Maupertuis, Pierre-Louis Moreau de

Dizionario di filosofia (2009)

Maupertuis, Pierre-Louis Moreau de


Scienziato e filosofo francese (Saint-Malo, Bretagna, 1698- Basilea 1759). A Parigi, dove si era recato per completare gli studi, ebbe modo di coltivare interessi per la musica e la matematica, oggetto delle sue prime memorie che gli valsero l’elezione all’Académie des sciences. Risale al 1728 il viaggio a Londra, dove M. poté entrare in contatto con gli esponenti del movimento newtoniano aderenti alla Royal Society; l’anno successivo, a Basilea, frequentò J. Bernoulli, impegnato nella messa a punto dell’analisi infinitesimale. Al suo ritorno a Parigi divenne il principale divulgatore delle idee newtoniane in Francia, segnalandosi in un ambiente scientifico ancora dominato dal cartesianismo. Nel 1732 pubblicò il Discours sur les différentes figures des astres, in cui abbracciava la teoria della gravitazione universale e sosteneva l’immagine newtoniana della Terra come sferoide appiattito ai poli contro l’ipotesi dei cartesiani basata sulla teoria dei vortici. Per risolvere la controversia, l’Académie des sciences promosse due spedizioni scientifiche con il compito di procedere alla misurazione di un grado di meridiano rispettivamente al polo e all’equatore: la spedizione in Lapponia (1736), sotto la direzione di M., fornì la prova sperimentale dell’ipotesi newtoniana. Nel 1743 entrava a far parte dell’Académie Française. Alla prima metà degli anni Quaranta risalgono i primi studi biologici: in essi, in partic. nella Venus physique (1745; trad. it. La Venere fisica), M. affronta complessi problemi di ereditarietà, embriogenesi, fecondazione, prendendo posizione contro le allora dominanti opinioni preformiste e anticipando temi della ricerca biologica successiva, legati in partic. alla trasformazione delle specie per mutazione genetica. Spinto anche dall’opposizione dei circoli cartesiani di Parigi, nel 1745 M. accettò finalmente l’invito rivoltogli da Federico II, consigliato da Voltaire, di trasferirsi in Prussia per assumere la presidenza dell’Accademia di Berlino, nel ruolo già occupato da Leibniz. Sono gli anni della definitiva affermazione di Maupertuis. Nell’Essai de cosmologie (1750) la «legge della minima azione», secondo cui ogni processo naturale raggiungerebbe il suo scopo con il minor dispendio possibile di azione, su cui M. lavorava da tempo considerandola il suo più importante contributo scientifico e che sarebbe stata in seguito sviluppata da matematici quali Euler, Lagrange e Hamilton, è posta alla base di un’originale rivisitazione in chiave scientifica dell’argomento cosmologico, che partendo dalla perfezione dell’Universo risale alla potenza del suo autore, in un contesto sensibile a suggestioni leibniziane oltre che newtoniane. Nel 1749 era uscita la prima ed. della Philosophie morale (trad. it. Saggio di filosofia morale), in cui M., in accordo con l’indirizzo da lui impresso all’Accademia berlinese di estendere alla metafisica i metodi rigorosi delle scienze esatte, affrontava il tema della felicità in base al calcolo aritmetico dei piaceri e dei dolori, inserito in un piano provvidenzialistico, fortemente polemico nei confronti dell’impianto materialistico del Discours sur la bonheur (1750) di La Mettrie e in sintonia con l’intento che aveva mosso Hutcheson nel sostenere la formula della massima felicità del maggior numero di individui. La ripresa di interessi biologici sfociò nell’ambiziosa sintesi composta nel 1751 e nota come Système de la nature (trad. it. Sistema della natura), in cui M., ormai convinto della irriducibile diversità dei fenomeni della vita rispetto a quelli meccanici, ipotizza la presenza di rudimenti di coscienza, quali «desiderio», «avversione», «memoria», nelle cellule elementari della riproduzione che si combinano per formare gli organismi viventi. L’epilogo di M. fu amareggiato dall’accusa di plagio nei confronti di Leibniz nella formulazione della legge della minima azione, accusa mossagli sulle pagine degli Acta eruditorum da König, un allievo di Bernoulli da lui introdotto a Berlino, e dalla rottura con Voltaire, autore di un feroce ritratto satirico del presidente dell’Accademia berlinese (Diatribe du docteur Akakia, 1752).

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