Gèrmi, Pietro

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Regista e attore cinematografico italiano (Genova 1914 - Roma 1974). Nell'immediato dopoguerra fece proprie alcune istanze del neorealismo, o con storie a forti tinte e di presa popolare (Il testimone, 1946) o affrontando problemi di ampia portata (la mafia in In nome della legge, 1949; l'emigrazione in Il cammino della speranza, 1950), anche se spesso l'impianto era schematico, lo sviluppo convenzionale (come in Gioventù perduta, 1947). Ai toni alti si mescolava sempre una notevole dose di sentimentalismo; e quest'ultima vena diede poi luogo a due opere a carattere più intimista (da lui stesso interpretate): Il ferroviere (1956) e L'uomo di paglia (1958). È di quest'epoca la sua cosa migliore, Un maledetto imbroglio (1960), dove, prendendo spunto da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di C. E. Gadda, traccia un efficace ritratto di ambiente. I toni della commedia si increspano nel grottesco di Divorzio all'italiana (1962, il suo maggior successo) e nel successivo Sedotta e abbandonata (1964), in cui già si avverte il rischio della maniera. Dopo il divertimento tutto in superficie di Signore e signori (1965), o il piatto ritratto dell'Immorale (1967), l'impegno civile sembra naufragato nel qualunquismo di Serafino (1968) e Le castagne sono buone (1970). Il suo ultimo film è Alfredo Alfredo (1972); a M. Monicelli aveva lasciato la realizzazione di Amici miei (1975), un progetto sul quale aveva lavorato a lungo.

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