SOMMEREUSE, Pierre de

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOMMEREUSE, Pierre

Emanuele Catone

de. – Originario probabilmente di Sommereux, piccolo villaggio della Piccardia nei pressi di Amiens, nacque in data imprecisata; non sappiamo chi furono i suoi genitori.

Fu tra i cavalieri francesi che seguirono Carlo I d’Angiò nella conquista del regno di Sicilia.

Insieme a lui giunsero anche i fratelli Gauthier (Gualtiero) ed Enguerrand (Ingeraimo), tutti poi impegnati al pari del nostro in incarichi militari e amministrativi per conto del nuovo sovrano angioino e spesso in stretta collaborazione tra di loro. I registri angioini attestano l’attività al servizio del re angioino anche di altri loro congiunti, tra cui Jean e Guillaume de Molins e Eberard Echinard de Saumery, loro nipoti ex matre, il che induce ragionevolmente a pensare che essi abbiano formato una piccola ‘lancia’ a composizione familiare e che si siano trasferiti nel Regno meridionale proprio per svolgere la propria attività militare al servizio della Corona.

La prima attestazione di Sommereuse nei registri angioini, risalente al 22 febbraio 1267, ne registra, infatti, la qualifica di miles e l’ammissione tra i familiari del re angioino. Fu tra i partecipanti alla decisiva battaglia contro Corradino di Svevia nel contado di Tagliacozzo (23 agosto 1268) e Carlo d’Angiò per il suo contributo nello scontro lo ricompensò con il dono di 400 livree.

Al contrario, i fratelli de Molins, Sagalo de Sommereuse – forse un ulteriore congiunto – e altri cavalieri francesi, mentre cercavano di unirsi alle truppe angioine furono catturati in Toscana nei territori del marchese di Massa e posti in carcere, per essere poi liberati soltanto dopo la sconfitta di Corradino.

A Pierre Sommereuse, insieme al fratello Gauthier – anch’esso miles e familiare regio, allora giustiziere nella provincia di Terra d’Otranto – fu affidato il delicato incarico di porre l’assedio a Gallipoli, dove si era asserragliato un gruppo di baroni di fede sveva dopo la disfatta di Corradino. L’impresa si prolungò almeno dal novembre 1268 alla primavera 1269 e vi prese parte anche l’altro fratello Enguerrand. Il 1° marzo 1269 Sommereuse fu nominato capitano generale delle milizie impegnate nell’assedio, subentrando al fratello Gauthier, costretto ad abbandonare la provincia a causa della diffusa ribellione antiangioina e a spostarsi nella vicina Terra di Bari. La città fu espugnata e i proditores furono catturati e, per la maggior parte, impiccati.

Il 24 dicembre 1268 Pierre Sommereuse, quale evidente compenso per la sua attività militare, ottenne la concessione delle terre di Oppido, Albano, Trivigno e del casale di Casalaspro, tutti siti in Basilicata e sequestrati ai proditores fedeli agli svevi, nonché, il 22 gennaio 1269, l’assegnazione dei beni mobili già posseduti in quei luoghi dai feudatari ribelli. La concessione dei feudi, che non dovette essere priva di difficoltà dal momento che il re fu costretto a emettere l’ordine relativo per tre volte, divenne effettiva dopo il 7 febbraio 1269, quando re Carlo rinnovò al chierico Pietro de Firmitate, incaricato dell’inchiesta sui proditores in Basilicata, l’ordine di consegnare a Sommereuse le terre che gli aveva concesso.

Per gli stessi motivi, il fratello Gauthier nel 1271 ottenne la concessione dei feudi di Buccino e di S. Lorenzo de Stricta in Principato mentre l’altro fratello Enguerrand ebbe nel 1272 i feudi di Campana e del castrum Tegani in Val di Crati – quest’ultimo poi permutato con la terra di Polla in Principato, concessagli nel novembre di quell’anno per la morte del precedente feudatario Matteo Fasanella – e il casale di Casole in Terra d’Otranto, già appartenente alla vedova di Goffredo di Cosenza, uno dei baroni catturati e uccisi a Gallipoli.

Oltre ai beni sopra menzionati, il successo di Gallipoli fruttò a Sommereuse anche un incarico prestigioso e di responsabilità. Infatti re Carlo, eletto nuovamente senatore di Roma per 10 anni nel settembre 1268, lo inviò nell’Urbe quale suo vicario nel gennaio 1270 in sostituzione di Jacques Gantelme. Lo seguì anche il fratello Gauthier, che il 20 febbraio fu nominato maresciallo e giustiziere nella provincia di Campagna e Marittima. Scarse sono peraltro le notizie sul suo periodo di governo a Roma, che fu molto breve.

Sappiamo che il 3 marzo 1270 a nome del sovrano angioino vendette al marchese Annibaldo Annibaldi alcuni beni mobili e immobili posti dentro e fuori Roma, confiscati dal Senato romano ad alcuni ribelli. Su richiesta del re, rettificò inoltre alcune iniziative del suo predecessore: il 6 marzo, a seguito di un ricorso dei cardinali romani, il sovrano gli ordinò di risolvere definitivamente una spinosa contesa con l’abbazia di Farfa in Sabina circa alcune tasse, secondo i monaci, indebitamente richieste, e di evitare in futuro iniziative che potessero mettere in difficoltà Carlo e turbare la pace.

Dopo poche settimane (prima del 24 marzo 1270) Sommereuse fu rimosso dalla carica in maniera repentina ed imprevista e fu sostituito da Bertrando Del Balzo. Si ignorano le cause precise del provvedimento, motivato forse dai forti contrasti sia con esponenti ecclesiastici, sia con membri del senato: in un tumulto nel Campidoglio, tre cittadini romani manifestarono aperta ostilità verso di lui, subendo per questo l’esilio perché costituivano una minaccia per la tranquillità di Roma.

