FOSCARI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FOSCARI, Pietro

Giuseppe Gullino

Quartogenito di Alvise di Federico, del ramo "ducale" a S. Pantalon, e di Elisabetta Loredan, nacque a Venezia il 24 ag. 1582. Prestigiosi dunque furono i natali, ma la presenza di numerosi fratelli ne condizionò la vita e la carriera. Il F., infatti, rinunciò a sposarsi; inoltre, pur essendo entrato anticipatamente nel Maggior Consiglio per aver estratto la Balla d'oro il 4 dic. 1605 e pur eletto savio agli Ordini per il semestre ottobre 1607-marzo 1608, appena conseguita l'età prevista dalla legge, non gli fu consentito di portare a termine detto incarico, poiché dopo appena tre mesi dovette ripiegare sulla meno prestigiosa nomina di ufficiale alle Cazude; a tale ufficio fece seguito una lunga latitanza dalla politica, "essendogli per anzianità dei fratelli maggiori - così il Priuli - convenuto soprassedere alcuni anni".

Se dunque la logica della ragion familiare ne penalizzò per lungo tempo la carriera, allorché questa riprese la presenza di un omonimo e coevo - Pietro di Gerolamo, del ramo di S. Simeon Piccolo - e di ben tre Pietro Foscarini (ulteriore causa di fraintendimenti per le stesse fonti ufficiali, che troppo spesso omettono di precisare il patronimico o confondono tra i cognomi) ne rendono difficoltosa la ricostruzione.

Sembrerebbe comunque da escludere possa essere lui il Foscari sopraprovveditore alla Giustizia Nuova dall'ottobre 1616 al marzo 1617, mentre è certa l'identificazione per la carica di commissario in campo, col compito di provvedere ai rifornimenti di viveri per la truppa, alla quale venne eletto per un anno il 3 sett. 1616.

Era in corso la guerra con gli Arciducali e le operazioni militari ristagnavano sull'Isonzo; nonostante l'andamento del conflitto e la natura della carica non presentassero seri pericoli, il F. cercò con ogni mezzo di frapporre indugi e di procrastinare il più possibile la partenza, sicché giunse a Palmanova soltanto il 21 marzo 1617. Effettivamente il compito che l'attendeva non era di quelli che consentissero riposo, come testimoniano due filze di dispacci (spediti da Palmanova, Cervignano e Monfalcone) che coprono il periodo 24 marzo 1617-8 maggio 1618: egli doveva operare nelle retrovie per fare giungere ai reparti di linea i viveri e i materiali da guerra richiesti dai provveditori in campo Nicolò Contarini e Francesco Erizzo, entrambi destinati a salire sul trono ducale.

Con l'autunno ebbe praticamente termine il conflitto, per una sorta di spontaneo esaurimento delle forze contrapposte; all'inizio dell'aprile 1618 il F. passò le consegne al successore Giacomo Nani e un mese dopo tornò a Venezia. In premio del servizio prestato ebbe la veste di savio di Terraferma, che gli era stata nominalmente conferita il 30 giugno 1617; rivestì la carica nel secondo semestre del 1618 e fu l'inizio di una lunga serie, terminata nel 1624.

Questa prolungata partecipazione diretta ai maggiori problemi che la Repubblica dovette affrontare negli ultimi intensi anni dell'età sarpiana determinò la nomina del F. a savio del Consiglio per il primo semestre del 1625, subito seguita dalla rielezione al saviato di Terraferma, con funzioni di cassiere del Collegio, per poco più di un mese, dal 12 agosto al 30 settembre dello stesso anno; contemporaneamente venne chiamato a far parte dei savi all'Eresia dal 23 luglio 1625 al 22 luglio 1626, quindi fu provveditore alla cassa di Ori e argenti (24 ott. 1625-23 genn. 1626).

Anche gli anni che seguirono videro una costante, talora incalzante presenza del F. tra le principali magistrature della Serenissima, quasi si esaurisse qui, nella sfera politica, ogni suo interesse; certo così non fu, ma il suo nome ci è testimoniato solo da questo genere di fonti e non ci è dato neppure sapere con certezza della sua posizione nei riguardi dell'allora predominante gruppo dei "giovani".

