Bayle, Pierre

Enciclopedia machiavelliana (2014)

Bayle, Pierre

Jérémie Barthas

Filosofo e storico francese (Le Carla 1647 - Rotterdam 1706), autore del Dictionnaire historique et critique (1697; 2a ed. ampliata 1702), geniale sintesi erudita della cultura storica, mitologica, teologica e filosofica dall’antichità ai suoi tempi, comprendente una voce dedicata a M. che rappresenta un momento chiave nella storia della critica machiavelliana.

Figlio di un pastore protestante di modesta condizione, B. si era convertito al cattolicesimo per poi abiurarlo (1670). Questo stato di relapsus segna definitivamente una vita da intellettuale precario, formatosi in teologia ma di profonda sensibilità libertina. Nel 1681 B. trova rifugio a Rotterdam, città divisa tra partigiani della casa d’Orange-Nassau e repubblicani, ai quali si associa. Vittima di persecuzioni religiose – da parte cattolica mentre si trova in Francia, da parte protestante orangista mentre si trova in Olanda –, pone al centro delle sue preoccupazioni filosofico-politiche il problema della relazione tra vita civile e fede. Sempre costretto alla dissimulazione, sviluppa complesse strategie comunicative. Nel 1682 esce anonima la prima delle sue tante opere, i Pensées sur la comète, inscritta nel solco di una tradizione filosofica riconducibile a Epicuro, le glorieux dompteur de la religion «il glorioso domatore della religione» (Pensées sur la comète, in OEuvres diverses de Mr Pierre Bayle, 1727, 3° vol., p. 121). B. vi elabora il concetto di ateismo virtuoso, base del razionalismo morale e della rivendicazione della legittimità sociale dell’ateismo. Alla fine del 1693, accusato di corrompere la gioventù, B. perde la sua cattedra d’insegnamento di storia e di filosofia presso l’École illustre di Rotterdam.

Il B. filosofo pare essersi appropriato di molti aspetti fondamentali del pensiero di M. sulla questione religiosa. Ne offre una dimostrazione sistematica e una radicalizzazione alla luce del nuovo contesto aperto dalle guerre di religione. Tali aspetti includono: a) la negazione della provvidenza divina e l’affermazione secondo cui gli uomini sono artefici della loro storia; b) la tesi che le religioni siano storicamente relative: come imposture politiche, come forze potenzialmente

aggregative, ma comunque subordinate e subalterne, o come forze essenzialmente disgregative; c) le conclusioni sul fallimento civile del cristianesimo; d) il riconoscimento di fatto e di diritto dell’indipendenza tra i principi dell’azione politica e i precetti religiosi.

L’interesse di B. per M. è precoce, precede la sua scoperta di Baruch Spinoza (nel 1679) e può essere ricondotto alla sua fascinazione per il libertino francese Gabriel Naudé. Le Considérations politiques sur les coups d’état (1639) di quest’ultimo erano state ripubblicate nel 1673 e B. le cita in una sua lettera del 21 luglio 1675:

Dans un autre livre qu’il a fait, sur les coups d’états, [Naudé] fait une longue liste de tous les fins politiques qui ont acquis du crédit par la persuasion qu’on avoit qu’ils conferoient avec Dieu. Peu s’en faut qu’il ne mette notre Moïse à leur tête, et cela avec un adoucissement si mince en faveur de la foy que les consciences timorées en crieroient volontiers au meurtre et au blasphème. Dans ce livre il établit les plus pernicieuses maximes de Machiavel, et il a raison de dire que tout le monde les condamne, mais que presque tous les souverains les pratiques

In un altro libro che ha scritto, sopra i colpi di stato, [Naudé] fa una lunga lista di tutti gli astuti politici chehanno acquisito credito persuadendo che parlavano con Dio. Manca poco perché metta il nostro Mosè alla loro testa, e questo con addolcimenti talmente deboli in favore della fede che le coscienze timorate grideranno volentieri all’assassino e al blasfemo. In questo libro, inserisce le più perniciose massime di Machiavelli, e ha ragione a dire che tutti le condannano, ma quasi tutti i sovrani le seguono (Correspondance de Pierre Bayle, publiée et annotée par E. Labrousse et al., 2° vol., 2001, p. 251).

