PIETRO III re di Aragona, II di Catalogna, I di Sicilia, detto il Grande

Enciclopedia Italiana (1935)

PIETRO III re di Aragona, II di Catalogna, I di Sicilia, detto il Grande

Ramon D'ALOS-MONER

Salito al trono alla morte del padre Giacomo I (1276), prese ai Mori valenzani, sollevatisi, la fortezza di Muntesa (1277) e poi lottò contro alcuni nobili che caddero in suo potere con la resa di Balaguer (1280). Intanto spiegava un'abile politica internazionale. Mischiatosi alle lotte civili in Castiglia, ritenne in sua custodia gl'infanti de la Cerda fuggitivi con la madre dopo che, morto il padre infante Ferdinando, il fratello di esso, Sancio, aveva usurpato i loro diritti di successione al trono: così aveva una garanzia per tener a bada da una parte Sancio, dall'altra Filippo III di Francia fratello di Bianca, madre dei de la Cerda. Profittando di queste circostanze, costrinse Giacomo II di Maiorca, suo fratello, a dichiararsi suo feudatario (1279). Col re di Francia ebbe, ai primordî del 1281, un'intervista a Tolosa per risolvere le divergenze tra la casa di Barcellona e quella d'Angiò. Il risultato fu negativo. Maggior fortuna ebbe nell'allearsi con Alfonso X di Castiglia ed il figlio Sancio, con Dionigi di Portogallo che sposò Elisabetta sua figliuola; poi concertò il matrimonio del primogenito Alfonso con Eleonora d'Inghilterra, strinse amicizia con Michele Paleologo nemico degli Angiò e procurò di attirare a sé la Chiesa e papa Nicolò III. Tutto questo vasto piano era parallelo alle pratiche che i ghibellini conducevano contro Carlo d'Angiò per strappargli il regno di Sicilia. Estinta la dinastia sveva dopo la morte di Corradino (1268), i diritti a quella corona ricadevano a P. quale marito di Costanza figlia di Manfredi. Un intervento nell'isola si ordiva in Catalogna dove risiedevano da tempo Giovanni da Procida, Ruggiero di Lauria e Corrado Lancia (v.). La notizia del Vespro Siciliano (31 marzo 1282) arrivò alla corte barcellonese quando P. era già sulle mosse e preparava ingenti forze marittime. A giugno partiva una grande armata diretta verso l'Africa settentrionale per sostenere la causa d'un ribelle al sultano di Tunisi; approdava a Collo (El-Coll) davanti alla Sicilia quando già l'aiuto era inutile per la sconfitta e morte di Abu-Bekr ad opera degli avversarî. Ma P. rimase a Collo aspettando lo svolgersi degli avvenimenti di Sicilia, vero scopo della spedizione marittima. Venuto e acclamato re a Palermo (7 settembre), moveva alla difesa di Messina combattuta dall'Angioino e costringeva Carlo a passare lo stretto, mentre per mare sconfiggeva il nemico presso Nicotera, successo che era preludio alle vittorie che Ruggiero di Lauria doveva ottenere appresso. Carlo II cercò di scongiurare la situazione critica e fidando nel carattere cavalleresco di P. lo sfidò a un duello, col patto che ciascuno di essi fosse accompagnato da cento cavalieri. L'incontro doveva avvenire a Bordeaux - neutrale perché sotto dominio inglese - il 30 dicembre. P. continuò la lotta in Calabria finché, fedele alla parola data, partiva dalla Sicilia (6 maggio 1283) alla volta di Catalogna per recarsi subito a Bordeaux. Il 24 maggio era a Tarazona, preparando il suo arrivo in quella città non più neutrale perché era stata ceduta al re di Francia. Le notizie di tradimento non lo scoraggiarono e proseguì avanti, travestito, con tre cavalieri e una guida. Era a Bordeaux la vigilia del giorno stabilito. Ottenuta dal siniscalco della città una risposta niente affatto rassicurante per la sua sicurezza personale e per la neutralità nel campo, percorse questo a cavallo; poi, fattosi conoscere e stabilite testimonianze della sua presenza, ripartì subito per la Spagna.

La conquista della Sicilia gli aveva attirato l'anatema di papa Martino IV che diede l'investitura degli stati di P. a Carlo di Valois, secondogenito di Filippo III (1284) e bandì una crociata alla quale parteciparono genti di tutto l'Occidente europeo. Nel giugno del 1285 l'esercito crociato era vicino alla Catalogna, facilitato nel suo passaggio dal re di Maiorca. Ma P. con un manipolo di cavalieri trattenne il nemico al colle di Panissars, finché qualcuno, a tradimento, mostrò un passaggio facile agl'invasori che irruppero nell'Ampurdán. Ritiratosi, P. affidò a Ramon Folch visconte di Cardona la difesa di Gerona che cadde eroicamente. L'esercito francese, decimato dall'incessante lotta e dall'epidemia, non poteva più sostenere la campagna, specie perché mancava di rifornimenti, dopo che i capitani del mare Ramon Galcerà Marquet e Berenguer Mallol, e Ruggiero di Lauria, arrivato con l'armata di Sicilia, avevano annientato la potenza marittima francese. L'esercito invasore fu costretto a ripassare i Pirenei. La magnanimità di P. concesse il libero passo alle truppe, col re francese moribondo; però non riuscì ad evitare che la retroguardia fosse bersaglio della vendetta degli Almogàveri. L'11 novembre 1285 P. morì a Villafranca del Penedés presso Barcellona e fu seppellito al monastero di Santes Creus.

Fu colui che "d'ogni valor portò cinta la corda", uomo audace, atleta di corpo e di spirito; le sue prodezze e il suo animo cavalleresco lasciarono ricordo imperituro. Nella letteratura catalana (cronache, romanzo di Curial e Güelfa...) e nelle lettere straniere è rimasto prototipo del re cavaliere, dell'eroe; si ricordino oltre il giudizio di Dante, la leggenda riportata da Salimbene circa una prodigiosa salita di P. al Monte Canigó, novelle di Boccaccio, ser Giovanni Fiorentino e Bandello, Shakespeare, ecc. Fu anche abilissimo diplomatico. Il suo corto regno, vera epopea, costituisce il momento più drammatico della storia catalano-aragonese.

Bibl.: Tra le altre cronache italiane e catalane del tempo, particolarmente interessante quella di Bernat Desclot (versione italiana in Cronache catalane del sec. XIII e XIV, una di Raimondo Muntaner, l'altra di Bernat d'Esclot. Prima trad. ital. di F. Moise, Firenze 1844); Zurita, Anales de la Corona de Aragón, IV: Ricordi e documenti del Vespro Siciliano, pubblicati a cura della Società Siciliana per la storia patria, Palermo 1882; M. Amari, La guerra del Vespro Siciliano, 9ª ed., Milano 1886; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die sizialinische Vesper, Heidelberg 1904; D. Girona Llagostera, Mullerament del Infant En Pere de Catalunya ab Madona Costança de Sicilia, in Congrès d'història de la Corona d'Aragó, Barcellona 1909, I, pp. 232-299; F. Soldevila, Pere II el Gran. El desafiement amb Carles d'Anjou, in Estudis Universitaris Catalans, IX (1915-16), pp. 123-172; G. La Mantia, Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia (1282-1355), I, Palermo 1918; A. Rovira Virgili, Història Nacional de Catalunya, V, Barcellona 1928, pp. 129-175.

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