EMO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 42 (1993)

EMO, Pietro

Giuseppe Gullino

Nacque a Venezia, probabilmente nel 1338, nella parrocchia di S. Marcuola, sestiere di Cannaregio. Ricco e prestigioso senatore il padre, Maffeo di Gabriele; quanto alla madre, l'indicazione più attendibile è fornita dal Rumor, che basandosi su archivi privati suggerisce di identificarla in Elena Zen.

Della sua vita sappiamo praticamente quanto coincide con l'attività politica, ad eccezione del matrimonio con Ginevra Corner, avvenuto prima del 1373, quando nacque il primogenito Giovanni; secondo quanto si ricava dal testamento, steso nell'aprile del 1405, ebbe anche Anna e Filippo, il quale tuttavia mori in giovane età.

Entrato a far parte del Senato sin dall'ottobre del 1365, il 5 marzo dell'anno successivo era eletto savio sopra il Levante: in pratica, diventava responsabile della sicurezza dei traffici marittimi nel Mediterraneo orientale; rifiutò quindi la nomina a giudice del Procurator (9 marzo 1367), preferendo optare, un mese dopo, per quella a podestà di Pirano, e fu probabilmente a motivo della sua conoscenza della regione che quando Trieste si ribellò, nel 1368, alzando le insegne dei duchi d'Austria, egli venne chiamato a far parte di una commissione incaricata "di ritrovar soldati da cavallo, et da piedi per mandar in Istria" (Caroldo).

Dopo alcuni anni di silenzio, le fonti ripropongono il suo nome nell'ambito di una missione puramente diplomatica: nel marzo del 1374 fu a Bologna, insieme con Daniele Corner, per recare il saluto della Repubblica a Guglielmo Noellet, cardinale di S. Croce, legato in Italia del pontefice Gregorio XI.

Divenuto podestà e capitano a Treviso nel 1375, la primavera dell'anno successivo si trovò a fronteggiare l'offensiva dei duca Leopoldo d'Austria, alleato dei Carraresi; penetrati nel Veneto dalla stretta di Quero, 3.000 o 4.000 Tedeschi si spinsero fin sotto le mura della città, ma l'energica reazione dell'E. (che nella circostanza seppe utilmente valersi di un nuovo tipo di artiglierie, dette "bombardelle") li costrinse a ripiegare; nominato nell'agosto provveditore in campo accanto al capitano generale Giacomo Cavalli, fu inviato a Conegliano con circa 500 uomini, con i quali passò all'offensiva, devastando il Feltrino ed il Bellunese, le cui popolazioni avevano cooperato con le truppe dei duca.

"Nell'arte militare valorosissimo e peritissimo …, poiché nato e vissuto nelle guerre": cosi il Priuli a proposito dell'E., il quale infatti, poco dopo l'esperienza consumata nella fascia prealpina, fu chiamato ad altra più difficile prova, dal momento che il quarto conflitto con i Genovesi lo coinvolse proprio nel suo epicentro. Era podestà a Chioggia quando la città venne assediata dalle forze collegate dei Liguri e dei Padovani loro alleati: dopo aver saccheggiato le coste istriane, le galere di Pietro Doria avevano incendiato Pellestrina ed erano sbarcate a Chioggia. Per interrompere i contatti fra i reparti nemici, il 7 ag. 1379 l'E. fece occupare alcuni mulini sulla foce del Brenta, ma il tentativo si rivelò inutile, e pochi giorni dopo (11-12 agosto) le milizie di Pietro Doria e di Francesco da Carrara davano l'assalto alla città, conquistando parte del ponte, che però rimase in mano dei Veneziani grazie ad una sortita dell'E. ed alla sua decisione di bruciare le navi poste sul canale in prossimità del forte. Chioggia dunque non era caduta, ma il podestà sapeva bene che la salvezza dipendeva da un celere invio di soccorsi e il 13 agosto riusci a far pervenire al Collegio un messaggero con precise istruzioni. Leonardo Dandolo e Domenico Michiel si mossero subito con cinquanta barche, ma non giunsero in tempo a forzare il blocco dell'assedio: il 16 agosto i collegati sferravano l'assalto generale e, attraverso il ponte di S. Domenico, riuscivano infine a penetrare nella città.

