MARSO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARSO, Pietro

Stefano Benedetti

– Nacque nel borgo di Cese, a breve distanza da Avezzano, in una data da collocarsi intorno al 30 ott. 1441 sulla scorta della data di morte che si ricava da un obituario conservato alla Biblioteca apostolica Vaticana (De Nichilo, p. 80) e dell’epitafio, in S. Lorenzo in Damaso, a Roma, da cui risulta che visse 70 anni e due mesi.

Scarse sono le notizie sulla famiglia, il cui nome risaliva all’appellativo etnografico («Marsorum»), che disponeva di alcune proprietà «in castro Cesarum», se un documento del 1508 (Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. Urbano, Sez. I, 436, cc. 56v-57v) riferisce di un terreno, una torre e una casa appartenenti al M., nonché di altri beni paterni trasmessi a lui e agli eredi dei suoi due fratelli defunti, Domenico e Giovanni.

Esigue anche le notizie sulla formazione del M., che dovette farsi chierico assai giovane, come accenna nelle dediche dei commentari ai ciceroniani De officiis (Venezia, B. Torti, 1481: «ab ineunte aetate sacris institutis et cerimoniis initiatus») e De natura deorum (ibid., L. Soardi, 1508: «a teneris unguibus divino famulitio adscriptus»). La sua presenza a Roma risale al febbraio-marzo del 1468, in rapporto alla repressione della congiura dell’Accademia romana contro Paolo II, nella quale il M. fu coinvolto direttamente. Ne riferisce il Liber de vita Christi di Bartolomeo Sacchi (Platina), nel passo sulle torture e la detenzione di un anno in Castel Sant’Angelo, in cui il M. fu rinchiuso con gli altri accademici Marco Lucido Fazini detto Fosforo, Demetrio Guazzelli, Agostino Maffei e Antonio Settimuleio Campano.

A questa testimonianza risale l’erronea identificazione del M. con Paolo Marsi da Pescina (che nel periodo della prigionia del M. si trovava a Venezia e, dall’agosto 1468, in Castiglia), sovrapposizione indotta spesso nelle fonti dal ricorrere della generica indicazione di Marsus. Dal canto suo, il pescinese avrebbe menzionato il M. nel componimento XVI della sua Bembicae, rivolto Ad fratres Academicos Romae captivos (Biblioteca apost. Vaticana, Reg. lat., 1385, c. 27).

Quali fossero state le responsabilità effettive del M., è certo che egli apparteneva alla sodalitas accademica in virtù del suo tirocinio privilegiato con Pomponio Leto, che egli orgogliosamente rivendica come uno dei suoi praeceptores, insieme con Domizio Calderini (prefazione del commento a Silio Italico, Venezia, B. Torti, 1483, c. a1v). Di Calderini il M. era stato auditore nell’anno accademico 1470-71; l’anno successivo seguì le lezioni di greco di Giovanni Argiropulo, passato da Firenze a Roma, da cui ebbe l’incarico di trascrivere la sua traduzione dell’Etica Nicomachea di Aristotele (Roma, E. Silber, 1492, con prefazione del M. diretta a Gentile Virginio Orsini, signore di Bracciano). Al 1472 risale l’impegno come precettore del ventenne Cristoforo Ammannati, nipote del cardinale Iacopo Ammannati Piccolomini. Non è nota la durata dell’incarico, forse svolto a Viterbo, dove il M. si trovava nel 1472, quando iniziò la composizione del suo primo lavoro, il commento all’Ibis di Ovidio (Berna, Burgerbibliothek, Mss., 516, cc. 262r-289r; la princeps uscì a Roma, senza indicazione del tipografo, tra il 1471 e il 1472).

Il commento, ricco di citazioni e riferimenti ad autori latini e greci, è da porre in rapporto con il commentario alla stessa opera che Calderini avrebbe pubblicato nel 1474 a Roma, sulla base delle lezioni tenute alla Sapienza. Per i Punica di Silio Italico, di cui aveva inviato alcuni piccoli commenti, manoscritti precedenti il 1476 a Roberto Orsini (zio del Virginio cui il M. dedicherà la princeps, Venezia, B. Torti, 1483), il M. si basò sul testo edito a Roma nel 1471 da Pomponio Leto.

