CANAL, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANAL, Pietro

Laura Giannasi

Non è facile tracciare la biografia di questo politico e capitano veneziano della prima metà del sec. XIV, poiché le fonti che ne ricordano il nome non ne precisano in genere né la paternità, né il "confinio"; rimane perciò costante il pericolo di omonimie.

Poiché il Sanuto nel ricordare Pietro da Canal fra gli elettori del doge Andrea Dandolo ne specifica il "confinio", "San Canzian", si potrebbe identificare il C. con quel Pietro "quondam Marci" appunto di San Canciano, che il 9 luglio 1348 "infirmus corpore" fece testamento "in villa de Braga Tarvisii districtus". Dal canto suo il Capellari, offrendo numerose notizie su Pietro, lo dice figlio di Giovanni, ma questa indicazione riguardante la paternità non trova conferma nelle fonti né archivistiche né cronachistiche. Infine i documenti ufficiali del governo veneziano oltre ad attestare, come detto, quanto si rinviene nel Capellari, offrono ulteriori e numerose notizie circa Pietro da Canal, senza tuttavia fornire precisazioni utilizzabili per una sicura identificazione.

Secondo il Capellari il C. partecipò all'elezione del doge Francesco Dandolo nel gennaio 1328. Si deve quindi pensare che già da prima egli fosse presente nella vita pubblica veneziana. Potrebbero, allora, essere attribuite a lui - in tutto o in parte - le notizie riscontrabili nei documenti ufficiali relative a Pietro da Canal. Se è esatta questa ipotesi, il C. sarebbe stato per due volte "biennio stipendiarius" a Modone, dal dic. 1316 e dal sett. 1319; nel Consiglio dei dieci nel nov. 1321 come capo e nel luglio 1322 come consigliere; provveditore di Comune nell'apr. 1323; consigliere ducale nel nov. 1323 e nel genn. 1324; console in Puglia nel 1325; a fianco del doge, testimone e mallevadore, nel febbraio e dicembre 1327.

Con ogni probabilità, in forza di un vago ed impreciso accenno del Capellari, si può affermare che dal marzo al novembre 1332 fu capitano del Golfo. Mentre teneva tale ufficio il governo lo incaricò, il 18 luglio, di condurre trattative con Andronico III e i cavalieri di Rodi per stipulare una lega contro il Turco; il 26 agosto il Paleologo gli rilasciò uguale procura. A nome del doge e dell'imperatore il 6 settembre il C. firmò l'alleanza quinquennale con il gran maestro: erano accordi protettivi di immediata e sicura esecuzione che rappresentavano, di fronte agli empirici e velleitari progetti francesi di una grande crociata, l'unico concreto provvedimento contro il pericolo dei Turchi. Nel novembre il C. era chiamato in Senato a esaminare insieme con i savi la situazione della navigazione nel Golfo e la questione della lega contro il Turco; in dicembre e nel marzo successivo poneva "parte" sugli stessi problemi.

Scoppiata nel 1336 la guerra veneto-scaligero-fiorentina, il C. fu nominato "capitaneus ad Aggerem". Venezia inviò milizie cittadine a presidiare la zona acquitrinosa fra Chioggia e Padova, lì dove gli Scaligeri avevano costruito il castello delle saline, causa occasionale della guerra. A capo di questo esercito erano stati posti cinque capitani che si sarebbero succeduti di mese in mese: quinto fu designato il Canal. Durante il suo capitanato avvenne uno dei fatti militari più significativi di questo conflitto, che fu essenzialmente guerra di logoramento. Mentre l'esercito alleato teneva il campo a Bovolenta, le forze del C. assediarono il castello delle saline e, coadiuvate da tre provveditori e rinforzi giunti da Venezia, lo assalirono costringendolo ad arrendersi (22 nov. 1336). Nel febbraio 1339, conclusa la pace, il C., insieme con cinque nobiluomini, accompagnò Albertino Della Scala a Legnago.

La guerra segnò, con la sottomissione di Treviso, l'inizio del dominio veneto in terraferma: il C. dall'11 nov. 1337 fu il primo podestà veneziano di Serravalle; in seguito fu due volte podestà di Treviso.

La prima volta successe a Marino Faliero e rimase in carica dal 16 dic. 1339 al febbraio 1341 (non molto oltre il 13, poiché il 27 governava già il suo successore). Essendo allora tranquilla la situazione in Treviso, dovette quasi esclusivamente provvedere al recupero dei beni trevisani dispersi dalla guerra. Vi si opponevano naturalmente i nuovi possessori, i Collalto, Filippa moglie del veneziano Bertuccio Dolfin, il patriarca di Aquileia che aveva occupato alcuni castelli e villaggi. Ci furono inoltre contese di privati che chiedevano giustizia a Venezia; limitati i provvedimenti di ordine interno (un nuovo dazio, smobilitazione dell'esercito).

