COSSALI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSSALI, Pietro

Ugo Baldini

Nacque a Verona il 29 giugno 1748 dal conte Benassù e dalla contessa Laura Malmignati. Mancano notizie di rilievo sui primi anni di vita; convittore nel locale collegio gesuitico, vi compì gli studi con esito brillante, e già allora si manifestò in lui un preciso interesse per la filosofia e le discipline matematiche, pur nei limiti propri della didattica gesuitica, particolarmente dovuti al persistere dell'inquadramento metafisico aristotelico. La Compagnia di Gesù lo attrasse al punto che egli iniziò il noviziato, ma presto mutò idea, rientrando nella casa paterna: i contemporanei parlarono di insofferenza o di danni alla sua salute dovuti alla rigida disciplina dell'Ordine. In famiglia il C. proseguì privatamente gli studi, particolarmente con un religioso della congregazione teatina con il quale studiò a fondo Newton, Łocke e soprattutto Wolff, di cui apprezzò la sistematicità e il tentativo di fusione intima di cosmologia, metafisica e calcolo; al termine di questo lavoro, appena diciottenne, secondo l'uso dell'epoca, sostenne a Verona una discussione pubblica su diverse tesi scientifiche e filosofiche. con ottimo esito. Forse fu dovuta all'influenza del suo maestro la decisione di farsi anch'egli teatino (divenne chierico regolare a Milano, nel febbraio 1768); anche taluni caratteri della sua fisionomia intellettuale successiva, discretamente aperta a temi filosofici e ideologici nuovi pur in una rigorosa ortodossia cattolica, sono da avvicinarsi alla tradizione di Ordini religiosi educativi e umanitari come scolopi, barnabiti e - appunto - teatini, meno rigidamente ancorati a pregiudiziali metafisiche rispetto ai gesuiti.

Il C. dovette farsi presto notare, se già attorno al 1770 gli fu offerta una lettura di diritto canonico all'università di Padova; egli però la rifiutò, pare per concentrarsi negli studi scientifici. Dopo i voti, il suo Ordine l'inviò a Padova come predicatore: appartiene a questo periodo il Panegirico in onore della beata Beatrice di Este (Padova 1773), che più che per la rievocazione di eventi di storia monastica è utile come indice delle tendenze stilistiche del C. - evidenti anche negli scritti scietifici - quali la ridondanza ed una ricerca talora scoperta dell'effetto. Affine al precedente è un altro panegirico, quello della Vergine della porta di Guastalla (Panegirico di Maria Vergine... sotto il titolo della Porta in Guastalla, Parma 1793), mentre sono di tono intermedio tra devoto e scientifico successivi scritti di cronologia come la Lettera... all'avv. L. Bramieri sulla quistione, se l'anno denominato 1800sia l'ultimo del secolo XVIII, o il primo del XIX (in Lettere sopra vario argomento utile e dilettevole, s. l.né a. [ma Parma 1801], pp. 14-22), Su la celebrazione della Pasqua del corrente anno 1802 (Parma s. a., ristampato a Firenze nel 1804), Sul giorno... della Pasqua nell'anno venturo 1805, Parma 1804.

Dal 1778 il C. tornò stabilmente a Verona, dove fu tra i promotori d'una accademia privata e si pose in luce come matematico e fisico competente, affiancandosi alla maggior figura scientifica allora operante nella città, quella di A. M. Lorgna, direttore della scuola militare. Il primo scritto scientifico noto del C. (anche se preceduto da un opuscoletto sulla trattazione di Cardano dell'equazione di terzo grado, Particularis methodi de cubicarum aequationum solutione..., apparso a Venezia nel 1779 con dedica all'ammiraglio A. Emo), è la risposta ad un quesito del 1781 dell'Accademia di Padova (Dissertazione di una assoluta dimostrazione della irreducibilità del binomio cubico, Verona 1782), ma ebbero maggior risonanza quattro Lettere apologetiche critiche stampate nel periodico Progressi dello spirito umano nelle scienze e nelle arti (IV [1783], pp. 113-116, 160-163, 172-176., 429-432) in polemica con un analista noto come G. B. Nicolai; a questa fase appartiene anche il saggio Limite comunemente non avvertito della consueta regola di doppia falsa posizione, negli Opuscoliscelti sulle scienze e sulle arti, VIII, Milano 1785, pp. 73-87, e soprattutto il volumetto Su l'equilibrio esterno ed interno nelle macchine aerostatiche (Verona 1784).