Non è certo che il M. fosse già docente presso lo Studium Urbis nel 1476, come attesterebbero dei mandati di pagamento del 9 ag. 1476 a favore di un «m[agistr]o Piero de Ciesi» (Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Camera Urbis, Depositeria gabelle studii, Introitus et exitus, reg. 278, cc. 35r-36r) per una docenza nell’ultimo trimestre di quell’anno, e ancora nel primo trimestre del 1478. Tanto più che per il biennio 1478-80 è documentata la docenza del M. in retorica e poesia nei rotuli dello Studio di Bologna (Arch. di Stato di Bologna, Partitorum, 8, c. 171), richiesta per lui dal cardinal legato Francesco Gonzaga. Negli stessi anni è pure attestato l’incarico come precettore del fratello minore del cardinale, Ludovico, che sul finire del 1479 il M. seguì a Mantova.

Al periodo bolognese risale una Oratio introduttiva alle Georgiche di Virgilio (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm, 414, cc. 109r-115r), in cui il M. esalta la disciplina rurale dell’Età antica in contrapposizione alle mollezze del presente, ripercorrendo la tradizione degli scrittori latini de re rustica. Al soggiorno mantovano risale una Silva, cui titulus Andes, in 214 esametri, edita nel 1480 (Mantova, A. Siliprandi; con dedica al marchese di Mantova Federico Gonzaga, fratello del cardinale Francesco).

Dall’anno accademico 1480-81 il M. fu professore dapprima di poesia e lingua greca per un anno, quindi di retorica, presso la Sapienza di Roma; negli anni consolidò la sua posizione con un incremento progressivo della remunerazione (150 fiorini annui nel 1480-82; 250 nel 1494-96, una retribuzione fra le più alte registrate presso lo Studium Urbis). Strettamente affiancata all’attività accademica, si andò approfondendo la ricerca sugli auctores, destinata a confluire nelle grandi imprese esegetiche cui la fama del M. è legata. Al 12 ott. 1481 risale la princeps del commentario al De officiis di Cicerone, con dedica al cardinale Gonzaga, destinato a essere il più fortunato dei commenti umanistici a questa opera ciceroniana, riproposto per non meno di 85 tra edizioni e ristampe nell’arco del secolo XVI (cfr. Dykmans, 1988, pp. 59-67; a pp. 117-124 il testo dell’introduzione De summo bono et via ad officium).

Accanto all’attività professorale, nel corso degli anni Ottanta il M. consolidò la sua presenza sulla scena intellettuale romana prendendo parte alla sodalitas pomponiana. A quel periodo risale una raccolta epistolare di scuola (Biblioteca apost. Vaticana, Ottob. lat., 1982, cc. 24-50), dove figurano diverse lettere inviate o ricevute da un Marsus ad altri sodali (Ciriaco Lene, Giuliano Ceci, Pomponio Leto), per lo più attribuite al M. da W. Bracke, che documentano – al di là del loro carattere autentico o fittizio – un fitto scambio di natura amicale. Il 18 apr. 1482 il M. fu presente alla celebrazione anniversaria per la morte del Platina, suo grande amico (è probabile che si riferiscano al M. i due cenni, di cui uno al «Marso meo», nel De honesta voluptate), tenuta in S. Maria Maggiore. A conferma della presenza di spicco nel sodalizio accademico, è citato da Paolo Marsi nella praefatio in versi al libro VI dell’edizione dei Fasti di Ovidio (Venezia, B. Torti, 1482, c. yIIv) come terzo, dopo Pomponio e Antonio Volsco, tra gli «academiae fulgentia lumina». Con loro, il 20 apr. 1483, nella residenza di Pomponio sul Quirinale, il M. animò le celebrazioni del Natale Urbis Romae, benché non sia stato lui a pronunziarvi il discorso inaugurale (come suppone Adinolfi), bensì Paolo Marsi. Nelle Palilie del 1484, quando fu conferita la laurea poetica a Lorenzo Bonincontri e a Elio Lampridio Cerva, il M. figurò nel collegio dei censores insieme con Pomponio e Giovanni Sulpizio da Veroli (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 2836, c. 325v). Insieme con il Verulano, peraltro, il M. fu anche protagonista del dialogo-invettiva De Cantalycii Gondisalvia, attribuito da G.B. Festa a Pier Francesco Giustolo e rivolto contro il poeta Giovan Battista Valentini detto il Cantalicio (ibid., 7179, cc. 130-138).