Ecco dunque il susseguirsi delle cariche in cui sembra essersi risolta l'esistenza del F.: nel 1626 fu ancora savio del Consiglio dal 28 gennaio al 31 marzo e poi dal 1° luglio al 31 dicembre; ebbe inoltre, sia pure per poco, per frammenti della durata formale dell'incarico, le funzioni di provveditore alle Biave (3 febbraio-31 marzo), di savio alla Mercanzia (4 aprile-30 giugno) e infine di provveditore alle Pompe (4 luglio-31 marzo 1627); nel 1627 fu ancora savio alla Mercanzia dal 27 aprile alla fine di giugno (il 6 maggio compare tra i sottoscrittori di un decreto che recepiva talune istanze avanzate da un gruppo di mercanti inglesi), quindi interruppe l'attività in questa magistratura optando per il saviato del Consiglio, che sostenne nell'arco del secondo semestre; nel 1628, infine, venne chiamato a far parte dei tre savi all'Eresia, a partire dal 18 marzo, ma neppure un mese dopo (11 aprile) era nominato provveditore a Bergamo.

Fu probabilmente l'esperienza vissuta in Friuli a far convergere su di lui i voti del Senato.

Era infatti scoppiata la seconda guerra del Monferrato e la Repubblica di Venezia si era schierata a favore del candidato francese, Carlo Gonzaga di Nevers; in previsione della temuta - e puntualmente verificatasi - discesa delle truppe imperiali contro Mantova, il Senato aveva deliberato di affiancare al provveditore generale in Terraferma, Francesco Erizzo (lo stesso alle cui dipendenze il F. si era trovato a operare nel corso della guerra di Gradisca), alcuni colleghi con prerogative limitate al solo ambito dei territori interessati dal passaggio degli eserciti.

Il F. si trovò così di fronte a questioni simili a quelle che aveva già avuto modo di conoscere. Non tardò ad aggiungersi un problema ben maggiore, rappresentato dal flagello della peste che serpeggiava tra le milizie e che si propagò rapidamente in tutto il paese.

Purtroppo non sono stati conservati i dispacci scritti nel corso del provveditorato e neppure siamo in grado di conoscerne l'ambito cronologico: per certo il F. si trovava a Bergamo nell'estate del 1628 ed era nuovamente in patria nel settembre dell'anno successivo. Possiamo allora ricostruirne l'attività solamente attraverso fonti indirette, costituite dalla corrispondenza dell'Erizzo e dei rettori di Bergamo: in particolare, questi ultimi ci informano che tra le varie incombenze affidate al F. ci fu anche la spinosa questione della definizione dell'estimo cittadino e territoriale.

Tornato a Venezia, il 1° ottobre il F. entrava consigliere ducale per il sestiere di Dorsoduro; qualche settimana dopo, il 27 ott. 1629, veniva inoltre nominato tra gli otto tansadori al di là del Canal, per provvedere con un'imposizione straordinaria alle urgenze della guerra.

Morì quello stesso 27 ott. 1629 a Venezia, nel suo palazzo a S. Pantalon, "de ani 50 da febre maligna giorni otto", secondo quanto riporta il necrologio con la formula impiegata solitamente per i morti di peste: una fine che in fondo neppure il Priuli smentisce, laddove accenna alla "brevissima malattia" del F. e alla "sopraggiunta gravissima infermità incontrata nelle fatiche di Bergamo".

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta, 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 511; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, cc. 25v-26r; l'attestazione di morte, in Arch. di Stato di Venezia, Provveditori e sopraprovveditori alla Sanità. Necrologi, reg. 856, ad diem 27 ott. 1629; per la carriera politica, Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, reg. 15, c. 1; Segretario alle Voci. Elezioni Pregadi, regg. 8, c. 20; 9, cc. 14 s., 40, 166; 10, cc. 12 s., 29, 100; 11, cc. 2 ss., 12 s., 45, 56, 80, 99, 105; 12, cc. 1, 32, 44, 82, 86, 105, 165 s.; sul commissariato in Friuli, Ibid., Provveditori da Terra e da Mar, ff. 239 s. e passim; sul provveditorato a Bergamo, ibid., f. 17, 3 maggio 1629; per l'attività di savio di Terraferma e del Consiglio, Ibid., Senato. Mar, reg. 76, passim; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Malvezzi, 6: Consegi, cc. 355, 422; Ibid., Cod. Cicogna, 1495: Relatione delli moti interni della Repubblica dal 1616 sino il 1630, c. 64. Cfr. inoltre: Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, XII, Podestaria e capitanato di Bergamo, Milano 1978, pp. 460, 469.

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