ANGHIERA, Pietro Martire d'

Enciclopedia Italiana (1929)

ANGHIERA, Pietro Martire d'

Roberto Almagià

Storico e geografo, nato nel 1459 ad Arona, da oscura famiglia proveniente da Anghiera, oggi Angera, sul Lago Maggiore. Poco si sa della sua vita giovanile e della sua prima educazione; certo fu nutrito di buoni e solidi studî umanistici, e rivelò il suo ingegno e la sua cultura, sin da quando a Roma (dove lo troviamo almeno dal 1478) fu per qualche tempo segretario del governatore Francesco Negro, poi ai servigi dei cardinali Ascanio Sforza e Giovanni Arcimboldo e infine per lungo tempo a quelli del conte di Tendilla, ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede. Con lui, nell'agosto 1487, lasciò l'Italia, nonostante il consiglio contrario di autorevoli protettori, tra i quali Pomponio Leto, e si stabilì in Spagna, dove poi rimase per tutto il resto della vita, facendosi subito a corte un posto di prim'ordine. Negli anni seguenti, ora al seguito del Tendilla, ora dello stesso re Ferdinando, prese parte attiva alle ultime campagne di guerra contro gli Arabi, soprattutto agli assedî di Baza (1489) e di Granata (1491); e dei fatti d'arme cui partecipò fu, nelle molte sue lettere, relatore schietto ed efficace. Caduta Granata, Pietro Martire fu tra i funzionarî che rimasero in città; e quel soggiorno, nel quale trovò riposo alla vita tumultuosa degli ultimi anni, fu per lui decisivo, in quanto, lasciato l'abito militare, si fece prete, e da allora divenne valido aiuto della regina Isabella nel nobile intendimento di redimere il popolo spagnolo dall'ignoranza in cui si trovava. Richiamato a corte, a Valladolid, fu maestro e precettore di molti nobili, poi cappellano della stessa regina. Dalla corte ebbe la ventura di poter seguire da vicino la grande impresa di Cristoforo Colombo, che probabilmente conobbe già sotto le mura di Granata e rivide poi certamente nel ritorno trionfale dalla prima navigazione; le indicazioni contenute al riguardo nelle lettere di Pietro Martire ad amici italiani e spagnoli sono tra i documenti contemporanei più importanti e significativi della grande impresa: Colombo vi è sempre additato come ligure, testimonianza che basterebbe da sola a togliere ogni dubbio sulla sua origine italiana.

Anche negli anni successivi, Pietro Martire dovette seguire con grande attenzione tutti i fatti e gli avvenimenti connessi con la scoperta del Nuovo Mondo, e in genere con le grandi scoperte marittime; fu in rapporti con Vasco da Gama, Vespucci, Fernando Cortés, Magellano. Nel 1501, fu temporaneamente distolto dalla Spagna, per una missione di gran fiducia affidatagli dal sovrano presso il sultano d'Egitto, che minacciava rappresaglie contro i Cristiani per ritorsione delle persecuzioni fatte contro i Mori in Spagna. Pietro Martire rivide così l'Italia; s'imbarcò a Venezia, scese ad Alessandria, di là si recò al Cairo, ne visitò con grande curiosità i dintorni, poi, compiuta con successo la sua missione, riprese la via del ritorno e, fatta ancor sosta a Venezia, che stava allora per schierarsi coi Francesi contro la Spagna, rivide alfine - non senza aver corso qualche pericolo per opera appunto dei Francesi - la sua patria d'adozione dopo un anno di assenza. Del viaggio in Egitto scrisse una relazione diligentissima (Legatio Babylonica, v. sotto), che, a dire degli stessi contemporanei, non poco contribuì a dissipare le idee errate che ancora nel sec. XV si avevano sull'Egitto e le cose egiziane. Tornato alla corte spagnola, vi rimase occupato soprattutto nelle relazioni coi diplomatici che la frequentavano, e vi mantenne un posto eminente anche dopo la morte della sua grande protettrice, la regina Isabella; accompagnò quasi sempre il re Ferdinando nelle sue visite per le varie città spagnole, assistendo a convegni, ambasciate, discussioni, e di ogni cosa tenendo sempre diligente nota. Frattanto si era accinto all'opera sua maggiore, le Decades de Orbe Novo, delle quali la prima fu pubblicata insieme con altri suoi scritti a Siviglia nel 1511, a sua insaputa, come egli stesso ha occasione di dirci, rammaricandosene più volte; le prime tre eran tutte compiute nel 1515, e l'autore ne mandava copia a Leone X, che gradì moltissimo il dono e nell'anno seguente ne autorizzava la stampa.