Il 26 dic. 1482 il M. tenne la sua prima orazione pubblica in S. Pietro. Nell’Oratio in die Sancti Stephani, dedicata al cardinale Stefano Nardini (Roma, S. Plannck, 1482), presentandosi come Mantuani contubernalis, cioè familiare del cardinale Gonzaga, si cimentò per la prima volta in una prova di oratoria sacra, che negli anni a venire avrebbe costituito, accanto all’insegnamento, l’altro ambito del suo impegno umanistico.

Il 6 maggio 1483 uscì la interpretatio ai Punica di Silio Italico (Venezia, B. Torti), con il corredo di un ampio repertorio di fonti latine e greche (a l. VIII, v. 507 interessa la biografia del M. il richiamo all’«oppidulum, quod Cesas appellant indigenae, meum natale solum», cc. m2v-3r). Nel 1484 il M. fu oratore coram pontifice in due occasioni: dinanzi a Sisto IV, recitando a S. Pietro il 26 maggio la Oratio in die Ascensionis de immortalitate animae, e il 27 dicembre, dinanzi a Innocenzo VIII, il Panegyricus in memoriam s. Iohannis Evangelistae. La prima delle due orazioni era dedicata al cardinale Raffaele Riario, divenuto protettore del M. dopo la morte di Francesco Gonzaga (1483), ma presso il quale già dal 1478 è attestata la posizione del M. come caudatarius. A Riario si deve un canonicato ottenuto dal M. in S. Lorenzo in Damaso, di cui il cardinale aveva il titolo dal 1480. In tale veste il M. nel 1487 pronunciò l’Oratio in die S. Stephani nella cappella Sistina alla presenza di papa e cardinali, evocando tra l’altro l’attualità di un’eventuale crociata contro i Turchi. La stampa, per i tipi di Silber, senza data, è anteriore al 2 ott. 1488, data di morte del dedicatario, l’arcivescovo di Milano Giovanni Arcimboldi.

Tra il 1487 e il 1488 il M. era impegnato ancora in prestigiose commemorazioni funebri: quella di Giovanni Argiropulo, non pervenuta, recitata all’improvviso secondo quanto asseriva lo stesso M. nella prefazione a V. Orsini dell’edizione della traduzione argiropoliana dell’Etica Nicomachea (Roma 1492); fu quindi pronunziata a Imola nel maggio 1488, l’Oratio dicta in funere illustrissimi Hieronymi Forocorneliensis et Foroliviensis comitis (Bologna, F. De’ Benedetti), ovvero del conte Girolamo Riario, nipote di Sisto IV, assassinato a Forlì il 14 aprile. Rientrato a Roma, il 28 agosto il M. tenne nella chiesa degli agostiniani un Panegyricus in memoriam sancti Augustini Ecclesiae doctoris eximii. La stampa, non datata, con dedicatoria ai sovrani cattolici di Spagna, Ferdinando e Isabella, deve posticiparsi alla seconda metà del 1492, legandosi alle celebrazioni romane per la conquista di Granada, cui il cardinale Riario diede un importante contributo organizzativo.

La reputazione umanistica del M., ormai prestigiosa, fu illustrata dal giudizio di A. Poliziano («da stimare excessivamente» insieme con Pomponio, Giovanni Lorenzi e Antonio Volsco, lo dice in una lettera in volgare ad Alessandro Cortesi dell’11 ag. 1489) e il magistero universitario sarebbe stato retrospettivamente elogiato da una menzione nel De cardinalatu di Paolo Cortesi, che aveva seguito i corsi del M. intorno al 1485. Nel corso del 1490, in particolare, il M. affrontò le commedie di Terenzio, impegno confluito nel grande commento terenziano, a stampa sulla base di un perduto manoscritto finito nelle mani dell’umanista alsaziano Paul Hammerlin (Malleolus), che vi aggiunse proprie annotazioni (P. Terentii comoediae cum annotationibus…, Strasburgo, J. Grüninger, 1503). Con 37 stampe fino al 1586, tra edizioni e reimpressioni, il commento marsiano accompagnò tutta la fortuna cinquecentesca di Terenzio, tra l’altro corredando l’edizione del 1532 curata da F. Melantone. Il 15 marzo 1491 uscì la seconda edizione del commentario al De officiis (Venezia, G. Paganini, con una nuova dedica al cardinale Riario), frutto di una vasta revisione tesa a integrare il repertorio di citazioni da Platone e Aristotele.

