FACCHETTI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FACCHETTI (Fachetti, Fachetto), Pietro

Antonella Ferri

Nacque a Mantova da Giacomo Antonio tra il 1535 e il 1539. Pittore e incisore, si formò nella città natale presso la bottega dei Costa. Intorno all'ottavo decennio del sec. XVI si trasferì definitivamente a Roma, ove visse fino alla morte operando al servizio dei pontefici e della nobiltà romana e curando in questa città gli acquisti di opere d'arte per il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga.

Presto entrò a far parte, in qualità di pittore, della cerchia degli accademici di S. Luca: tra il 1591 e il 1619 il suo nome ricorre più volte negli atti dell'Accademia e l'Alberti (1604) rende noto che il 3 luglio del 1594 il F. ebbe l'incarico di tenervi un discorso sui temi dell'"invenzione" e del "capriccio". Fu inoltre tra i membri della Congregazione dei Virtuosi del Pantheon (Noack).

La fama del F. come pittore è legata essenzialmente alla sua attività di ritrattista, copiosa secondo le fonti (Baglione, 1642; Orlandi, 1753), ma purtroppo priva di opere di accertata autografia. Un numero imprecisato di ritratti dell'artista si trovava in casa Spannocchi a Siena (Coddè, 1837) e in un inventario del 1835 è nominato un Ritratto di medico (oggi Siena, Pinacoteca nazionale), attribuito all'artista (Borghini, 1978). Altri cinque Ritratti di nobili Gonzaga (già collezione D'Ambras, oggi Vienna, Künsthistorisches Museum) sembrerebbero derivare da originali del F. (Giannantoni, 1937, pp. 35, 67 ss.). Il Longhi (1943; 1968) propone, con molte riserve, di assegnare alla mano del pittore mantovano due ritratti della collezione Corsini a Firenze, raffiguranti Francesco e Maffeo Barberini, già assegnati da L. Venturi al Caravaggio; mentre lo Zeri (1953) avanza l'ipotesi che le copie degli Imperatori dipinti da Tiziano conservate presso il Museo del palazzo ducale di Mantova (n. 275) possano essere opera sua (ma cfr. Tellini Perina, 1989). Il Luzio (1913, pp. 45 s.) ricorda ancora una copia del Ritratto di Giulia Farnese, richiesta al F. dal duca Francesco, succeduto nel 1612 sul trono di Mantova al padre Vincenzo I. In questi ritratti (alcuni dei quali attribuiti dubitativamente anche a Scipione Pulzone) la critica ha concordemente riconosciuto un forte influsso "pulzoniano" e elementi di "caravaggismo", componenti con le quali l'artista entrò in contatto durante il soggiorno romano.

Da una lettera del 12 luglio 1581 del cardinale F. Guastavillani al duca di Mantova, pubblicata dal Bertolotti 1885, p. 26), si viene a sapere che il F. era a Roma, impegnato nei palazzi vaticani. In anni successivi partecipò alla decorazione della nuova sala della Biblioteca vaticana, voluta da Sisto V, insieme con Cesare Nebbia, Giovanni Guerra, Ventura Salimbeni, Giovan Battista Ricci ed altri artisti. Un dipinto ad olio raffigurante Sisto V in atto di ricevere da Domenico Fontana la pianta della biblioteca, ancor oggi visibile a destra della porta d'ingresso, gli è stato unanimemente attribuito dagli studiosi a partire dalla citazione coeva del Rocca (1591; cfr. Zanelli, 1857; Rufini, 1858; Hess, 1967, I, pp. 171 s.; II, p. 117 fig. 14). Il papa, seduto tra il giovane pronipote Michele Damasceni Peretti e i cardinali Alessandro Peretti Montalto e Antonio Carafa, è circondato da diversi personaggi, tutti ritratti con notevole abilità.

