FRATICELLI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRATICELLI, Pietro

Guido Fagioli Vercellone

Nacque a Firenze in Borgo Santa Croce il 16 dic. 1803, primogenito di Giovacchino e di Vittoria Picchianti. Il padre esercitava il mestiere di calzolaio e riusciva con difficoltà a mantenere la famiglia, ma volle egualmente che il F., che appariva molto dotato, non rinunciasse agli studi. Lo mandò dunque alle scuole pie di S. Giovannino, dove il F. incontrò dei protettori nelle persone dei suoi maestri, G. Inghirami e M. Bernardini. Dal primo il F. fu istruito nelle scienze matematiche, al punto che in seguito sarà in grado di pubblicare assai apprezzati trattati di aritmetica e algebra, e fu occupato nel suo gabinetto astronomico; il secondo guidò il F. negli studi letterari, impiegandolo anche nella stamperia di S. Giuseppe Calasanzio.

Quando sembrava ormai avviato alla vita religiosa il F. ebbe un momento di vivace reazione, scoprendo il piacere della libertà e le allegre brigate: un forse esagerato rapporto di polizia del 13 genn. 1822 ne fa addirittura "un vagabondo, un nottambulo, un osteriante, un libertino, la desolazione della famiglia", oltre che "un trasgressore della Pasqua e un contumace alla chiesa" (De Rubertis, p. 303). Questo comportamento culminò in un tentativo di fuga per evitare il temuto reclutamento militare coatto che in Toscana era allora lecito applicare ai "cattivi soggetti" e che era in programma per l'inizio del 1822.

Infatti, il 4 dic. 1821 il F. partì di nascosto per Livorno con l'intenzione di imbarcarsi per Costantinopoli. Solo il tempestivo intervento del padre Bernardini, aiutato dall'ispettore di polizia G. Chiarini, che appianò le questioni con la giustizia, riuscì a farlo ritornare febbricitante a Firenze. Ottenuto il perdono, il F. tornò a vivere fra gli scolopi; incrementando il suo interesse per la stampa prese a lavorare a tempo pieno nella tipografia di cui il Bernardini, che l'aveva fondata nel 1814, era proprietario e direttore. In essa egli esercitò dapprima le più umili mansioni, per poi divenirne il factotum. Tuttavia, nel gennaio 1827, il Bernardini cedette la tipografia alla prefettura delle scuole pie, sicché cessò ogni attività del F. in quell'ambito.

Poiché il Bernardini era anche revisore delle stampe per conto del governo, egli continuò ad assisterlo in tale delicata mansione (col modesto stipendio di 20 lire toscane al mese), prendendo familiarità con ogni genere di testi destinati alla stampa. Essendo però insoddisfatto di quei meschini guadagni, il F. si decise a lasciare S. Giovannino e a cercare un'altra sistemazione. La trovò grazie a G. Molini, acculturato libraio ed editore, che lo occupò nel suo negozio di via degli Archibusieri e che sembra lo abbia incitato agli studi danteschi. Nel 1838, lasciato il lavoro presso il Molini, il F. si rese indipendente, formando con G. Formigli una società per la vendita di libri con sede in via del Proconsolo, all'insegna di Dante, che dal 1839 fu anche casa editrice, stampando le Opere complete di P. Costa in quattro volumi e un corso di diritto commerciale di G. Marri dell'università di Genova.

La società venne sciolta il 31 luglio 1840 per gli scrupoli del Formigli a vendere libri posti all'Indice, e l'attività totalmente rilevata dal F., mediante l'esborso di 3.100 francesconi garantito da cambiali. La libreria divenne presto un frequentato luogo di ritrovo, ma non si sa con precisione quando il F. abbia impiantato, al n. 35 di via Pinti, la propria stamperia.

Le prime opere che risultano pubblicate "presso P. Fraticelli" furono nel 1835 Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana di G. Grassi, e Ammaestramenti degli antichi di Bartolomeo da S. Concordio nel 1837. A queste fecero seguito circa novanta altre pubblicazioni: antologie di poesia italiana, classici, manuali scolastici, testi religiosi, quasi sempre corredati di note e prefazioni (spesso opera sua), senza eccessiva eleganza tipografica, ma corretti e a buon prezzo.