Nel 1682, in Pensées sur la comète e in Critique générale de l’histoire du calvinisme, B. cita con approvazione sia il Principe, sull’audacia (cap. xxv), sia i Discorsi, sulla responsabilità della Chiesa di Roma nella debolezza dell’Italia e sulla religione come strumento politico (I xi e xii); non disdegna però di usare il nome di M. per qualificare le infames maximes dei gesuiti (in OEuvres diverses de Mr Pierre Bayle, 1727, 3° vol., p. 146, e 2° vol., pp. 40, 48, 101). Nelle Nouvelles de la république des lettres (1684-87) appaiono due notevoli recensioni dedicate alla Histoire secrète de la maison de Médicis di Antoine de Varillas (1685) e alla terza edizione della traduzione francese del Principe a cura di Amelot de la Houssaye (1686).

Nella prima recensione, B. menziona la dissidenza antimedicea di M., il suo attaccamento alla Repubblica e gli sforzi per screditarlo politicamente, mentre era ancora vivo, sotto l’accusa d’empietà e di scelleratezza (in OEuvres diverses de Mr Pierre Bayle, 1727, 1° vol., p. 280b). Nella seconda recensione, loda i meriti delle note e della prefazione di Amelot (→) e difende M. dall’accusa di essere responsabile delle azioni dei governanti: dallo studio delle cose risulta questa «sventurata e funesta necessità, che la Politica si eleva al di sopra della Morale» (in OEuvres diverses de Mr Pierre Bayle, 1727, 1° vol., p. 741a).

La necessità del machiavellismo, ossia di «imparare a potere essere non buono et usarlo e non usarlo secondo la necessità» (Principe xxv 6) – anche quando si tratta di neutralizzare il potere temporale delle religioni – è un principio fermo dell’intera filosofia politica di B., dall’Avis aux réfugiés (1690) alle Réponses aux questions d’un Provincial (1704-1707), e viene spesso ribadito nel Dictionnaire historique et critique.

B. ne parla come della Religion du souverain (voce Elisabeth, remarque – d’ora in poi rem. – G, con ulteriori riferimenti). Fa anche richiami espliciti ai capp. xv e xviii del Principe (voce Louis VII, rem. H), nonché alle pagine sul machiavellismo di Mosè nel Principe e nei Discorsi (voce Savonarola, rem. Q nota 183). D’altra parte, B. dimostra che

il n’est point vrai que ce soit plaire aux Tyrans que d’enseigner des Maximes qui tendent à effacer du coeur de l’homme les impressions de la Religion

non è vero che sia un piacere per i tiranni insegnare delle massime che tendono a cancellare dal cuore dell’uomo le impressioni della Religione (voce Critias, rem. H).

Sciogliendo il legame tra tirannia e irreligione, B. colpisce un punto chiave dell’antimachiavellismo e dell’intera teologia politica cattolica (voce Gregoire I, rem. E). Dimostra anche l’ipocrisia e il pericolo della dottrina del tirannicidio (voce Chastel, rem. A e D): spesso coloro che denunciano la tirannide

ce n’est point la tyrannie qu’ils haissent, mais les tyrans; ils sont fàchés que d’autres qu’eux exercent la souveraine puisance

non è la tirannide che odiano, ma il tiranno; sono irritati dal fatto che altri, e non loro, esercitino la potenza sovrana (voce Laurentio).