Quest'ultimo è dedicato al matematico trevigiano G. Riccati, col quale il C. si dice in corrispondenza da anni. Se sul piano storico generale lo scritto non è che uno dei molti documenti dell'immediata risonanza in Italia degli esperimenti dei Montgolfier, su quello tecnico è uno dei migliori tentativi in quegli anni d'impostare scientificamente la costruzione e manovra degli aerostati. Il C., uno dei primissimi in Italia a fare innalzare un pallone privo di equipaggio, sperimentato pubblicamente nell'arena di Verona tra 1783 e 1784. intende per "equilibrio esterno" il rapporto tra peso dell'aerostato e quello d'un pari volume d'aria, e per "interno" il rapporto tra pressione del gas e resistenza dell'involucro. Affronta così questioni di fisicochimica dei gas, considerando le ricerche del Cavendish ed altri sull'ossigeno, ed ha ben chiare le possibilità del nuovo mezzo, particolarmente per la ricerca fisica e meteorologica. Il volumetto circolò ampiamente e fu utilizzato da aeronauti del tardo '700, tra cui lo Zambeccari.

La notorietà, anche estera, di queste pubblicazioni spinse nel 1787 il duca Ferdinando di Borbone ad offrire al C. la cattedra di fisica teorica nell'università di Parma, mutata nel 1791 in quella di astronomia, meteorologia e idraulica. La fioritura culturale parmense dei secondo '700 aveva interessato anche l'università, e lo insegnamento scientifico era stato vitalizzato dalla lunga docenza di I. Belgrado; i progressi avevano però riguardato solo in piccola parte le dotazioni tecniche per la ricerca, rimaste piuttosto labili ed artigianali; il C. curò questo aspetto riutilizzando in parte la strumentazione astronomica del Belgrado, e potenziando l'osservatorio che questi aveva avviato. Una sua lettera del 1791 a B. Oriani mostra le cure che ebbe in questa direzione, e le sue ricerche si concretarono in sette volumi di effemeridi astronomiche annue (Effemeride astronomica per l'anno..., Parma 1791 e seguenti) pubblicati fino al 1804 con saggi introduttivi su temi d'astronomia generale. Altri scritti di questa fase furono le Apparenze del solare eclissi del 3 apr. 1791, Parma 1791, il Discorso... astronomico su l'eclissi del 1800 (Parma s. d.) ed il Prenuncio... sull'eclissi dell'11febbr. 1804, Venezia 1804. Il C. ottenne anche dal governo un aiuto finanziario per osservazioni su pianeti che effettuò a Milano, nell'osservatorio di Brera, e per l'istallazione d'un osservatorio meteorologico nella casa parmense dei teatini, nel quale effettuò registrazioni sistematiche pluriennali che non riuscirà mai, malgrado l'intento, a pubblicare. La documentazione sul periodo parmense del C. è scarna, tanto in relazione agli avvenimenti esteriori; quanto in rapporto al processo di formazione dei suoi interessi di ricerca e della sua intera fisionomia ideologico-filosofica; perciò non si è in grado di ricostruire geneticamente l'aspetto più rilevante del suo lavoro, che non è quello di ricercatore matematico-fisico ma di storico della matematica. Il C. storico emerge quasi d'un tratto nell'opera sua maggiore: Origine, trasporto in Italia, primi progressi in essa dell'algebra. Storia critica di nuove disquisizioni analitiche e metafisiche arricchita (2 voll., Parma 1797-99) anticipata nel 1794 da una breve memoria sull'argomento inviata all'Accademia di Mantova e conservata inedita nell'Archivio dell'Accademia (cart. 60, fasc. 2); un'analisi della tematica e delle metodiche di quest'opera consente comunque di tracciare, se non una vera biografia intellettuale dell'autore, almeno certe connessioni tra il suo lavoro, temi circolanti nell'ambiente scientifico emiliano-veneto e certi caratteri della storiografia e filosofia della matematica europee del periodo.