È stato inoltre ipotizzato (Hess, 1967, I, pp. 176 s.; II, pp. 126 fig. 30, 127 figg. 32 s.) un intervento del F. anche nella decorazione delle due sale Paoline, commissionata tra il 1611 e il 1613 da Paolo V a Giovan Battista Ricci e alla sua bottega.

Il programma decorativo comprendeva raffigurazioni di famose biblioteche antiche alternate ad imprese del pontefice. In base a raffronti stilistici col dipinto sistino, lo studioso ha attribuito, seppure dubitativamente, al F. gli affreschi rappresentanti Paolo V in atto di donare nuovi volumi alla biblioteca e Scipione Borghese nominato cardinale-bibliotecario da Paolo V (per quest'ultimo dipinto l'Hess ha indicato anche il disegno preparatorio conservato a Windsor). Le due importanti committenze papali, secondo l'Hess, potrebbero aver fornito al F. l'occasione per soddisfare l'ambizione di essere non solo un ritrattista, ma anche un pittore di storia.

Molto importante è il nutrito carteggio tra l'artista e la corte di Mantova, pubblicato dal Bertolotti (1885) e successivamente integrato e corretto dal Luzio (1913). Questo ricco epistolario rende note le strette relazioni che il pittore mantenne per tutta la vita con i signori di Mantova e in particolare col duca Vincenzo I, il quale gli commissionò numerose copie di dipinti appartenenti alle collezioni romane per arricchire la propria galleria o per farne dono a monarchi, chiedendogli anche giudizi sulla qualità delle opere d'arte che aveva intenzione di acquistare.

Con una lettera dell'8 febbr. 1592 il F. segnalò al Gonzaga l'esistenza di due quadri del Correggio (una Madonna tra due santi e un Cristo portacroce) in una piccola cappella a Luzzara, presso Mantova, ma le trattative per l'acquisto delle due opere non ebbero esito felice. Altre tre missive, datate rispettivamente 24 marzo, 7 e 28 apr. 1601, inviate al duca, da Lelio Arrigoni, agente mantovano a Roma, riguardano invece un altro tentativo, anch'esso fallito, per l'acquisto di un quadro ritenuto di Raffaello, raffigurante S. Luca che dipinge la Vergine, posseduto dall'Accademia di S. Luca.

Ma il gruppo più interessante di lettere è quello, redatto nel 1602, relativo alla missione diplomatica guidata da P. P. Rubens in Spagna. In tale occasione il duca Vincenzo I ordinò al F., tramite l'Arrigoni, di eseguire ben sedici copie, da offrire in dono al re di Spagna, del mosaico con i Sette pianeti dai cartoni di Raffaello e dell'affresco rappresentante la Creazione di F. Salviati, opere realizzate per la cappella Chigi in S. Maria del Popolo a Roma. Altre copie da celebri tele furono commissionate a F. Borgani, F. Marcoleoni, B. Malpizzi e S. Sanvito, pittori attivi a Mantova all'inizio del sec. XVII. Il 5 marzo 1603 Rubens poté partire con i quadri alla volta della Spagna. Durante il viaggio, però, un violento temporale produsse danni consistenti su alcune delle tele e l'artista fiammingo fu costretto a una paziente opera di restauro, se non di completo rifacimento, delle opere colpite che, così rifatte, riscossero un grande successo in Spagna al momento della consegna e furono addirittura scambiate per degli originali.Il 22 dic. 1606 il F. fu testimone di nozze, a Roma, di Adam Elsheimer (Noack).

Nel 1607 il F. ebbe un'altra importante occasione di contatto col Rubens: i due artisti si incontrarono a Roma per valutare la Morte della Vergine del Caravaggio.

Tale avvenimento è testimoniato da una lettera del 17 febbraio che Giovanni Magni, agente mantovano, scrisse a Annibale Chieppio, segretario di Vincenzo Gonzaga. Il giudizio dei due pittori fu favorevole all'acquisto e nel maggio dello stesso anno il celebre dipinto giunse a Mantova, entrando a far parte della collezione del duca.