Inoltre, B. nota che un celebre elemento della ‘eresia’ machiavelliana, la visione della Fortuna-Donna presentata nel cap. xxv del Principe, offrirebbe una concezione della provvidenza divina più rigorosa di quella dei teologi. Reintegrata nell’universo cristiano al momento della rivoluzione gregoriana del 12° sec., la Fortuna pagana consentiva di ridare spazio al caso in un mondo che lo escludeva a priori, perché voluto da Dio, dando però luogo a contraddizioni teologicamente insolubili (voce Chrysippe, rem. H, con rimando alla voce Pauliciens). Soffermandosi sull’immagine erotica della Fortuna come donna, B. chiede: est-ce le hazard aveugle qui fait que les femmes aiment mieux un jeune mari qu’un vieux? («è il cieco caso che fa sì che le donne preferiscano un marito giovane a uno vecchio?», voce Charles-Quint, rem. K). Tramite M., B. riconduce così la Fortuna nell’ambito di un certo determinismo naturalista e materialista, di tradizione antica, appena rielaborato da «un athée de système» quale Spinoza, a sua volta molto influenzato da M. (voce Spinoza, rem. A; cfr. anche le voci Épicure e Lucrèce; Mori 1999, pp. 155-88).

Per scrivere la voce Machiavel del Dictionnaire, B. ha condotto un ampio lavoro di ricerca e di critica.

Ha consultato diverse edizioni e traduzioni, confrontato gli scrittori, i dati storici disponibili, notato le congetture e gli errori, correggendoli per quanto possibile. Dimostra anche un’attenzione di filologo per ristabilire il legame tra cronologia e interpretazione (rem. M). In un’opera di larga diffusione qual è un dizionario ha costruito uno strumento in grado di liberare i suoi lettori dalle mistificazioni antimachiavelliane, invitandoli a tornare al testo di Machiavelli.

Nella rem. F traccia brevemente la storia dell’antimachiavellismo, da Ambrogio Catarino Politi ad Antonio Possevino e Tommaso Bozio, passando per Innocent Gentillet. B. non trova nei loro scritti nessuna sostanza degna di essere discussa.

Svuotata di ogni valore intellettuale l’accusa di ateismo, B. non si cura perciò di difendere su questo punto l’athée Machiavel (rem. N). Già nella rem. B, dedicata al teatro di M., B. nota alcuni tratti irreligiosi.

Poi, nella rem. D, cita senza commento ciò che scrive Paolo Giovio negli Elogi degli uomini illustri (1546) di M. uti irrisor & atheos. Infine, nella rem. L, dà ampia notizia delle estrapolazioni disponibili, quali i racconti sul blasfemo ‘sogno’ (→) di M. morente.

B. sviluppa invece una serie di argomenti in favore del M. scrittore storico e soprattutto politico (rem. C, E, K, N, O, e P). Da una parte, B. libera M. del marchio di apologeta della tirannia: non solo on apprend dans l’Histoire les mêmes Maximes que dans le Prince de cet Auteur («si imparano nella Storia le stesse massime del Principe di questo autore», rem. E), ma queste si trovano esposte già nella Politica di Aristotele e, aggiornate, nei suoi commentatori medievali, come il teologo Tommaso d’Aquino o il giurista Bartolo da Sassoferrato. A mo’ di giustificazione, nell’importante rem. E, B. cita largamente Traiano Boccalini, Herman Conring e Amelot, e rimanda inoltre per ulteriori approfondimenti all’anonimo Fragment de l’examen du Prince (ora attribuito a Didier Hérauld), a Gaspare Scioppio e soprattutto a Naudé (1639). Nella nota a margine 27 cita l’elogio di Francis Bacon e la rem. K suggerisce che la lettura di M. è di miglior profitto che quella degli autori più antichi. D’altra parte, B. riporta gli elementi che dimostrano l’impegno di M. a favore della rinascita della Repubblica di Firenze, in particolare il suo ruolo presso i giovani rivoluzionari antimedicei (rem. C e P), e l’esistenza di un trattato sulla riforma della Repubblica fiorentina inedito, ma menzionato sia da Conring sia da Amelot (rem. F e P). Infine, cita abbondantemente il giudizio di deux témoins considérables («due testimoni notevoli»), Alberico Gentili e Christophe Adam Rupertus, concludendo che M. è da considerare come il pédagogue […] des amateurs de la liberté populaire («pedagogo […] degli amanti della libertà popolare»), e che l’on doit excuser dans Machiavel ce que l’on excuse dans Platon & dans Aristote («bisogna scusare in M. quel che si scusa in Platone e Aristotele», rem. O). L’operazione preliminare di togliere a M. il marchio di teorico della tirannia ha quindi consentito di ritrovare l’originalità del suo pensiero politico e di distruggere la falsa opposizione tra machiavellismo e repubblicanesimo.