Come pubblicista, si interessò vivamente delle questioni giuridiche concernenti i difficili rapporti fra autori ed editori in quegli anni, e fu l'estensore del saggio Interpretazione dell'articolo 14 della legge sulla proprietà letteraria pubblicata in Toscana il 17 dicembre 1840 (1843), con il quale, sposando le tesi dell'editore Le Monnier, sosteneva la libertà di riprodurre opere edite prima del 22 maggio 1840. Di opuscoli e saggi su argomenti disparati ne pubblicò molti altri: si ricordano Delle antiche carceri di Firenze denominate "Le Stinche" ora demolite, e degli edifizi… (1834); Sui maltrattamenti delle bestie e sui doveri che abbiamo verso di esse (1846); Sopra alcuni particolari nell'ordinamento della guardia civica (1847); Difesa della causa del popolo nella sua petizione per la diminuzione dell'anticipato delle pigioni e Delle riforme della moneta toscana (entrambe 1848).

Interessante risvolto dell'attività tipografica era stata una breve parentesi giornalistica nei giorni caldi del 1848, quando, fra il 28 agosto e il 10 genn. 1849, egli fu l'anima (pare lo compilasse completamente da solo, anche se il proprietario responsabile ne era C. Manfredi) di Stenterello, un foglio satirico fortemente reazionario, furiosamente contrario al ministero Montanelli-Guerrazzi, che infatti lo fece chiudere. In questo campo il F. fu anche stampatore della Zanzara.

Come si è già accennato, il F. fu un matematico di valore, pubblicando alcuni manuali: Trattato elementare di aritmetica tecnico-pratica ragionata (1853), Trattato di algebra elementare (1854), e Trattato elementare di aritmetica superiore (1855). Fu anche autore di una tragedia, Gualtiero (1842), cinque atti in versi, la quale venne rappresentata con buon successo (G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1913, p. 907).

Quando il F. divenne un noto dantista e accademico, volle disfarsi dell'attività editoriale come non confacente al suo nuovo status: così fra il 1861 e il 1863 cedette torchi, caratteri e attrezzi alla Tipografia galileiana e nel 1863 tutti i fondi dei suoi magazzini al libraio C. Usigli al 9 1/2% del prezzo di copertina (però l'ultima opera recante i suoi marchi editoriali, una ristampa del Compendio della storia romana di O. Goldsmith, è del 1865).

L'attività editoriale non gli aveva fatto trascurare gli studi, anzi li aveva forse stimolati. A quelli danteschi il F. si era ulteriormente avvicinato quando era stato ammesso da G.J. Warren lord Vernon e da sir A. Panizzi, benemeriti cultori e patrocinatori di essi, a collaborare, insieme a B. Bianchi, V. Nannucci e molti altri alle due splendide e preziose edizioni dantesche fuori commercio, Le prime quattro edizioni della Divina Commedia letteralmente ristampate (London 1858) e L'Infernodi Dante Alighieri, I-III (ibid. 1858-65), la cui preparazione a Firenze era durata oltre venti anni, con la partecipazione di tutti i massimi specialisti. Tale esperienza affinò i suoi strumenti critici e lo spinse ad addentrarsi in quegli studi con pubblicazioni proprie.

Il gran numero di edizioni e di ristampe con lievi modifiche presso differenti editori (fino a quando non cedette i diritti alla ditta Barbera, Bianchi e C., prima pro tempore e poi in proprietà assoluta), tutti fiorentini, salvo che per le Opere minori di Dante (Napoli 1855), rende molto difficile orientarsi fra di esse. Il suo primo lavoro di commento e note a un'opera dantesca forse fu Opere minori con un "ragionamento filologico-critico", Firenze 1834, presso L. Allegrini e G. Mozzoni (ristampa assai ampliata presso lo stesso editore, ibid. 1834-39; poi ristampato presso G. Molini, ibid. 1841, presso G. Barbera in tre volumi, 1856-57; 2ª ediz. ampliata, 1861; 3ª ediz. 1873; 5ª ediz., 1887).

Il lavoro più noto del F. resta comunque il commento della Commedia, anch'esso apparso in numerose edizioni e ristampe di difficile classificazione. Già nel 1837 presso Formigli era uscita una Divina Commedia, col commento di P. Venturi, corretto colle aggiunte di postille di G. Lami e P. Fraticelli. Però il primo commento tutto suo fu quello edito nella sua tipografia nel 1852, in tre volumi, con note di diversi; seguì presso G. Barbera nel 1860, questa volta totalmente opera sua, la Nuova edizione con giunte e correzioni, arricchita del ritratto e de' cenni storici intorno al Poeta, del rimario, di un indice e di tre tavole, che avrà larghissima diffusione (dal 1860 al 1897 fu ristampata diciotto volte, nel 1898 riapparve in miglior veste, dopo una revisione di L. Fornaciari, e fu reimpressa nel 1901). Con tutti questi lavori fu costituita dal Barbera un'elegante "Collezione delle opere di Pietro Fraticelli".