Un ruolo notevole nel destare l'interesse dei C. verso la problematica dell'opera ebbe la lettura della Histoire des mathematiques del Montucla (2 voll., Paris 1758), testo principe della storiografia matematica dell'illuminismo ampiamente circolante nell'Italia settentrionale, di cui il C. fa quasi un punto costante di riferimento critico. Mentre lo storico francese, pur ricostruendo con scrupolo ed ampi riconoscimenti il contributo dei matematici italiani del tardo Medioevo e della prima età moderna, non valutava molto la loro originalità rispetto alla matematica classica ed araba, e sottolineava lo stacco concettuale tra l'algebra italiana del '400-'500 e gli sviluppi all'estero dal Viète all'analisi, il C. costruì la sua interpretazione con lo scopo di ribaltare tali valutazioni e di mostrare nei matematici del Rinascimento italiano l'emergere di alcuni presupposti della rivoluzione matematica del Sei-Settecento (in una sorta di parallelismo con quanto si stava facendo per la fisica di Galileo da parte di Targioni Tozzetti, Fabroni e Frisi). Nel lavoro è quindi frequente un fine "rivendicativo", d'altronde ampiamente condiviso nella comunità scientifica italiana del secondo '700, tanto da essere criterio ispirativo neppure molto implicito di iniziative quali la formazione della Società italiana delle scienze, cui il C. apparterrà. Il contributo, sia documentario sia analitico, dell'opera è particolarmente notevole per i secoli dal XIII al XVI, fino a Tartaglia e Cardano, mentre il periodo 1550-1750 è quasi omesso, salvo riferimenti episodici; nella sostanza ciò equivale ad un riconoscimento (rimasto però del tutto implicito) dello stacco tra Italia e alcune altre nazioni emerso nelle discipline di calcolo dal tardo '500, e quindi della non arbitrarietà, nei tratti generali, del quadro del Montucia. In passato si è discusso su quanto il C. abbia lavorato direttamente sui codici per il periodo dal Fibonacci al Pacioli; sue lettere e scritti inediti, pubblicati nel 1857 dal Boncompagni, e più recentemente certe analisi dei Bortolotti hanno mostrato che già attorno al 1790 egli assumeva informazioni su codici tramite vari corrispondenti, lavorando poi direttamente a Firenze su un codice del Fibonacci. Perciò non si possono negare alla Storia critica uno scrupolo documentario e uno sforzo d'analisi notevolissimi per l'epoca, anche se intesi in misura e modo allora concepibili; tali misura e modo fanno si che la ricostruzione dei C. sia eminentemente testuale, limitata ai caratteri concettuali dei singoli lavori più rilevanti, mentre restano in ombra non solo i nessi sociali delle scoperte e delle applicazioni, ma anche l'assetto didattico ed il tono medio della cultura algebrica e le sue finalità. Inoltre il quadro di autori e testi è ristretto rispetto a quello oggi disponibile, e si danno talora salti tra autori distanti anche secoli.

Quanto alla sostanza interpretativa, il contributo più notevole del C. sta nel tentativo di determinare esattamente le nóvità introdotte dalla matematica italiana del Medioevo rispetto all'algebra greca ed araba, e gli spunti in autori del '400-'500, come Pacioli, Tartaglia o Cardano, verso una unione più stretta di procedure algebriche e geometriche, che il C. vede come prefigurazione degli assunti a base della geometria analitica. In ambedue i settori egli attribuì eccessivo significato a certi accenni, ma alcune sue tesi corressero significativamente i precedenti stereotipi interpretativi, delineandone altri che per molti aspetti hanno costituito il programma di lavoro della storiografia matematica italiana tra '800 e '900.