Tre lettere datata 25 agosto, 8 settembre e 6 ott. 1612, spedite da monsignor Aurelio Ricordati, altro agente mantovano a Roma, alla Cancelleria ducale, ricordano la già citata commissione della copia del Ritratto di Giulia Farnese da un originale ritenuto del Perugino.

Recentemente il Berzaghi (1984, pp. 85 ss., fig. 4) ha attribuito al F. una Natività, oggi dispersa, dipinta verosimilmente nel secondo decennio del sec. XVII (più precisamente tra il 1614 e il 1619) per la chiesa di S. Maria Assunta di Susano presso Castel D'Ario, insieme con altre tele realizzate da quegli stessi artisti mantovani che con lui eseguirono le copie da inviare in Spagna.

Tale dipinto è menzionato nell'inventario dei beni di Paolo Emilio Gonzaga, committente dell'intero ciclo, compilato pochi mesi dopo la sua morte, avvenuta il 27 apr. 1619. Lo stesso inventario precisa che la Natività di Susano venne realizzata dal F. a Roma. Il Berzaghi ha osservato che l'artista fonde nel quadro, noto da riproduzioni fotografiche, le novità romane del primo Seicento con la tradizione raffaellesca e manieristica, palesando le sue fonti: Raffaello, Salviati, Perin del Vaga, Correggio (tutti artisti i cui nomi ricorrono nella sua corrispondenza con la corte di Mantova), nonché Caravaggio e Rubens.

Circa l'attività del F. come incisore, si è a conoscenza dell'esistenza di sole quattro rarissime stampe, delle quali due riproducono opere di Giulio Romano, mentre le altre sono d'invenzione dell'artista. Della prima, un'acquaforte rappresentante La Vergine che lava il Bambino Gesù (Roma, Gabinetto nazionale delle stampe), si conoscono tre stati: il primo ante litteram, il secondo con il nome dell'inventore, Raffaello, e quello dell'incisore-stampatore ("Pietro Fachetti fecit formis") e l'ultimo, interamente ritoccato a bulino, riedito da N. Van Aelst, che abrase il nome del F., quando entrò in possesso dei rami.

Contrariamente a quanto attesta l'indicazione di responsabilità che riguarda l'inventore nel secondo e terzo stato ("Rafa. Ur. in."), questa acquaforte non deriva da un'opera di Raffaello, bensì da un dipinto di Giulio Romano, datato intorno al 1528, conservato a Dresda. L'uso frequente del nome del grande urbinate anche per incisioni che riproducono opere non sue era legato ad esigenze di mercato, in quanto costituiva una garanzia di successo.

A un altro dipinto di Giulio Romano è ispirata l'unica stampa datata del F. ("Pietro Fachetto fe. 1588"), la Flagellazione (Parigi, Bibl. nat.), incisione particolarmente importante in quanto riproduce un quadro ora perduto, un tempo ubicato nella chiesa di S. Prassede a Roma (Toesca, 1966); N. Van Aelst ne curò l'edizione.

Anche dell'acquaforte raffigurante il Redentore con la Croce sulla via del Calvario (Statens Museum for Kunst di Copenaghen) sono noti tre stati: il primo ante litteram, il secondo con i nomi dell'incisore-inventore ("Pietro Fachetti fecit inv.") e dell'editore N. Van Aelst e il terzo, edito nel sec. XVII da Giuseppe De Rossi, che abrase il nome del precedente stampatore.

Alcuni repertori (Mariette, 1853-54; Heller-Andresen, 1870; Singer, 1895) menzionano infine un'acquaforte con il Ritratto di Sisto V assiso sul trono papale, firmata dal F. ("Pietro Fachetto for. fec.") nella doppia veste di incisore e stampatore.

Da tutte le stampe del F., insieme con la profonda riflessione sulla produzione dei grandi del Cinquecento, emerge con particolare evidenza l'influsso della tradizione fiamminga, conosciuta fin dagli anni della formazione a Mantova, mediante l'opera di incisori quali Giovan Battista Scultori e Giorgio Ghisi, e poi nuovamente meditata e assorbita tramite il contatto a Roma col Rubens.

