BIGONGIARI, Piero

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

BIGONGIARI, Piero

Enza Biagini

Scrittore, traduttore, critico di letteratura e d'arte, nato a Navacchio (Pisa) il 15 ottobre 1914. È stato professore di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea nell'università di Firenze dal 1953 al 1989. Tra il 1937 e il 1938, mentre si lega d'amicizia con Montale, Rosai, Gadda, Landolfi, Vittorini e Bonsanti, collabora alle riviste più significative del momento: Letteratura, Campo di Marte e Prospettive. Insieme a Bo, Macrì, Gatto, Luzi e Traverso elabora la poetica dell'ermetismo fiorentino, che, più tardi, come teorico, definirà ''Avanguardia non codificata'' (rispetto a quelle del futurismo e del surrealismo). Negli anni Cinquanta collabora a L'Approdo, a L'Approdo letterario e a quotidiani (Nuovo Corriere di R. Bilenchi e La Nazione; e a quest'ultimo collabora tuttora); per un decennio è stato anche redattore di Paragone. Instancabile viaggiatore, in Grecia e Medio Oriente, registra, con G. B. Angioletti, le note di viaggio Testimone in Grecia (1954) e Testimone in Egitto (1958). Nel 1988 ha ricevuto il premio Librex Guggenheim.

Dal 1942, anno di pubblicazione della prima opera poetica, La figlia di Babilonia, scritta nel contesto dell'ermetismo fiorentino, il cui immaginario percettivo-oggettuale e lirico-simbolico ritorna in certi motivi − la memoria, l'assenza, l'amore − di Rogo (1952) e di Corvo bianco (1955), poi in Stato di cose (1968), la poesia di B. si delinea, specie in opere come Le mura di Pistoia (1958), Torre di Arnolfo (1964) o la pur esemplare, per il potere autosignificativo della scrittura, Antimateria (1972), come una complessa ricerca che trascorre verso una personalissima e forte espressività, in cui il simbolo concresce in modo ''informale'', per dare sembianze metaforiche ai miti esistenziali più espliciti: presenze dominanti, queste ultime, in certe forme di canto più distese della più recente produzione poetica: Mosè (in Moses, 1982), Cristo (in Col dito in terra, 1986), Esiodo-Omero-Orfeo (il mito delle origini del senso, letteralmente ripercorso a ritroso, in Nel delta del poema, 1988).

L'attività teorica di B. − affiancata a quella di traduttore (di R.M. Rilke, J. Conrad, R. Char, F. Ponge, D. Thomas) e di studioso di temi artistici, quali il Seicento fiorentino o la pittura contemporanea, da G. Morandi a J. Fautrier, in opere come Il caso e il caos (1961), oppure Dal Barocco all'informale (1980) − non si limita a storicizzare i testi e le figure dell'Otto e Novecento, bensì è percorsa da una forte tendenza alla teoria critica.

Così, negli anni Trenta, assume evidenti premesse anticrociane con la sua idea del "critico come scrittore" e con la necessit'a della "disobbedienza al tema", mentre negli anni recenti − degli specialismi critici − pur vicina ai presupposti esistenzialistici, alla psicoanalisi e alla linguistica, la sua linea teorica si definisce su un discrimine pre-strutturale (già presente nel precoce lavoro variantistico sull'Elaborazione della lirica leopardiana, del 1937) tendente a salvaguardare l'idea di una scrittura critica creativa, non scientifica, seppure implicata in una specifica storicizzazione. Studi come La funzione simbolica del linguaggio (1972) e il recente Evento immobile (1988) sono esemplari per l'idea che la vertigine culturale del "vuoto di senso" sia in contraddizione con l'inesausto percorso di significati poetici.

Bibl.: S. Ramat, Invito alla lettura di Bigongiari, Milano 1979; A. Noferi, Il gioco delle tracce, Firenze 1979; Bibliografia di P. Bigongiari (marzo 1933−aprile 1986), a cura di M. C. Papini, ivi 1986; O. Macrì, Studi sull'ermetismo. L'enigma della poesia di Bigongiari, Lecce 1988.

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