Le fonti concordemente sottolineano il coraggio dimostrato dall'E., che continuò a battersi sino all'ultimo, finché venne fatto prigioniero, con la moglie ed i figli, dall'ungherese Gerardo di Nahtlor. Gli fu concesso di riscattarsi con il fortissimo esborso di 3.000 ducati, la qual cosa spiega forse l'accanimento con cui l'E., una volta libero, volle prendersi la rivincita: nominato consigliere ducale e cavaliere, il 13 genn. 1380 riconquistò Loreo, sottraendo al nemico il controllo delle vie d'acqua che collegavano l'Adige con il Po. Assunto di li a poco l'incarico di provveditore al Lido, il 4 febbraio riusci a sedare un violento contrasto scoppiato fra le truppe; ancora, in giugno collaborò a reprimere un più vasto tumulto aizzato nell'esercito ad opera dei Genovesi, ormai a loro volta assediati e ridotti alla fame; poi, recuperata Chioggia, l'E. fu impegnato a liquidare l'ultima resistenza dei Carraresi, e verso la fine dell'anno, in dicembre, si batté a Noale e sotto Castelfranco, questa volta però senza troppa fortuna.

Gli avvenimenti che seguirono lo videro occupato soprattutto sul piano politico-diplomatico: come procuratore del doge partecipò nel giugno '81 alla restituzione di Ceneda e di Treviso a Leopoldo d'Austria, ed in settembre versò 150.000 fiorini d'oro al Comune di Firenze, quale pegno per la consegna dell'isola di Tenedo al conte di Savoia, secondo gli accordi di Torino; ancora, nel giugno 1382 fu tra gli elettori del doge Michele Morosini, e nel novembre 1382 di Antonio Venier. Nel frattempo si era recato a Genova, insieme con Leonardo Dandolo, per proporre un compromesso sulla complessa questione del Tenedo: le commissioni (4 giugno 1383) prevedevano più soluzioni, ma i Veneziani avrebbero dovuto insistere soprattutto sulla disponibilità della Repubblica a smantellare le fortificazioni dell'isola, pur di conservarne la sovranità; su questo punto gli ambasciatori riuscirono nell'intento, che fu sanzionato dall'udienza ducale del 13 agosto.

Rimpatriato, il 30 apr. 1384 venne eletto capitano a Candia, ma rifiutò, e nell'estate fece parte di una commissione per il rafforzamento delle strutture militari del porto di Chioggia. Nominato nuovamente capitano a Candia il 10 luglio 1385, questa volta dovette accettare, e rimase nell'isola sino agli inizi del 1387, occupandosi prevalentemente di portare avanti i restauri del palazzo ed il rifacimento del porto, le cui strutture ancora risentivano dei danneggiamenti subiti in occasione della rivolta dei coloni, di un ventennio prima.

Tornato a Venezia, il 1º ott. 1387 entrava nel Senato, l'anno successivo era savio del Consiglio e avogador di Comun; ricopriva quindi ancora una volta la carica di savio del Consiglio tra l'ottobre 1388 e l'aprile 1389; poi, nel marzo 1390, quando le relazioni tra Firenze e Milano erano giunte ad un punto di rottura, la Repubblica cercò di mediare la pace e l'E. fu inviato ambasciatore presso il Visconti. Segui un periodo di più contenuta attività: l'8 nov. 1391 risulta far parte di una commissione incaricata di promuovere una serie di provvedimenti per la salvaguardia della laguna, dopo di che ricompare solo nel febbraio 1397, allorché gli venne ordinato di recarsi a Genova, ancora a proposito del Tenedo: l'isola infatti era stata parzialmente riattivata come base navale, tuttavia, per fronteggiare Bāyazīd, la Repubblica doveva inviare ogni anno una decina di galere sugli stretti; compito dell'E. era dunque di convincere i Genovesi che solo un completo riarmo della piazzaforte avrebbe potuto contenere efficacemente la pressione turca, ma nonostante egli potesse disporre di solidi argomenti, non poté vincere la diffidenza dei Liguri. Dopo un breve soggiorno in patria, nella primavera del 1398 fu a Pavia, insieme col futuro doge Michele Steno, per stipulare una tregua decennale tra la Repubblica ed i suoi alleati, da un lato, e, dall'altro, Gian Galeazzo Visconti.