Poiché fu poi podestà di Treviso, è da ritenere che sia da identificare con il savio Pietro da Canal inviato in quella città nell'aprile 1339 per stabilire con il podestà le nuove tariffe daziarie, e con il savio che, in giugno, esaminò l'ambasciata che offriva la definitiva dedizione di Conegliano. È da ritenere pure che nel marzo, maggio e luglio 1341 sia stato fra i savi designati "pro factis Trevisane", che deliberarono anche sul recupero dei possessi di quel Comune.

Sembra esser stato altre due volte fra gli elettori del doge: nel novembre 1339 partecipò all'elezione di Bartolomeo Gradenigo, nel gennaio 1343 a quella di Andrea Dandolo, sempre che si tratti della medesima persona.

Dal 24 febbr. 1343 al 26 febbr. 1344 fu, per la seconda volta, podestà di Treviso. Non gli si presentarono particolari problemi, tranne che per il recupero dei beni caminesi, per i quali ebbe ordine di confisca (aprile). In agosto Venezia gli ordinò di demolire il castello di Treville, per i sospetti suscitati dalla nuova amicizia scaligero-carrarese. Circa allo scadere del suo mandato avvenne, 10 febbr. 1344, la dedizione formale di Treviso, che sanciva per Venezia il possesso giuridico della città. Il 18 febbraio il governo veneto annunciò al C. l'invio di un messo "ad intrandum tenutam et corporalem possessionem" e prescrisse di ricevere il giuramento di fedeltà dai Trevisani.

Anche Padova era entrata ormai nella sfera di influenza di Venezia: per venti anni cittadini veneziani si succedettero nell'ufficio di podestà; lo stesso C. nel 1345 fu scelto da Iacopo da Carrara come successore di un altro podestà veneziano. Avrebbe dovuto entrare in carica il 1º ottobre, ma non fu possibile perché, gli fu affidato il comando della flotta veneziana sotto Zara.

Zara per le sue rivendicazioni di autonomia aveva cercato appoggio presso Ludovico di Ungheria (maggio 1345). Era quindi necessario assicurare la giurisdizione veneta sulla città, che con i suoi aperti sentimenti di ribellione rendeva più pericolose le aspirazioni ungheresi sulla Dalmazia. La Repubblica mandò perciò a Zara una flotta al comando del C.: si parlava di provvedimenti difensivi, ma in effetti il C. il 12 agosto bloccò il porto e il 13, rivelando le vere direttive della sua missione, ordinò alla città di abbattere le mura, ricevere un presidio veneziano, accogliere un conte nominato da Venezia. Gli Zaratini non potevano accettare e si ribellarono (è la settima ribellione al dominio veneziano). Il 16 agosto iniziò l'assedio.

Il C. rimase capitano generale delle forze di mare fino a metà dicembre 1341 tenendo il blocco a Zara, attaccando le isole vicine, ripetendo gli assalti, alla città (il 2 dicembre le forze di mare conquistarono San Damiano). La successione fu complicata, essendo stato scelto Marino Faliero (novembre) e poi, annullata tale elezione, Pietro Civran (3 dicembre), sostituito da Marino Faliero (14 genn. 1346).

Il C. non era ancora rientrato con la sua flotta quando il 1º gennaio fu nominato capitano di terra a Zara. La carica era stata affidata il 31 novembre al Faliero, ma non pare che questi avesse mai raggiunto Zara; in gennaio infatti era ancora capitano di terra Marco Giustinian. Il C. non partì subito, anzi il 2 gennaio fu nominato insieme con il Faliero savio sulle cose di Zara; solo l'11 febbraio si preparava a raggiungere la città con le galee del Faliero.

In maggio giunse in aiuto degli Zaratini il re d'Ungheria, che il 1º luglio attaccò la bastita dei Veneziani, ma fu sconfitto e lasciò la costa dalmata. Le forze veneziane furono ridotte, i comandanti sostituiti. Al C. successe nel capitanato di terra Marco Giustinian che, nominato in luglio, partì solo ai primi di settembre; il predecessore doveva attenderne l'arrivo.

Il 25 novembre Zara capitolò, la crisi fu arrestata; Venezia doveva ora concludere l'accordo con il re d'Ungheria.

In questa occasione il C., secondo il Barbaro, prese i gigli dell'arma dall'insegna dei nobili Mataffari zaratini.

I documenti ufficiali riportano altre notizie che potrebbero riferirsi al Canal. Con qualche probabilità egli nell'anno 1333fino al marzo del 1334, fupodestà di Capodistria; nel 1335 (gennaio) poneva "parte" (cioè proponeva una deliberazione) in Senato per una ambasciata a Costantinopoli; nel 1336 (dicembre) fusavio sulla navigazione, sull'armata del Golfo e sul problema turco; nel 1337 (marzo) savio per una richiesta di risarcimento a re Roberto. Nel 1339 (gennaio-marzo e agosto) fu savio "super facto tregue imperatoris Costantinopolis"; in maggio savio su una faccenda riguardante il conte d'Arbe. Nel 1341, maggio e giugno, poneva "parte" in Senato; il 17 luglio fudesignato ambasciatore a Costantinopolì dove rimase fino al luglio dell'anno successivo, stipulando in marzo la tregua. Il 1º luglio 1344 si preparava a raggiungere Capodistria, quale podestà.

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