A giudicare dal numero esiguo di stampe il F. dovette dedicarsi poco a questa attività, probabilmente preferendo i ruoli di mercante di incisioni e di stampatore (D'Arco, 1840). Il suo nome come editore compare infatti nella stampa raffigurante il Giudizio universale di Michelangelo dalla cappella Sistina e in quelle con Gioele, il Profeta Ezechiele, Geremia e la Sibilla Delfica, appartenenti a una serie di sei lastre con IVeggenti (Roma, Gabinetto naz. delle stampe), tutte realizzate dal suo conterraneo Giorgio Ghisi (Moltedo, 1991). Le tavole, di cui esistono numerosi stati, furono stampate dal F. nel 1549 (Bartsch, XV, 1867, p. 221 n. 22): tale data, però, se messa in relazione con i dati anagrafici dell'artista mantovano, è difficilmente accettabile (ma cfr. le ipotesi sulla datazione della Moltedo, 1991, pp. 72, 77 ss.).

Una lettera autografa del F., indirizzata alla corte di Mantova il 9 nov. 1613 (Bertolotti, 1885, pp. 36 s.), rende noto che a quella data l'artista, il quale aveva sposato una vedova da cui non aveva avuto prole, si trovava nella necessità di dover vendere un piccolo podere con vigna per poter far fronte a problemi economici e alle richieste dei creditori. Il 7 genn. 1619 il F. affittò una casa di sua proprietà, sita nel rione Pigna, dietro palazzo S. Marco, ad Ambrogio Bazzicalupi, chierico genovese (Arch. Stato di Roma, 109, c. 62), mentre il 16 febbraio dello stesso anno affidò a Marzio Stammetto, mercante mantovano, la procura ad amministrare i suoi beni (Ibid., c. 414).

