nei riguardi dei suoi parenti del ramo senese, esaurendo le sue pur accentuate pratiche nepotistiche nella protezione dei familiari del ramo romano. Lo storico senese contemporaneo Ugurgieri Azzolini ricorda come l'unico beneficio che il B. stesso ottenne da Paolo V fu una modesta pensione di 300 scudi sulle rendite dell'arcivescovato di Siena, per la quale il B. dovette ottemperare alla condizione di vestire l'abito di cavaliere dell'Ordine di S. Stefano.

Alla morte di Paolo V, nel gennaio del 1621, il B. si recò a Roma insieme con il padre, per partecipare ai solenni funerali del pontefice, accolto con grande calore dai rappresentanti della famiglia Borghese, il principe di Sulmona Marco Antonio e l'influentissimo cardinale Scipione Borghese Caffarelli, il quale soprattutto si mostrò disposto a provvedere all'avvenire del giovane congiunto.

Tornato a Siena, il B. terminò di lì a poco gli studi intrapresi nello Studio cittadino, addottorandovisi in utroque e subito presero a manifestarsi i segni delle potenti protezioni del B.: già il 7 ott. 1624, in occasione della seconda promozione cardinalizia del pontificato di Urbano VIII - nella quale furono compresi soltanto il nipote del papa, Antonio Barberini, e il segretario dello stesso pontefice, Lorenzo Magalotti, il che aumentò la singolarità del favore di papa Barberini per il modesto cavaliere senese - Scipione Borghese Caffarelli otteneva per il B. la porpora cardinalizia.

Varie circostanze concorsero a determinare la promozione del B., che certo andava ben al di là dei suoi meriti personali: la gratitudine di Urbano VIII verso la memoria di Paolo V, al quale doveva a sua volta la porpora, l'accentuato senso familiare del cardinale Scipione, e la circostanza che nel ramo romano della famiglia Borghese non vi era alcun altro sul quale potessero riversarsi i benefici ecclesiastici dei quali ormai la famiglia godeva da due generazioni.

A queste condizioni del tutto esterne dell'elezione corrispose la totale indifferenza del B. non soltanto per i suoi alti compiti pastorali, ma anche verso qualunque impegno di carattere culturale, o politico, o almeno amministrativo. Non c'è infatti alcun segno di sue particolari responsabilità o iniziative nelle diverse congregazioni delle quali fu chiamato a fare parte da Urbano VIII (del Buon Governo, delle Acque, dei Riti), e neppure nelle cariche di protettore della Congregazione dei monaci olivetani e della Repubblica di Genova, che pure gli furono attribuite e che egli preferì considerare soltanto come nuove prestigiose dignità, come semplici attributi decorativi. L'eminente ruolo che il Luttazi attribuisce al B., di aver capeggiato, nei conclavi seguiti alla morte del ben più prestigioso cardinale Scipione Borghese Caffarelli, la cosiddetta fazione borghesiana, il partito, cioè, dei cardinali creati da Paolo V, è pura invenzione dell'indulgente biografo, se non altro perché tra la morte dello splendido cardinal nepote del pontificato borghesiano e quella del B. non vi fu alcun conclave.

Il B. ebbe con la porpora cardinalizia il titolo diaconale di S. Giorgio in Velabro, il 13 nov. 1624; passò poi, il 24 ag. 1626, a quello di S. Maria in Cosmedin, e infine a quello di S. Crisogono, in questo solo caso dichiarato diaconia, il 19 dic. 1633. Al momento dell'elezione del B. Scipione Borghese Caffarelli aveva rinunziato in suo favore alla abbazia di Chiaravalle, nel territorio di Piacenza, e a un'altra nella diocesi di Ferrara. Urbano VIII gli concesse l'abbazia lodigiana di S. Stefano del Corno e quella di S. Gregorio e S. Sebastiano in Roma. Ma fu soprattutto la morte del cardinale Scipione, nell'ottobre del 1633, a fare del B. uno degli esponenti più doviziosi del Sacro Collegio, poiché egli divenne di fatto l'erede degli ingentissimi benefici ecclesiastici di cui aveva goduto il suo protettore.

Questo stesso fatto, e quello di essere così diventato il maggiore esponente della principesca famiglia Borghese nella Curia romana, destinavano al B. anche il compito, ben più impegnativo che non quello di goderne le rendite, di continuare le splendide tradizioni mecenatesche del cardinale Scipione. Ma il B. era per gusti, per cultura e per temperamento, di gran lunga inferiore al suo modello e la sua sconsiderata prodigalità, tale da esaurire le sue pur vistose risorse e da coprirlo di debiti, non si illuminò mai dell'intelligenza e della sensibilità che avevano distinto il principesco sfarzo di Scipione: fu mera dissipazione, alla quale fu riservato il suggello di una morte precoce, il 15 giugno 1642, in Roma. Fu seppellito nella basilica di S. Maria Maggiore, nella cappella Borghese.

Fonti e Bibl.: I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, pp. 92-94; II, p. 298; L. Cardella, Mem. storiche de' cardinali della S. Romana Chiesa, VI, Roma 1793, pp. 248 s.; N. Borghese, Vita di S. Caterina da Siena... aggiuntovi l'elenco degli uomini illustri dell'eccellentissima casa Borghese, a cura di R. Luttazi, Roma s.d. (ma 1869), p.116; L. von Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1931, p. 712; P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, IV, Monasterii 1935, pp. 19, 41, 52; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-eccles., VI, p. 44.

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