Oltre alla nuova dedicatoria, vi figurava una lettera finale ai lettori, nella quale il M. ribadiva l’intenzione di procedere a una recognitio anche per l’altro commentario giovanile, quello a Silio Italico, tanto più dopo le feroci critiche mossegli nel 1488 da Antonio Volsco, che lo aveva giudicato cicatricosum e pieno di maculae, anche in polemica contro i maestri del M. (cfr. Dionisotti). Nel maggio 1492 uscì a Venezia, presso O. Scoto (tip. B. Locatelli; poi ibid., G. Tacuino, 1493; a Parigi, N. de Pratis, 1512), una nuova edizione dell’Interpretatio in Syllium Italicum, dove il M., per solito mite e conciliante, ribatté all’«arrogantissimus et corruptorum corruptissimus», senza peraltro introdurre l’Apologia promessa nella dedica al Cicerone. Un apprezzamento per i «commentarii multa eruditione referti» all’opera di Silio, e soprattutto per l’esegesi ciceroniana, è invece nel De Latinae linguae reparatione di Marcantonio Sabellico, che ricorda entrambe le imprese esegetiche del Marso.

Alla morte di Pomponio sul M. cadde la scelta per la commemorazione ad sepulchrum, sostenuta il 10 giugno 1498.

La Funebris oratio in obitu Pomponii Laeti (s.n.t.; poi Venezia, L. Soardi, 1508, in appendice ai Ciceronis Monimenta editi dal M., cc. 104-105; ed. moderna in Dykmans, 1987, pp. 79-85 note), per quanto contenuta nella misura, è tuttavia orazione tutt’altro che improvvisata, capace di ottemperare al suo ufficio nel pieno rispetto dei canoni epidittico-funerari. Rilevante, nella narratio biografica, la notizia circa i due viaggi Oltralpe di Pomponio.

Al 15 ag. 1499 risale la Suasoria oratio ad sodales habita in aede Divae Maioris, tenuta per la festa dell’Assunzione a S. Maria Maggiore e rivolta alla Confraternita romana del Gonfalone, di cui il M. quell’anno fu custos (edita in Dykmans, 1987, pp. 103-113).

È un erudito sermone sul tema «de castitate virginum servanda», dove, a partire dal nesso tra sapienza platonica e dottrina ciceroniana in una prospettiva di sincretismo filosofico-religioso, si svolge un elogio dei valori di mutua caritas, fraternitas e liberalitas in funzione del finale incitamento, rivolto in nome dell’Assunta ai confratelli, all’annua attribuzione dotale per venti fanciulle bisognose.

Circa le responsabilità prettamente ecclesiastiche che il M. ricoprì tra la fine del secolo XV e il primo decennio del XVI, sono documentati almeno tre uffici: oltre al canonicato di S. Lorenzo in Damaso (le deliberazioni relative agli anni 1501 e 1507 in Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. Urbano, Sez. I, 436, cc. 3, 4v-5r, 23-24); quello di rector parrochialis della chiesa di S. Salvatore di Primicerio, nella regione di Ponte (ibid., cc. 6, 15v, 143v-144v, per il periodo 15 genn. 1502 - 6 nov. 1511); di camerarius cleri, nel 1503, incarico relativo all’allestimento di processioni sacre (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 9027, c. 178v).

Frattanto la notorietà del M. esegeta di Cicerone si propagava: nel 1499 il suo commentario al De officiis fu stampato a Lione (tip. É. Gueynard) per cura di Josse Bade, che si limitò ad aggiungere il proprio commento, consapevole di non poter sostituire l’«exactissima explanatio» del M. (così nella prefatoria). In una lettera da Parigi, il 28 apr. 1501, fu Erasmo da Rotterdam a voler aggiungere «crebras annotatiunculas» al Cicerone del Marso. In seguito, in una lettera a Joost Vroye (Josse Gavere) databile al 1° marzo 1523, Erasmo affidò il ricordo, risalente all’epoca del suo soggiorno romano del 1509, del «probus et integer» M., intento a commentare il De senectute, ma nel Ciceronianus fu critico verso la sua eloquenza, accostandolo spregiativamente ad A. Mancinelli e a C. Vitelli. Il commento del M. fu presto incluso nell’edizione di opere ciceroniane (De officiis, De amicicia [sic], De senectute et paradoxis) curata da B. Brugnoli nel 1502 (Venezia, G. Penzio).