Il F. morì a Roma in quello stesso febbraio 1619 o nei primi giorni di marzo; infatti il 7 marzo 1619 Ambrogio Bazzicalupi richiese che venisse redatta una descrizione dei beni ereditari del F. che si trovavano nella casa di sua proprietà in "piazza Trinità del Monte Pincio", nel rione Campo Marzio (Ibid., c. 589).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, 30 Notai Capitolini, uff. 19, v. 109, cc. 62, 414, 589; Roma, Arch. storico d. Acc. S. Luca, Congregazioni, v. 42, ff. 22, 24, 34, 35, 36, 38, 156, 177, 182; v. 69, ff. 298, 306, 307, 308; Ibid., Biblioteca Hertziana, F. Noack, Appunti manoscritti, scatola E-F; A. Rocca, Bibliotheca Vaticana a Sisto V. ..., splendidiorem commodioremque locum translata..., Romae 1591, p. 272; R. Alberti, Origine e progresso dell'Accademia del disegno... in Roma, Pavia 1604, p. 67; G. Baglione, Le vite de' pittori scultori et architetti, Roma 1642, I, p. 127; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Venezia 1753, p. 421; P. Zani, Encicl. ... delle belle arti, VIII, Parma 1821, p. 171; s. 2, VII (Annotazioni-Nuovo Testamento), ibid. 1821, pp 209 s., 330 s.; F.E. Joubert, Manuel de l'amateur d'estampes, Paris 1821, II, pp 33 s.; F. Brulliot, Dict. des monogrammes, München 1832-34, III, p. 152 n. 1048; G. K. Nagler, Neues Allgemeines künstler Lexikon, München 1835-52, IV, p. 213; P. Coddè-L. Coddè, Memorie biografiche... dei pittori scultori architetti ed incisori mantovani, Mantova 1837, pp. 61 s.; C. D'Arco, Di cinque valenti incisori mantovani del sec. XVI, Mantova 1840, p. 60; M. Bryan-G. Stanley, A biographical and critical dictionary of painters and engravers, London 1849, p. 234; P. J. Mariette, Abecedario, Paris 1853-54, II, pp. 229 s.; C. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, Paris 1854, II, p. 211; D. Zanelli, La Biblioteca Vaticana..., Roma 1857, p. 36; C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, Mantova 1857, I, p. 78; II, pp. 265 s.; A. Rufini, Guida di Roma e suoi dintorni, Roma 1858, p. 259; A. Baschet, Pierre-Paul Rubens peintre de Vincent Ier de Gonzague, duc de Mantoue, in Gazette des beaux-arts, XX (1866), pp. 428 s., 447; A. Bartsch, Le peintre-graveur, XV, Leipzig 1867, p. 221 nn. 17-22; XVII, ibid. 1870, pp. 15-18 (The illustrated Bartsch, XXXIV, New York 1982, I, pp. 32-34, nn. 1-2); J. Heller - A. Andresen, Handbuch für Kupferstichsammler, Leipzig 1870, I, p. 466; A. Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga duchi di Mantova nei secc. XVI e XVII, in Atti e mem. delle RR. Deput. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, s. 3, III (1885), I, pp. 25-38; C. Ruelens, Correspondance de Rubens (Codex diplom. Rubensianus), Anverse 1887, I, pp. 94, 168-172, 362; H. W. Singer, Aligemeines künstler-Lexikon, Frankfurt 1895, I, p. 416; A. Luzio, La Galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, Milano 1913, pp. 45 s., 91, 112, 280 ss.; A. Muñoz, Intorno al S. Luca di Raffaello, in Boll. d'arte, s. 3, XXX (1937), p. 336; N. Giannantoni, Mostra iconografica gonzaghesca, Mantova 1937, pp. 35 n. 154, 67-69 nn. 302-304, 307; R. Longhi, Ultimi studi su Caravaggio e la sua cerchia, in Proporzioni, I (1943), pp. 37 s. n. 25; F. Zeri, Bernardino Campi: una "Crocefissione", in Paragone, IV (1953), 37, pp. 37 s.; E. Bénézit, Dict. ... des peintres, sculpteurs, tressinateurs et graveurs, s.l. 1960, III, p. 644; E. Marani-C. Perina, Mantova. Le arti, Mantova 1965, III, pp. 378 s., 395 nn. 104-107, 438, 677, 682; I. Toesca, La "Flagellazione" in S. Prassede, in Paragone, n.s., XVII (1966), 193, pp. 79-85, fig. 56 a; J. Hess, Some notes on paintings in the Vatican Library, in Kunstgeschichtliche Studien zu Renaissance und Barock, Roma 1967, I, pp. 171 s., 177; II, pp. 117 fig. 14, 126 fig. 30, 127 f. 199. 32 s.; R. Longhi, Tiziano: tre ritratti, in Paragone, XIX (1968), 215, pp 59s.; P. Bellini, Stampatori e mercanti di stampe in Italia nei secc. XVI e XVII, in I Quaderni del conoscitore di stampe, 1975, n. 26, pp. 23, 32; G. Borghini, La collez. Spannocchi, in La Pinacoteca nazionale di Siena, I dipinti dal XV al XVIII secolo, Genova 1978, II, p. 390 n. 71; S. Massari, Incisori mantovani del '500, Roma 1980-81, pp. 126-130 nn. 183-189; Raphaél dans les collections françaises, Paris 1983-84, p. 381 n. 72; R. Berzaghi, I dipinti della chiesa di Susano presso Castel D'Ario, in Civiltà mantovana, n.s., (1984), 5, pp. 87, 91 s., fig. 4; S. Massari, in Raphael invenit. Stampe da Raffaello nelle collezioni dell'Istituto nazionale per la grafica, Roma 1985, p. 210 n. 1; C. Tellini Perina, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, I, p. 128; II, p. 733; A. Moltedo, in La Sistina riprodotta (catal.), Roma 1991, pp. 68 s., 71-74, 77 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 176.

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