La forte decurtazione della remunerazione dovutagli per i suoi incarichi, subita l’anno successivo «pro quadam condempnatione facta contra predictum Petrum […] in Urbe» (A. De Boüard, Actes et lettres de Charles Ier, 1926, p. 141), indurrebbe a ipotizzare una rimozione dovuta anche a problemi amministrativi. Unica causa che può essere esclusa è la mancanza di fiducia del re verso Sommereuse, dal momento che egli continuò a ricoprire incarichi di primo piano nell’amministrazione angioina.

Il 16 novembre 1270, infatti, fu incaricato dal re di ricevere con tutti gli onori Isabella de Villehardouin, la figlia di Guglielmo II principe di Acaia inviata in Italia dal padre per sposare Filippo, figlio di re Carlo. Il mese seguente ottenne dal re l’autorizzazione a esportare gratuitamente in Sicilia tramite le navi regie ampie quantità di cereali, vino e animali destinate al suo procuratore nell’isola, dove evidentemente possedeva altri beni. Il 31 gennaio 1273, insieme a Jean d’Aulnay, fu posto alla guida dei soldati incaricati di scortare Edoardo I, re d’Inghilterra, che di ritorno dalla crociata in Terrasanta stava per sbarcare a Trapani. Documentato nel novembre del 1273 come giudice della Magna Curia, il 23 dicembre dello stesso anno fu nominato vicemaresciallo del regno. Nel dicembre del 1275 fu inviato in Albania, quale comandante della guarnigione di stanza a Valona, ma nel febbraio del 1276 era già tornato in Italia dal momento che riportò presso la corte (allora a Capua) il denaro proveniente dalla vendita dei beni di mercenari angioini ribelli, catturati e uccisi in Albania.

L’ultimo incarico del Sommereuse di cui abbiamo notizia risale al 14 gennaio 1276, quando re Carlo lo incaricò, insieme al vicemaestro giustiziere Jean d’Aulnay e al giustiziere di Calabria, dell’inchiesta sulla morte di Simon di Monfort – figlio di Filippo II signore di Castres –, di un cavaliere suo amico e del suo avversario Folco Ruffo, signore di Santa Cristina e Bovalino, in occasione di un duello svoltosi in Calabria, esemplare dello scontro tra i nuovi signori insediatisi con gli Angioini e l’antica feudalità regnicola. Il 30 giugno 1276, infine, con gli altri baroni di Basilicata ricevette l’ordine di fornire le tartane previste per l’allestimento della spedizione contro l’imperatore bizantino Michele VIII Paleologo. È l’ultima notizia documentata su di lui, che morì probabilmente nel corso del 1277. Scompariva così uno dei funzionari angioini venuti in Regno non tanto a cercare fortuna e alla ricerca di feudi in cui stabilirsi, bensì ad espletare la loro carriera amministrativa e militare al servizio di Carlo d’Angiò.

Non si hanno notizie di un suo matrimonio, ma è certo che non ebbe figli, dal momento che i feudi a lui concessi ritornarono al demanio e il 5 aprile 1278 furono donati a Leonardo da Veroli, gran cancelliere del principe di Acaia, in cambio dei feudi pugliesi di Alessano, Montesardo e Cutrofiano, per poi essere successivamente permutati con quello di Policoro, sempre in Basilicata.

Gli sopravvissero i fratelli: Gauthier, dopo aver retto il giustizierato di Terra d’Otranto fino all’ottobre 1269, ebbe lo stesso incarico nelle province di Val di Crati e Terra Giordana (1273-74) e in Terra di Lavoro e Contado di Molise (1275-77) e trovò la morte in combattimento insieme alla sua squadra in una delle spedizioni angioine contro il Paleologo. Enguerrand combatté anche lui in Oriente: fatto prigioniero in Albania, nel 1283 grazie a uno scambio di prigionieri fu liberato e rientrò in Italia, dove è documentato come feudatario di Polla il 4 novembre 1286 e almeno fino al 1287. Anche di Gauthier e Enguerrand non sono noti né legami matrimoniali né eredi.

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F.A. Vitale, Storia diplomatica de’ Senatori di Roma, I, Roma 1791, pp. 158-163; T. Vitale, Storia della regia città di Ariano e sua diocesi, Roma 1794, p. 384 doc. XVI; M. Blanchard, Inventaire sommaire des archives départementales antérieures à 1790. Bouches-du-Rhône. Archives civiles. Série B, I, Paris 1865, p. 68; C. Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi uffizii del Regno di Sicilia durante il regno di Carlo I d’Angiò, Napoli 1872, p. 239; G. Del Giudice, Don Arrigo infante di Castiglia, Napoli 1875, pp. 132-135; C. Minieri Riccio, Il regno di Carlo I d’Angiò negli anni 1271 e 1272, Napoli 1875, p. 50; G. Del Giudice, La famiglia di Re Manfredi, in Archivio storico per le province napoletane, IV (1879), p. 344, doc. 4; E. Bertaux, De Gallis qui saeculo XIII° a partibus transmarinis in Apuliam se contulerunt, Paris 1901, p. 65; F. Carabellese, Carlo d’Angiò nei rapporti politici e commerciali con Venezia e l’Oriente, Bari 1911, p. 70; P. De Grazia, L’insurrezione della Basilicata contro Carlo d’Angiò, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, VIII (1938), pp. 225-264 (in partic. doc. II dell’Appendice); M.T. Caciorgna, L’influenza angioina in Italia. Gli uffîciali nominati a Roma e nel Lazio, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen-Age, CVII (1995), 1, pp. 173-206 (in partic. pp. 182, 202).

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