MENGOLI, Pietro

Enciclopedia Italiana (1934)

MENGOLI, Pietro

Amedeo Agostini

Matematico, nato a Bologna nel 1626, morto ivi il 7 giugno 1686. Laureato in filosofia nel 1650 e in ambedue le leggi nel 1653, si dedicò agli studî matematici sotto la guida di B. Cavalieri (v.), al quale successe sulla cattedra di matematica dello Studio bolognese, nei cui rotuli appare iscritto dal 1648-49 al 1683-86. Insegnò con tanto concorso di scolari e acquistandosi tanta fama, per le varie opere date alla stampa, da meritarsi il nome antonomastico di Petrus Italus. Incamminato per la via ecclesiastica, prese tutti gli ordini e nel 1660 fu eletto dai parrocchiani parroco e priore della chiesa di Santa Maria Maddalena in Bologna, carica che conservò sino alla morte. In gioventù il M. si dilettò anche di belle lettere e di erudizione antiquaria.

Le opere che diedero tanta fama al M., mentre era in vita, furono presto dimenticate e fino a pochi anni or sono il nome del M. era sconosciuto nella storia della matematica. Studî recenti hanno fatto emergere l'importanza dell'opera di questo matematico bolognese, il quale viene a occupare una posizione predominante nel passaggio dal metodo degl'indivisibili di B. Cavalieri al metodo delle flussioni di Newton e a quello dei differenziali di Leibniz.

Nelle Novae quadraturae aritmeticae, il M. dà il primo importante contributo alla teoria delle serie, enunciando proprietà generali di questo algoritmo e raggiungendo, in casi particolari, risultati notevoli. Il M. enunciò per la prima volta il concetto generale di convergenza e divergenza di una seríe; e, avvertendo che per la convergenza non è sufficiente la condizione che il termine generale della serie tenda a zero, dimostra la divergenza della serie armonica

proprietà la cui scoperta non è più lecito attribuire a Giacomo Bernoulli, che la dimostrò di nuovo solamente nel 1689. Generalizzando questo risultato M. deduce la divergenza di ogni serie formata dai reciproci di qualsiasi progressione aritmetica.

Nello stesso libro calcola la somma della serie data dagl'inversi dei numeri triangolari

e somma le serie più generali

ove am è una funzione razionale intera del numero naturale m, con la condizione am+p > am, essendo p intero. Questi ultimi ritrovati, che il Leibniz tentò di appropriarsi, furono conseguiti con la speranza di sommare la serie degl'inversi dei quadrati, serie che è stata considerata per la prima volta dal M. e che poté essere sommata solo più tardi da Eulero.

Nell'altra opera Geometria speciosa (Bologna 1659) il M. precorre i matematici del secolo scorso nell'assetto logico del concetto di limite e d'integrale definito, costruendo per primo una rigorosa teoria dei limiti e stabilendo una definizione d'integrale definito per funzioni continue che coincide con quella proposta, assai più tardi, da A. Cauchy.

Nello stabilire la teoria dei limiti M. considera le quantità variabili come rapporti di grandezze; da ciò la necessità logica di prendere in esame solo limiti positivi, come appare dalle seguenti principali definizioni che egli dà: 1. una quantità variabile, che può essere maggiore di un qualsiasi numero assegnabile, si dirà "quasi infinita"; 2. una quantità variabile, che può essere minore di un qualsiasi numero positivo, si dirà "quasi nulla"; 3. una quantità che può essere minore di qualsiasi numero maggiore di un numero positivo determinato e maggiore di un qualsiasi numero minore dello stesso numero determinato, si dirà che è "quasi quel numero". Precisati così i concetti di infinito, di infinitesimo e di limite, e assunta come fondamentale la proprietà del limite del quoziente, partendo da semplici disuguaglianze valide tra i rapporti numerici, M. dimostra, tra le altre, le proprietà del limite della somma e del prodotto e fa vedere che le proprietà delle proporzioni si conservano anche al limite. In varie proposizioni relative agl'infiniti e agl'infinitesimi non si può fare a meno di riconoscere alcuni casi particolari del principio di sostituzione degl'infinitesimi.

Mentre gli autori che precedettero il M. (come Archimede, Kepler, Valerio, Cavalierî) ammettevano come evidente e intuitivo che una figura piana possieda area, questi dimostra invece l'esistenza dell'area dividendo in n parti l'intervallo in cui studia la funzione continua f (x) e considerando accanto alla figura prima da quadrarsi (che egli chiama forma) le figure formate da parallelogrammi costruiti sopra ciascun segmento della suddivisione e aventi, in notazioni moderne, le aree

dove l., L, denotano, rispettivamente, il minimo e il massimo della f (x) nell'intervallo (xi, xi+1).

In possesso della teoria dei limiti è facile dimostrare che la successione delle sn e quella delle Sn tendono allo stesso limite, cui tenderà anche la successione delle σn, o delle σ′n, comprese tra esse: ma la figura da quadrarsi è sempre compresa tra le sn e le Sn; quindi il M. conclude che il limite comune alle varie somme, e in particolare alle σn e σ′n, non è che l'area della figura in questione. In tale modo può quadrare i differenziali binomî zs (a a)r dx a esponenti interi positivi, che, precedendo J. Wallis, aveva già da tempo integrati col metodo degl'indivisibili; non aveva però subito pubblicato i suoi ritrovati perché desiderava di dare prima al metodo degl'indivisibili basi rigorose, o di sostituirlo, come fece, con altro cui nulla si potesse obiettare.

Nella stessa opera si trova anche una teoria elementare dei logaritmi, costruita con considerazioni aritmetiche: definito il rapporto logaritmico, in modo analogo alla definizione euclidea di rapporto fra grandezze, estende a questo nuovo rapporto il libro V di Euclide. Le proprietà dimostrate dal M. valgono per qualsiasi sistema di logaritmi e, definendo alcune variabili numeriche (iperlogaritmi, ipologaritmi, prologaritmi), cioè fissando la base, si ottengono asintoticamente i logaritmi a base e. La teoria costruita dal M. è valida solo per numeri maggiori dell'unità; tuttavia egli fu il primo a trattare consciamente i logaritmi a base e e a introdurre la dicitura "logaritmi naturali", constatando come la base e nasca da considerazioni semplici ed elementari; inoltre precorse d'una decina di anni il Mercatore nel dare sviluppi in serie dei logaritmi, poiché dà per ogni numero razionale m/n, con m > n, lo sviluppo

In un volumetto Circolo (Bologna 1672) calcola gl'integrali della forma

e ritrova per π/2 quello stesso prodotto infinito, che era già stato trovato dal matematico inglese Wallis.

Oltre ad altre opere minori di matematica, il M. trattò anche di astronomia e scrisse nell'opera sulla musica (Speculazioni di musica, Bologna 1670), ricordata con lode dagli storici della musica.

Bibl.: G. Eneström, Zur Geschichte der unendlichen Reihen in die Mitte des siebzehnten Jahrhudnerts, in Bibl. mathematica, s. 3ª, XII (1912), pp. 135-148; G. Vacca, Sulle scoperte di P. M., in Rend. della R. Acc. dei Lincei, s. 5ª, XXIV (1915), pp. 58-513, 617-620, con elenco delle opere del M.; A. Agostini, La teoria dei limiti di P.M., in period. di mat., s. 4ª, V (1925), pp. 18-30; id., Il concetto di integrale definito in P. M., ibid., pp. 137-146.