L’interesse del M. nell’ultimo decennio della sua attività umanistica sembra concentrarsi esclusivamente sull’opera ciceroniana, in conformità con le istanze prevalenti dell’umanesimo primocinquecentesco. Un lavoro confluito nell’edizione veneziana del 1508, per L. Soardi, degli Illustria monimenta Marci Tullii Ciceronis De divina natura et divinatione a Petro Marso reconcinnata, castigata et enarrata anno salutis M.D.VII, in cui il M. diede fuori i suoi commenti al De natura deorum e al De divinatione, rispettivamente dedicati al re Luigi XII di Francia e alla regina Anna di Bretagna (nella prefazione è annunciato un commento al De legibus, cui forse stava lavorando). Nella prima opera, peraltro, il M. restituì una diversa sequenza per il II libro sulle orme della filologia polizianea, cui non mancò di fare riferimento nella dedicatoria. Si tratta dell’ultima impresa del M. pubblicata mentre era ancora in vita: postumi avrebbero visto la luce i commentari al De senectute e al De amicitia (Venezia, Guglielmo da Fontaneto per L. Giunti, 1525), e soprattutto al De finibus (ibid., C. Arrivabene, 1527).

Dei «divina illa volumina de finibus» il M. era intenzionato a occuparsi sin dal 1491 (come attesta la dedicatoria a Riario del Silio Italico), e l’elaborazione di questo commento dovette impegnarlo sin negli ultimi mesi di vita. Alle cc. 23r-24v è una importante lettera del nipote Ascanio, il quale sottolinea come il M. fosse approdato a una pressoché totale dedizione all’opera di Cicerone, in particolare all’esegesi dei grandi dialoghi filosofici, ricavandone, appunto, il commento al De finibus ma anche «in Tusculanas questiones commentarii eius varia eruditione refertissimi», che tuttavia non sono pervenuti.

Il M. morì a Roma il 30 dic. 1511.

Non risulta che abbia fatto testamento; resta un instrumentum concordie, con cui nell’anno 1508 donò ad Ascanio un piano della casa ereditata a Cese dal fratello Domenico (Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. Urbano, Sez. I, 436, cc. 56v-57v). Ciò fa ritenere che lo stesso Ascanio abbia ereditato la biblioteca dello zio. Per decisione di Giulio II la sua cattedra alla Sapienza fu affidata a Giovan Battista Pio, che tenne la sua prolusione il 1° febbr. 1512. Un lungo encomio del M. professore fu composto dal siciliano Giulio Simone, suo allievo, con il poema In Petrum Marsum poetam et oratorem clarissimum, prime in docendo celebritatis, de Romana Academia optime meritum epicedium (Roma, M. Silber, 1512).