Tuttavia il commento alla Commedia, se fu il più diffuso, non fu il migliore né l'ultimo lavoro del Fraticelli. Infatti, avendo il Barbera manifestato l'intenzione di affidargli una ristampa delle Memorie per servire alla vita di Dante di G. Pelli (Firenze 1823), egli, alla luce di quanto vi era di nuovo negli studi danteschi, preferì proporgli un lavoro originale, che realizzò riesaminando le fonti cui aveva attinto il Pelli, aggiungendovene delle nuove ed esercitando su di esse una critica più evoluta, che controllasse e vagliasse il tutto. Nacque così la Storia della vita di Dante Alighieri compilata sui documenti in parte raccolti da G. Pelli e in parte inediti, Firenze 1861.

In essa il F. mantiene la sua interpretazione della figura dell'Alighieri su un piano "di moderato romanticismo, lontano dagli eccessi neoguelfi di un Balbo e da quelli neoghibellini di un Rossetti, vicino piuttosto al Foscolo" (Enc. dantesca, III, p. 51), ma sempre molto equilibrata e, soprattutto, cosciente dei propri limiti, al punto di evitare quanto possibile ogni analisi del valore letterario dell'opera dantesca. Tanto impegno fruttò a questo quasi autodidatta, che era già membro della Società Colombaria, l'onore di essere eletto, il 9 giugno 1857, accademico residente della Crusca, divenendo uno dei quattro compilatori quotidiani del Vocabolario, e poi "massaio".

Nel corso dei grandi avvenimenti politici del 1859-60 il F. mantenne una posizione di distacco. Dedicò gli ultimi anni al vocabolario della Crusca e alla revisione delle opere dantesche per il Barbera, in condizioni di salute sempre più precarie. Si spense a Firenze, nella sua casa di via Rustici, il 18 dic. 1866 e fu sepolto a San Miniato al Monte.

Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. del Collegio Cepparello, Carte Bernardini, busta I, n. 7; busta III, nn. 43-45; Arch. di Stato di Firenze, Buon Governo, filza 88; Roma, Bibl. naz. Vitt. Emanuele II, Autografi, A-8-22 (lettera al F. di F. Gherardi Dragomanni del 15 luglio 1839), A-7-45 (lettera di F. Cavalloni Pederzini del 19 maggio 1842). Necr. in La Nazione, 20 dic. 1866; A. Gelli, P. F., in Arch. stor. ital., s. 3, VI (1867), 2, pp. 210-219. Si veda inoltre: La Nazione, 21 ott. 1860 (rec. di G. Carducci del commento del F. alla Divina Commedia) e 1° maggio 1861 (rec. dello stesso Carducci della Vita di Dante); Annali bibliogr. della casa editrice Barbera, Firenze 1904, pp. 11, 65 ss., 72; G. Giusti, Epistolario, a cura di G. Martini, Firenze 1904, I, p. 529; III, pp. 271, 319; L'Archiginnasio, I (1906), pp. 125-135; G. Coen, P. F. libraio, stampatore, editore ed Accademico della Crusca, in Annuario ital. delle arti grafiche, VI, Firenze 1907, pp. 109-117; G. Rondoni, De' vecchi giornali del Risorgimento nazionale (La Vespa e Lo Stenterello), in Arch. stor. ital., s. 5, XLVII (1908), pp. 345 ss.; A. De Rubertis, P. F., in La Rassegna nazionale, s. 2, V (1916), pp. 294-306; P. Barbera, Un colombario stampatore, Firenze 1919; G. Mazzoni, Dai rapporti accademici di B. Bianchi, in Studi filologici ital., IV (1936), pp. 93-109; M. Parenti, Mem. e glorie della libreria ital., VIII, in Nero su bianco, 10-23 ag. 1937, pp. 304 ss.; Id., L'Ottocento questo sconosciuto, Firenze 1954, pp. 187-193; A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, Firenze 1958, pp. 65, 133 ss., 141 s., 199, 205 s., 151 ss., 177, 179; Dict. of national biography, XX, Oxford 1950, p. 276 (s.v.Vernon G.J.); Diz. del Risorg. naz., III, p. 143; Enc. Italiana, XVI, p. 34; Enc. dantesca, III, pp. 51 s.; Clio, Autori, III, ad vocem; Clio, Editori, ad vocem.

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