Una ambientazione storica adeguata del lavoro del C. richiede attenzione per certe sue modalità di analisi. Egli non mira tanto a ricostruire il discorso d'un autore o d'un testo nella loro concreta e determinata forma storica, quanto piuttosto esamina il reticolo logico in cui quel discorso si colloca, considerato alla luce della notazione e dei risultati disponibili nel '700, valutando quindi in quale misura l'autore avesse saputo progredire. Ciò induce il C. a caricare di valori anticipativi anche spunti ben delimitati e quindi il suo esame sviluppa il dato testuale lungo linee logiche amplissime, talvolta dando luogo quasi ad un discorso teorico a semplice motivazione storica; da ciò l'origine dei frequenti rilievi circa una prolissità della Storia, anche se questi sono dovuti in parte alla ridondanza e non perspicuità stilistica già osservata negli scritti religiosi (per una formulazione dello ideale storiografico del C. si vedano gli Scritti inediti curati dal Boncompagni, p. 317). I caratteri ora descritti non sono difetti da rilevare astoricamente, ma conseguirono da un tentativo audace e faticoso di unire, all'approccio cronologico-filologico, uno ermeneutico evidenziante nessi argomentativi profondi. Il tentativo era una risposta storica al problema eminentemente teorico della fondatezza e coerenza della nuova algebra e dell'analisi, fattosi acuto nel '700 tanto da avere una storia illustre, da Wolff a Lambert a Carnot e, in Italia, a V. Brunacci ed altri (lo stesso C. contribuirà a questa problematica col successivo saggio Metafisica delle equazioni, nei Nuovi saggi dell'Acc. di Padova, I [1817], p. 159). Ciò che è peculiare alla Origine e la convivenza dei due tipi d'approccio, non sempre ben risolta, soprattutto per la vastità e complessità dell'assunto; l'opera e comunque uno dei capolavori della st ria del a scienza nel '700, oggi ancora utile né s ituita quanto al suo intero arco cronologico.

A Parma il C. s'impose tra le personalità culturali più in vista, e fu vicino alla stessa famiglia ducale e in particolare al principe ereditario Ludovico, che in una lettera allo Spallanzani l'indicò come ispiratore di suoi esperimenti volti a smentire le tesi del naturalista sull'orientamento dei pipistrelli (un sonetto del C. al principe è a Guastalla, Bibl. Maldottiana, Fondo provenienze varie, ms. 39); inoltre il C. fu consulente governativo per questioni idrauliche., e arbitro in vertenze analoghe tra famiglie parmensi. Nel costruire una notevole trama di rapporti, diretti ed epistolari, egli fu agevolato da una certa disposizione mondana, cui si può connettere anche una sua modesta attività letteraria, che, se non fu solo occasionale, si alimentò per lo più di occasioni celebrative ed encomiastiche; arcade col nome di Uranofilo Parmisio, dopo alcuni componimenti poetici dedicati alla nobildonna Lodovica Ghirardini (Verona 1781) scrisse sonetti dedicati in parte ad un'altra arcade, la contessa Silvia Curtoni Verza (Ritratti d'alcuni illustri amici di S. Curtoni Verza, in Arcadia Flaminda Caritea, Verona 1807, pp. 27-30; Sonetti dedicati alla nobil signora contessa Curtoni Verza, Padova 1811), in parte ad una sorella (Sonetti VII ad Anna Cecilia sua sorella monaca, s. l. né d.). L'interesse letterario, d'altronde evidente nell'impasto stesso della sua prosa, è confermato anche dalla Lettera scritta dagli Elisi da Vincenzo Tonani ad un letterato parmigiano, apparsa anonima nelle citate Lettere sopra vario argomento (pp. 3-13), ma che gli fu concordemente attribuita; fonti contemporanee ricordano poi scritti oggi dimenticati, come delle osservazioni sugli Asolani del Bembo ed una lettera al Pindemonte sul bello artistico (una lettera del Pindemonte al C. fu pubblicata da C. Carattoni in Nove lettere del cav. I. Pindemonte, Verona 1869), mentre hanno carattere occasionale i sonetti Per le beneaugurate nozze del Nobil Sig. D. G, C. Grossardi, ed il Sonetto per esercitazione matematica, editi senza indicazione di luogo e di data.