Fonti e Bibl.: Il Diario romano di Jacopo Gherardi da Volterra dal 7 sett. 1479 al 12 ag. 1484, a cura di E. Carusi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIII, 3, pp. 112, 117, 132; J. Burckard, Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. Celani, ibid., XXXII, 1, p. 216; B. Platynae historici Liber de vita Christi ac omnium pontificum, a cura di G. Gaida, ibid., III, 1, pp. XX, 383; M.A. Sabellico, Opera, Venetiis 1502, cc. 21v, 23r, 56v; P. Cortesi, De cardinalatu, In Castro Cortesio 1510, c. 68v; G.B. Pio, Praefationes gymnasticae, Bononiae 1522, cc. 47v-48r; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edificii di Roma…, V, Roma 1874, p. 193; Opus epistolarum Des. Erasmi Roterodami, a cura di P.S. Allen - H.M. Allen, I, Oxonii 1906, p. 356; V, ibid. 1924, p. 246; I. Ammannati Piccolomini, Lettere, a cura di P. Cherubini, III, Roma 1997, pp. 1588 s., 1594 s., 1607 s.; D. Erasmo, Il Ciceroniano o Dello stile migliore, a cura di A. Gambaro, Brescia 1965, p. 222; B. Platina, On right pleasure and good health. A critical edition and translation of «De honesta voluptate et valetudine», a cura di M.E. Milham, Tempe 1998, pp. 85, 254, 328; M. Sabellico, De Latinae linguae reparatione, a cura di G. Bottari, Messina 1999, pp. 180 s.; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli Studi di Roma, I, Roma 1803, pp. 238 s.; P. Adinolfi, Roma nell’Età di mezzo, II, Roma 1881, p. 255; I. Del Lungo, Florentia. Uomini e cose del Quattrocento, Firenze 1897, p. 251; A. Della Torre, Paolo Marsi da Pescina. Contributo alla storia dell’Acc. Pomponiana, Rocca San Casciano 1903, passim; P. Renouard, Bibliographie des impressions et des oeuvres de Josse Badius Ascensius, imprimeur et humaniste, 1462-1535, II, Paris 1908 pp. 280-295; G.B. Festa, Un dialogo-invettiva contro il Cantalicio, in Classici e neolatini, V (1909), pp. 209-226; V. Zabughin, Giulio Pomponio Leto, saggio critico, I-II, Roma-Grottaferrata 1909-12, ad indices; C. Dionisotti, «Lavinia venit litora». Polemica virgiliana di M. Filetico, in Italia medioevale e umanistica, I (1958), pp. 299-301; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1959, p. 285; G. Tournoy-Thoen, La laurea poetica del 1484 all’Acc. romana, in Bulletin de l’Institut historique belge de Rome, XLII (1972), p. 216; L. Bassett - K. Delz - A.J. Dunston, Silius Italicus, in Catalogus translationum et commentariorum. Mediaeval and Renaissance Latin translations and commentaries, a cura di F.E. Kranz - P.O. Kristeller, III, Washington 1976, pp. 387-390; E. Lee, Sixtus IV and men of letters, Roma 1978, pp. 189 s.; J.W. O’Malley, Praise and blame in Renaissance Rome, Durham 1979, passim; M.C. Dorati da Empoli, I lettori dello Studio e i maestri di grammatica a Roma da Sisto IV ad Alessandro VI, in Rass. degli Archivi di Stato, XL (1980), pp. 121, 126; E. Lee, P. M., in Contemporaries of Erasmus: a biographical register of the Renaissance and Reformation, a cura di P.G. Bietenholz - T.B. Deutscher, Toronto 1986, p. 394; M. Dykmans, La «Vita Pomponiana» de Virgile, in Humanistica Lovaniensia, XXXVI (1987), pp. 85-111; Id., L’humanisme de P. M., Città del Vaticano 1988 (recens. di J. Ijsewijn, in Roma nel Rinascimento, IV [1988], pp. 87-89); D. Defilippis, Un accademico romano e la conquista di Granata, in Annali dell’Ist. universitario orientale di Napoli. Sez. romanza, XXX (1988), pp. 223-229; F. Lo Monaco, Aspetti e problemi della conservazione dei secondi «Miscellanea» di Angelo Poliziano, in Rinascimento, s. 2, XXIX (1989), pp. 302-304; W. Bracke, «Fare la epistola» nella Roma del Quattrocento, Roma 1992, passim; R. Avesani, Appunti per la storia dello «Studium Urbis» nel Quattrocento, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento. Atti del Convegno… 1989, Roma 1992, pp. 78 s., 81 s.; P. Cherubini, Studenti universitari romani del secondo Quattrocento a Roma e altrove, ibid., p. 116; M.G. Blasio, L’editoria universitaria da Alessandro VI a Leone X: libri e questioni, ibid., pp. 289-292; D. Gionta, Dallo scrittoio di Argiropulo: un nuovo paragrafo della fortuna dell’«Etica Nicomachea» tra Quattro e Cinquecento, in Studi umanistici, III (1992), pp. 20 s.; D.S. Chambers, A Renaissance cardinal and his worldly goods: the will and inventory of Francesco Gonzaga (1444-1483), London 1992, p. 66; L. Quaquarelli, Un incunabolo dell’officina bolognese de’ Benedetti per i Riario: antefatti della stampa in Romagna, in Schede umanistiche, n.s., IV (1996), pp. 145-149; M. De Nichilo, I «viri illustres» del cod. Vat. lat. 3920, Roma 1997, pp. 80, 128-130; Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Incunabula, a cura di W.J. Sheehan, Città del Vaticano 1997, nn. M 137-146; Storia della facoltà di lettere e filosofia de «La Sapienza», a cura di L. Capo - M.R. Di Simone, Roma 2000, ad ind.; Indice generale degli incunaboli italiani, nn. 823, 2907-2921, 8976-8978, 6203-6214, 9695, 2917-A.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Biblioteca apostolica vaticana

Marcantonio sabellico

Arcivescovo di milano

Luigi xii di francia

Elio lampridio cerva