Anche nell'ultimo scorcio della vita gli incarichi si succedettero in rapida scansione: avogador di Comun nella primavera del 1400, ambasciatore al re dei Romani, Roberto di Baviera, nel novembre-dicembre 1401, podestà e capitano di Treviso nel 1402-1403, dove accolse la figlia del duca di Borgogna; testimone alla pacificazione con Genova il 22 marzo 1404, quindi provveditore in campo presso le truppe comandate da Pandolfò Malatesta nella guerra contro i Carraresi, nel corso dell'estate-autunno dello stesso anno. Ottenuto dagli Estensi lo scioglimento dell'alleanza con i Padovani, l'E. si recò per la terza volta a Genova (marzo 1405), per porre le basi di una convenzione relativa ai danni reciprocamente subiti e, nonostante l'opposizione del governatore francese, J. Le Maingre de Boucicault, l'intesa fu raggiunta; rimpatriato, nel luglio era presente alla cerimonia svoltasi in palazzo ducale per la solenne dedizione di Verona alla Repubblica, e poi riparti per la Liguria, dove a fine agosto riprendeva la delicata trattativa con il maresciallo di Francia, governatore della città.

E proprio qui ebbe termine la sua laboriosa esistenza, certamente prima dell'8 marzo 1406, giorno in cui il Senato deliberava l'elezione di un successore, "propter mortem viri nobilis s. Petri Aymo militis". Fu sepolto a Venezia, nel chiostro del monastero dei servi.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii…, III, pp. 393, 398; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, c. 5rv; Arch. di Stato di Venezia, Sezione notarile. Testamenti, b. 946/69. Per la carriera politica: Ibid., Segretario alle Voci. Misti, reg. 2, cc. 5r, 11v, 17r, 40r, 43v; reg. 3, cc. 6r, 29v, 35v, 39r, 46v; Ibid., Senato Deliberazioni Secreta, reg. R, cc. 4v-52v; reg. 3, c. 4v (sull'elezione del successore a Genova, decisa l'8 marzo 1406); Venezia, Bibl. nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 198 ( = 8383): Reggimenti, cc. 14r, 73v, 101r, 200r; cod. 66 ( = 7766): Cronaca Barbo, cc. 124v, 137v, 138v, 139v-140r, 141r; cod. 126 ( = 7442): Historia veneta, cc. 329v, 358r, 363r; cod. 127 ( = 8034); G. G. Caroldo, Historie venete, cc. 449v, 517r, 526r, 532v, 534v; M. Sanuto, Vitae ducuni Venetorum…, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXII, Mediolani 1733, coll. 677, 778, 785, 812, 823; G. Gatari-B. Gatari, Cronaca Carrarese, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVII, 1, a cura di A. Medin-G. Tolomei, pp. 177, 551; R. De Caresini, Chronica, ibid., XII, 2, a cura di E. Pastorello, pp. 36, 43, 48 s., 61 s.; I. Zeno, Vita Caroli Zeni, ibid., XIX, 6, a cura di G. Zonta, pp. 96, 114 s.; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, III, Venezia 1883, pp. 142, 144, 148 ss., 199, 211, 2515 s., 258, 271, 275, 295, 302 s., 308; D. di Chinazzo, Cronica de la guerra da Veneciani a Zenovesi, a cura di V. Lazzarini, Venezia 1958, pp. 51, 129, 152, 198; Règestes des déliberations du Sénat de Venise concernant la Romanie, a cura di F. Thiriet, I, Paris-La Haye 1958, pp. 157 s., 216 s. Cfr. inoltre M. A. Sabellico, Historiae rerum Venetarum…, in Degl'istorici delle cose veneziane…, I, 1, Venezia 1718, pp. 357, 381, 410, 421; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, VI, Venezia 1853, pp. 70 s., 80; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, III, Venezia 1853, pp. 250, 273, 275, 284, 291, 302, 329; P. M. Perret, Histoire des relations de la France avec Venise du XIIIe siècle à l'avènement de Charles VIII, I, Paris 1896, pp. 88, 93, 96 s.; R. Cessi, La politica veneziana di Terraferma dalla caduta dei Carraresi al lodo di Genova (1388-1392), in Mem. stor. forogiuliesi, V (1909), 2, p. 144; S. Rumor, Storia breve degli Emo, Vicenza s.d., pp. 59 ss., tav. I; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen-Age. Le développement et l'exploitation du domaine colonial vénetien (XIIe -XVe, siècles), Paris 1959, p. 364; A. Loredan, Venezia e i suoi eroi. Volume primo (dalle origini al 1431), Venezia 1970, pp. 259, 261, 274, 288; M. E. Mallett-J. R. Hale, The military organization of a Renaissance State. Venice c. 1400 to 1617, Cambridge 1984, p. 170; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica…, XCII, pp. 163, 166; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni…, I, p. 323.

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