Il tratto mondano e conversevole di C. coesisté tuttavia con una consapevolezza di sé facile a passare nell'irritazione polemica, tratto caratteriale su cui insistono tutte le testimonianze, che concordano però anche sulla sua sostanziale umanità e coerenza. L'inclinazione alla polemica spiega le diverse inimicizie del C. nel mondo accademico; oltre alla vertenzà già ricordata col Nicolai va menzionata quella col Lorgna, nata da aspri rilievi dei C. ad alcune sue procedure analitiche. Fondatore nel 1782 della Società italiana delle scienze, il Lorgna si opporrà a lungo all'ammissione del C., che diverrà membro solo nel 1793, pubblicando vari contributi nei volumi IX-XVIII delle Memorie della Società (su determinati tipi di equazioni; sulla tensione delle funi; sull'ipotesi dell'origine lunare di massi meteorici; sulle proprietà e costruzione dei barometri; sulla regola di doppia falsa posizione nel calcolo; sulla matematica delle transazioni commerciali). Il C. fu anche socio di molte delle principali accademie italiane: le Accademie delle scienze di Padova, Mantova, Torino, Napoli, la Società d'agricoltura di Verona, l'Accademia di religione cattolica di Roma e, nel periodo napoleonico, dal 1811 pensionario dell'Istituto italiano. A questo inserimento nella comunità scientifica fece riscontro la stima in cui il C. venne tenuto nel suo Ordine, dei quale fu superiore provinciale.

Nel 1805 le guerre d'Italia, che ebbero conseguenze politiche anche a Parma, spinsero infine il C. a tornare a Verona, dove si vide offrire la cattedra di introduzione al calcolo sublime nel locale liceo e la sovrintendenza a canali, ponti e strade, mentre il governo austriaco ricorse a lui per consulenze idrauliche; proseguì anche la ricerca e le pubblicazioni scientifiche.

La produzione scientifica del C. è discretamente ampia. Oltre agli scritti già citati ed a quelli pubblicati nelle Memorie della Società italiana, si tratta in genere di brevi articoli, comunicazioni accademiche o saggi, per lo più di fisica e matematica applicate; il C. vi si mostra matematico abile e competente, ma non innovativo, e senz'altro non della statura delle figure più notevoli della matematica italiana del periodo. Il tratto più appariscente della sua attività è la varietà delle direzioni d'indagine, che se è sintomo forse di una incapacità ad operare stabilmente in un ambito definito, giovò ad arricchire la sua fisionomia intellettuale, tanto da renderlo atto a compiti di sintesi storiografica e culturale che scienziati più dotati di lui non seppero o vollero svolgere. Tra i lavori scientifici di questa fase, oltre a un trattatello sulle figure isoperimetre in appendice ad una edizione degli Elementi di Euclide (Verona 1805), andrà ricordato almeno quello Sul corso del fiume Po, apparso postumo nelle Memorie d. Istituto d. Regno Lombardo-Veneto, II, Milano 1821.

Sul piano personale il C. non sembra aver risentito dei contraccolpi politici dell'età napoleonica; servì prima gli Asburgo e, dopo l'annessione del Veneto nel Regno d'Italia, con decreto del 1806 fu nominato docente di calcolo sublime all'università di Padova e in seguito ispettore onorario di acque e strade e membro della commissione per la sistemazione del Brenta. A questa persistente fortuna contribuirono senza dubbio l'elusione di una precisa scelta ideologica e una duttile propensione encomiastica. In scritti degli anni padovani s'incontrano elogi al Bonaparte che suonano eccessivi e strumentali: egli s'incaricherà inoltre di celebrare a nome dell'intero corpo accademico padovano la nascita del re di Roma (Festeggiandosi nella R. Univ. di Padova il nascimento del re di Roma, sonetti recitati a mensa da P. C., Padova 1811). Ma resistette alle pressioni ricevute per un coinvolgimento filofrancese più diretto, nonostante promesse di ampi riconoscimenti, e tenne fermo al suo stato religioso e al suo cattolicesimo: quest'ultimo, alieno da aperture illuministiche, appare comunque motivato più fideisticamente che su base metafisico-dogmatica, e perciò sufficientemente duttile per consentirgli atteggiamenti non pregiudiziali verso l'esperienza storica e scientifica del periodo. Negli anni padovani il C. fu quasi l'oratore ufficioso del corpo accademico in occasione della commemorazione di personalità filosofiche e scientifiche illustri (Elogio di J. Stellini professore d'etica nella Univ. di Padova, Padova 1811; Elogio di G. Poleni, ibid. 1813; Elogio di L. Lagrange, ibid. 1813).