In questo stesso anno 1516 morì re Ferdinando, ma P. M. conservò anche dopo la morte del sovrano un'alta posizione a corte; nel 1518 sembra fosse nominato membro del Consiglio delle Indie; e nello stesso anno fu designato per una missione al sultano di Costantinopoli, dalla quale tuttavia poté esimersi adducendo l'età ormai avanzata. Nel 1524, riordinatosi il Consiglio delle Indie, egli ritenne l'altissimo ufficio di consigliere, nel disimpegno del quale, in anni ricchi di tante vicende per le terre americane, esercitò la grande autorità che gli veniva dalla lunga pratica di affari diplomatici e dalla larghissima conoscenza che aveva dei paesi nuovamente scoperti ed esplorati. Continuava intanto la sua grande opera, le Decades, che fu pubblicata interamente solo dopo la sua morte. Morì a Granata nel 1526, probabilmente verso la metà dell'anno, e fu sepolto nel duomo di Granata; la lapide commemorativa gli è meritamente dedicata come Rerum aetate nostra gestarum et novi orbis ignoti hactenus illustratori.

La prima edizione delle opere di Pietro Martire d'Anghiera, Opera, scilicet legationis babylonicae libri tres, Oceani Decas, Carmina, hymni et epigrammata (Siviglia 1511), non contiene altro di notevole che la relazione dell'ambasceria in Egitto e la prima deca de Orbe Novo. La successiva edizione De Orbe Novo Decades, (Alcalá de Henares 1516), contiene le prime tre deche. L'opera completa fu pubblicata postuma, De Orbe Novo Decades Octo, (Alcalá 1530). Tutte queste prime edizioni sono rarissime. Delle Decadi si hanno ristampe di Basilea nel 1533, di Parigi nel 1536, poi versioni in italiano e in altre lingue. Le lettere furono pubblicate per la prima volta nel 1530, col titolo Opus Epistolarum Petri Martyris Anglerii-Mediolanensis, ecc. (Alcalá 1530), poì di nuovo ad Amsterdam coi tipi degli Elzeviri, nel 1670; questa è l'edizione più nota. Le lettere di Pietro Martire relative alla storia della scoperta del Nuovo Mondo, furono tradotte in francese e pubblicate, con largo corredo di note, da P. Gaffarel e L. Louvet, in Revue de Géographie, Parigi, dicembre 1884-luglio 1885; tutte le lettere, insieme ai brani delle Decades relativi ai viaggi di Colombo e altre navigazioni sincrone, furono pubblicate in Raccolta Colombiana, III, 11.

Non è possibile entrare qui in una disamina del valore storico delle opere di Pietro Martire. Basterà aggiungere, per quanto concerne le Decades, che esse abbracciano trentaquattro anni di storia delle scoperte e delle esplorazioni geografiche, dalla prima impresa di Colombo in poi; la critica moderna ha sempre meglio riconosciuto che l'autore è osservatore attento e imparziale, narratore scrupoloso e diligentissimo. Quanto all'Opus Epistolarum, esso è ormai considerato concordemente come "una delle fonti più importanti per lo studio e la sicura conoscenza degli avvenimenti politici occorsi sulla fine del secolo decimoquinto e sul principiare del seguente" (Pennesi).

Bibl.: J. Ciampi, Pietro Martire d'Anghiera, in Nuova Antologia, 1875; Heidenheimer, Petrus Martyr Anglerius und sein Opus Epistolarum, Berlino 1881; Bernays, Petrus Martyr Anglerius und sein Opus Epistolarum, Strasburgo 1891; G. Pennesi, Pietro Martire d'Anghiera e le sue relazioni sulle scoperte oceaniche, in Raccolta Colombiana, Roma 1894.

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