Un punto debole della ricostruzione bayliana è quello che riguarda i temi militari e l’Arte della guerra.

Certo, lo sviluppo delle conoscenze sull’esperienza pratica di M. in ambito militare non comincia prima della seconda metà del Settecento; ma B. non pare avere colto un concetto centrale del pensiero di M., quello delle ‘armi proprie’, sul quale un machiavelliano inglese quale James Harrington – non menzionato da B. – aveva già insistito nel 1656. B. allude solo alla difficoltà di mettere in atto tattiche militari elaborate sui libri e non sul campo. Ne trae l’occasione per citare una figura spesso accoppiata a M. nella tradizione libertina – Girolamo Cardano – e ipotizzare che M. si sarebbe mantenuto a distanza dal duca d’Urbino, nonostante gli avesse dedicato il Principe (rem. G. e Q).

Nell’economia del Dictionnaire, la voce Machiavel è di taglia media: 5 pagine in folio (pp. 244-49 nel 3° vol. della 5a ed. del 1740) per un totale di circa 9300 parole, con un testo principale di circa 750 parole, più 16 remarques in due colonne che occupano l’80% della voce e un centinaio di note a margine. Ci sono 6 rinvii ad altre voci; vengono menzionati o citati circa 80 personaggi storici o letterati di ogni sorta (scrittori, commentatori, traduttori, librai-editori).

Una parte cospicua di questi ultimi, così come altre figure storiche care a M. (per es., Agatocle, Agesilao II, Agide ecc.) o del suo tempo (come papa Giulio II, Francesco Guicciardini ecc.), è oggetto di voce o di remarques, con nuovi rinvii. Questa struttura reticolare offre molte possibilità di percorsi intertestuali (ora facilitati dalla versione elettronica dell’opera). Per esempio, se dalla rem. M, dove B. fa riferimento all’errore di ceux qui disent que dans son Prince il avoit dessein de représenter Charles-Quint («coloro che dicono che nel suo Principe, [M.] aveva intenzione di rappresentare Carlo V»), si passa alla voce su quest’ultimo, si arriva alla citazione suddetta di Principe xxv, e quindi alla scottante questione della provvidenza, che B. non affronta direttamente nella voce sul ‘principe degli atei’.

Bibliografia: OEuvres diverses de Mr Pierre Bayle, 4 voll. in folio, La Haye 1727, poi in anastatica con introduzione di É. Labrousse, Hildesheim 1964-1968; Dictionnaire historique et critique, par Mr Pierre Bayle, 4 voll. in folio, 5e éd., Amsterdam 1740 (per una versione elettronica, si veda l’ARTFL project, CNRS e University of Chicago). Pur non esistendo una traduzione italiana della voce Machiavel né una edizione critica moderna, si veda l’antologia Dizionario storico-critico, a cura di G. Cantelli, Bari 1976 e, per gli aspetti politici, Sparta nel Dizionario, a cura di A. Paradiso, Palermo 1992.

Per gli studi critici si vedano: per una presentazione generale di B., G. Mori, Introduzione a Bayle, Bari 1996 e, per ulteriori approfondimenti, G. Mori, Bayle philosophe, Paris 1999, nonché l’introduzione a P. Bayle, Avis aux réfugiés, a cura di G. Mori, Paris 2007. Questi due ultimi volumi sono pubblicati nella collana Vie des Huguenots diretta da A. McKenna, che ospita diversi volumi di studi bayliani, taluni con suggestivi saggi sul B. politico. Per una prima valutazione del M. di B.: B.H. Mayer, The strategy of rehabilitation: Pierre Bayle on Machiavelli, «Studi francesi», 1989, 33, pp. 203-17; D. Di Spalatro, Pierre Bayle’s Machiavellianism, degree of doctor of philosophy (PhD), dissertation submitted to the Faculty of the division of the social sciences, University of Chicago, 2007 (www.lalev.co/MACHIAVELISM.pdf, 4 ottobre 2013).

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