Per la loro stessa origine e destinazione, questi elogi differiscono nettamente dall'opera storica maggiore; l'approccio logico-ermeneutico è sostituito da uno descrittivo-biografico, pur con squarci d'analisi concettuale per gli aspetti più rilevanti. Ampiamente letti e citati in tutto il primo '800, essi agirono in certo modo da tramite tra le testimonianze settecentesche e lo sviluppo d'una storia critica della scienza in età positivistica. In particolare l'elogio dello Stellini, che espone diffusamente le sue idee etiche e religiose, documenta certi atteggiamenti di fondo dello stesso C.: ostile al sensismo psicologico e gnoseologico, egli è invece attento al tentativo stelliniano di armonizzare la "storia naturale delle religioni" d'impianto illuministico con la tesi cattolica tradizionale dell'origine divina dell'idea religiosa nei popoli.

Il C. morì a Padova il 20 dic. 1815.

Fonti e Bibl.: Notizie biografiche su C. si trovano in inediti Cenni necrologici intorno a vari membri del R. Istituto Italiano 1812-1826, a Pavia, Bibl. universitaria, ms. 440, sub nomine. Il C. lasciò all'allievo Floriano Pasetti la parte scientifica della sua biblioteca e diversi inediti scientifici, con l'incarico di fare copia dei migliori e trasmetterli alla biblioteca dell'università di Padova. Questa disposizione però non fu realizzata, ed è probabile che quegli scritti, assieme al carteggio e ad altri inediti, particolarmente storici, passassero in possesso della famiglia. Tra essi B. Boncompagni selezionò poi alcuni saggi di storia della matematica, in parte preparatori, in parte complementari all'opera maggiore (Scritti ined. del p. P. Cossali chierico regol. teatino, Roma 1857); gran parte o la totalità di questo materiale e dell'importante carteggio è confluito in seguito nella Biblioteca civica di Verona (mss. 1512, 1-37). Diverse lettere del C. a G. A. Slop si trovano nel carteggio di questo nella Bibl. univ. di Pisa (ms. 165). Altre sue o a lui dirette sono state pubblicate, oltre che dal Boncompagni (Scritti inediti, pp. 408-10), in Lettere ined. d'illustri italiani, Milano 1835, pp. 148 s.; nelle Lettere di vari illustri Italiani del sec. XVIII e XIX a' loro amici, Reggio Emilia 1841, I, pp. 231 s.; V, p. 23; nelle Memorie e documenti per la storia d. Università di Pavia, II, Pavia 1878, p. 77 (ma cenni sul C. sono anche alle pp. 352, 358, 364, 451); e da G. Biadego, Lettere di A. Volta ai veronesi P. C. e A. M. Lorgna, Verona 1899 (cfr. anche A. Volta, Epistolario, a cura di F. Massardi, IV, Bologna 1953, pp. 293 s., 352-355). Nei citati Scritti inediti, alle pp. IV-XVI, il Boncompagni fornì una bibliografia esaustiva degli scritti sul C. fino al 1855 circa. Si indicano perciò qui solo i contributi posteriori: G. Boffito, Ilvolo in Italia, Firenze 1921, pp. 196 ss., 242 s.; Id., Biblioteca aeronautica ital. illustrata, Firenze 1929, I, p. 132; A. Favaro, Saggio di bibliografia dello Studio di Padova, I, in Misc. di storia veneta, s. 3, XVI (1922), pp. 329, 332; M. Cantor, Vorlesungen über Gesch. der Mathematik, IV, Leipzig-Berlin 1924, p. 23; E. Bortolotti, P. C. e i codici di Leonardo Pisano, in Periodico di matematiche, X (1930), 10, pp. 89-91; A. M. Lorgna. Memorie pubblicate nel secondo centenario della nascita, Verona 1937, ad Indicem.

CATEGORIE
TAG

Osservatorio di brera

Ferdinando di borbone

Geometria analitica

Diritto canonico

Regno d'italia