CANDIANO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANDIANO, Pietro

Margherita Giuliana Bertolini

Primo doge di Venezia di tale nome, ebbe un governo brevissimo (solo cinque mesi, dal 17 aprile al 18 sett. 887), ma assai significativo per la storia del ducato veneziano, sia sul piano della sua vita interna, sociale e istituzionale, sia su quello della sua vita esterna. Il C., infatti, fu designato al ducato, vivente ancora il predecessore Giovanni (II) (la tradizione lo vuole un Partecipazio, ma v. Cessi, Venezia ducale, I, p. 256 n. 1), non dal doge stesso, detentore dell'esercizio della sovranità, come era stata fino a quel momento la prassi mediante l'istituto della coreggenza, ma dai Venetici che "Petrum... cognomento Candianum" "ducem sibi constituerunt" (Cronaca... diacono Giovanni, p. 128). Essi lasciarono a Giovanni il compito, che non poteva essere demandato ad altri, di trasmettere al loro prescelto le insegne del potere ("spatam, fustem ac sellam") e di legittimare quindi ("eumque sibi successorem constituens") un atto in realtà rivoluzionario, anche se non modificante la "sovranità" del potere del doge (vedi per quest'ultimo concetto e per il significato e le conseguenze della nuova procedura adottata, in contrasto col Cessi, Pertusi, pp. 4 s., 65 s.; per il Pertusi, pp. 81-83, 97-107, le insegne ricordate da Giovanni diacono hanno una origine bizantina).

Il populus da questo momento non sarà più semplice adstans, chiamato ad una funzione passiva di fronte ad alcuni momenti decisivi della vita interna veneziana (elezione dei nuovi dogi, loro deposizione, revoca di bandi, repressione di usurpatori); anzi, alla morte del C., e per la sua successione, assumerà anche in linea di diritto quel ruolo che aveva tenuto in linea di fatto in occasione della scelta di quello: l'ancora vivente doge Giovanni "licentiam populo dedit ut constitueret sibi ducem quem vellet" (Cronaca... diacono Giovanni, p. 129; per la composizione dell'assemblea popolare, vedi Cessi, Politica, pp. 109ss., e Venezia ducale, I, pp. 294-298; e Pertusi, pp. 66, 70).

L'emergere ai vertici del ducato della famiglia Candiano, nuova anche se non sconosciuta nella vita politica lagunare (è certo appartenente alla stessa famiglia quel Pietro Candiano che partecipò all'uccisione del doge Pietro nell'864 e che fu per questo esiliato), e il modo con cui emerse sono segno del complesso sviluppo sociale ed economico svoltosi a Venezia dalla seconda metà del sec. IX, a cui solo lentamente corrispondeva un adeguamento delle strutture istituzionali e amministrative. Questo sviluppo da una parte finì con l'imporre nuove figure e nuove famiglie, fossero esse eredi di una vecchia aristocrazia terriera trasformatasi in commerciante e mercantile (Hartmann, Kretschmayr), o fossero rappresentanti della nuova aristocrazia mercantile oppositrice della prima (Cessi; ma vedi anche Luzzatto); dall'altra creò uno strumento istituzionale nuovo, rispondente alla nuova realtà economica e sociale: i Candiano, che domineranno la vita del ducato praticamente dagli anni trenta del X sec. fino quasi al suo termine, cercheranno dapprima di strumentalizzare, poi di dominare, il populus; ma la fine tragica dell'ultimo di loro dimostrerà quanto il tessuto sociale-economico veneziano fosse ostile a un ordinamento diverso da quello che, simbolicamente, si era espresso con l'elezione del primo dei Candiano: "dux et populus".

La morte precoce impedì al nuovo doge lo sviluppo, o anche semplicemente l'indicazione, di eventuali programmi di politica interna, ma ci mostra tuttavia la direzione in cui assai probabilmente avrebbe orientato i suoi sforzi per quanto riguarda la difesa degli interessi veneziani all'esterno: l'eliminazione della minaccia delle generationes Sclavorum, ed in particolare dei Narentani. Questi ultimi, stabilitisi lungo la costa dalinata, con la loro attività corsara minacciavano infatti la sicurezza della navigazione adriatica, che era vitale per i commerci che intrattenevano i Veneziani lungo le coste dirimpettaie. Ben due furono le spedizioni organizzate dal C. contro i Narentani: la prima tornò a Venezia senza aver raggiunto i suoi scopi; della seconda si pose a capo lo stesso doge nell'agosto 887, uscendo in mare con dodici navi ed approdando sulla costa dalmata all'altezza di Macarsca: la breve battaglia terrestre, che seguì il 18 settembre, ebbe esito negativo per i Veneziani, che lasciarono sul campo il loro doge.

La grave sconfitta subita in questa occasione da Venezia non fu senza conseguenze sull'atteggiamento da essa successivamente assunto verso gli Slavi che dominavano la costa dalmata; non si hanno infatti più notizie di veri e propri tentativi armati nel medio e basso Adriatico fino alla spedizione di Pietro Orseolo (II) dell'anno 1000, e poiché certamente sussistettero per tutto il X secolo i traffici veneziani in questa zona, bisogna pensare che Venezia abbia preferito garantirsi la sicurezza e la libertà di cui aveva bisogno nell'Adriatico mediante accordi diretti con le tribù slave stesse e il pagamento di tributi (cfr. Sestan).

Al momento della morte il C. aveva quarantacinque anni. Il suo corpo, sottratto agli Slavi, venne inumato nell'atrio della basilica di Grado.

Fonti e Bibl.: La cronaca veneziana del diacono Giovanni, a cura di G. Monticolo, in Cronache venez. antichissime, I, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, IX, pp. 128 s.; L. M. Hartmann, Die wirtschaftliche Anfänge Venedigs, in Vierteljarsschrift für Sozial. und Wirtschaftsgeschichte, II (1904), pp. 434-442; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, I, Gotha 1905, ad Indicem;G.Luzzatto, Les activités économiques du patriciat vénitien (Xe-XIVe siècles), in Studi di storia economica veneziana, Padova 1954, pp. 125 27; G. Praga, Storia di Dalmazia, Padova 1954, pp. 50 s.; R. Cessi, Politica, economia e religione, in Storia di Venezia, II, Venezia 1958, pp. 186, 188 s.;Id., Venezia ducale, I, Duca e popolo, Venezia 1963, pp. 256 n. 1, 288-293; E. Sestan, La conquista veneziana della Dalmazia, in La Venezia del Mille, Firenze 1965, pp. 91, 96 s.; A. Pertusi, Quaedam regalia insigna. Ricerche sulle insegne del potere ducale a Venezia durante il Medioevo, in Studi veneziani, XII (1966), pp. 4 s., 65 s.

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