ALIGHIERI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALIGHIERI, Pietro

Arnaldo D'Addario

Figlio di Dante di Alighiero e di Gemma di Manetto Donati; primogenito del poeta, lo seguì nell'esilio; nel 1315 fu compreso nella condanna rinnovata in quell'anno contro il padre. A Ravenna ebbe il godimento di un beneficio nelle chiese di S. Maria in Zenzanigola e di S. Simone de muro;in veste di beneficiario fu compreso nella scomunica lanciata nel 1321 dal vicario del vescovo ravennate contro gli insolventi nel pagamento delle decime ecclesiastiche. Morto il padre e cessato quindi il motivo dell'esilio, tornò a Firenze, dove è citato in documenti degli anni 1323 e 1324. Risulta che egli, contrariamente al fratello lacopo, non beneficiò del decreto di sbandimento promulgato dal Comune l'11 ott. 1325, forse perché non volle sborsare la somma richiesta. La sua permanenza in patria fu in ogni modo breve, perché, nel 1327, facendo da testimone a un testamento rogato in Bologna, è ricordato come "scolaris in iure civili". Forse l'aiuto per il proseguimento degli studi gli veniva da Cangrande, che continuò in suo favore la protezione già accordata al padre; all'ombra degli Scaligeri, l'A. si stabili definitivamente a Verona, dopo essersi addottorato in diritto. Numerosi documenti, tra il 1332 e il 1358,ne attestano l'attività come giudice e vicario del podestà, e giudice dei maleficii. In Verona sposò (ca. 1335) Iacopa di Dolcetto de' Salerni, casata di origine pistoiese, ma abitante a Verona nella contrada di S. Cecilia; essa morì il 13 marzo 1358, dopo avergli dato le figlie Alighiera, Gemma e Lucia, monache nel convento di S. Michele in Campagna, e il figlio Dante, (Bernardo fu illegittimo). In tal modo egli diede origine al ramo veronese degli Alighieri, mentre il fratello Iacopo ne continuava quello fiorentino. Nella nuova patria l'A. prese dimora nella " guaita" di S. Tommaso e poi nella contrada di S. Giovanni ad forum,e comprò terre in Gargagnano; altre ne prese a livello in località Ora de' Murli e a Marcellise, mentre sistemava la sua posizione patrimoniale in Firenze. Nel 1332 era avvenuta la divisione dei beni comuni tra i figli di Dante e lo zio Francesco; nel 1341 i fratelli Iacopo e Pietro risolvevano le questioni sorte fra loro, affidandosi all'arbitrato di Paolo di Litto dei Corbizzi, col quale i due rami della famiglia di Dante si separarono del tutto. Negli ultimi anni della sua vita si recò a Treviso, dove dettò (21 febbr. 1364) il proprio testamento (rogito di Ser Bartolomeo del fu ser Niccolò Sprichigna) e morì il 21 aprile successivo. La metà dell'antica casa posseduta in Firenze nella piazza di S. Martino del Vescovo, ereditata dal padre, fu donata alla Società di Or San Michele e all'ospedale della Misericordia. Il figlio Dante ebbe i beni restanti, sotto la tutela degli zii Giovanni e Pietro Saleri; in caso di sua morte quei beni sarebbero andati ai poveri. Il 29 apr. 1364 gli furono fatti, i funerali nella chiesa di S. Margherita di Treviso a cura di fra' Liberale e di Leonardo di Baldinaccio da Firenze, suoi esecutori testamentari. Essi ordinarono allo scultore Zilberto Santi di Venezia la costruzione del monumento funebre da collocarsi nel chiostro, ornato della "figura marmorea ipsius domini Petri Dantis sedentis in catedra ad modum doctoris". Nei primi anni del sec. XIX questo monumento fu scomposto, ma i pezzi furono conservati, così da renderne possibile nel 1935 la ricomposizione nella chiesa di S. Francesco, già riaperta al culto nel 1928.

Amico del Petrarca e di Guglielmo da Pastrengo, gli si attribuiscono alcuni componimenti poetici, tra cui la canzone di argomento morale composta per difendere la sapienza e l'ortodossia del padre, un sonetto a Iacopo da Imola sul libero arbitrio, ed una canzone a Dio per lamentare la debolezza dell'Impero in Italia. Di più vasto respiro è il commento alla Commedia,di carattere dottrinale, in cui l'A. si sforza di accordare l'opera dantesca con i capolavori della letteratura classica, con gli scritti dei padri della Chiesa e degli Scolastici.

Fonti e Bibl.: I docc. relativi alla vita e agli interessi di lui sono pubblicati nel Codice diplomatico dantesco,a cura di R. Piattoli, Firenze 1950, (cfr. Indice dei nomi).Per le sue composizioni poetiche si veda G. Crocioni, Le rime di P. A., precedute da cenni biografici,Città di Castello 1903; per l'ediz. del commento cfr. Petri Al. super Dantis... comoedian comentum,a cura di V. Nannucci, Firenze 1845;cfr. anche il più recente e completo studio di P. Ginori Conti, Vita e opere di P. di D. A.,Firenze 1939, con la relativa bibliogr.; e quanto della sua opera dice, da un punto di vista più generale, N. Sapegno, Il Trecento,Firenze 1942, pp. 116-117, 129, 160.

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