ROI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROI, Pietro

Stefano Franzo

– Nacque a Sandrigo (Vicenza) il 23 novembre 1819 da Giovanni, negoziante e venditore di canape, e da Giuseppina Caldana.

Dopo il trasferimento della famiglia a Vicenza, grazie alla protezione dei conti Franco, cui rimase variamente legato, Roi ebbe modo di avviare la sua formazione artistica, seguendo dal 1835 alla locale scuola di disegno i corsi diretti inizialmente dal «cesellatore di oreficerie» Bartolomeo Bongiovanni e quindi quelli del bassanese Antonio Bernati, uniti tra loro da qualche collaborazione e dalla vicinanza a Leopoldo Cicognara.

All’orientamento di tale ambiente culturale si sommarono l’esercizio della copia e qualche lavoro d’occasione, cui si affiancò l’interesse per i quattrocentisti locali.

A partire dal 1837 e con il sostegno municipale Roi ebbe la possibilità di seguitare gli studi all’Accademia di belle arti di Venezia con Giuseppe Borsato, Ludovico Lipparini e Odorico Politi, mostrandosi allievo brillante, tanto che, tra la fine degli anni Trenta e l’aprirsi dei Quaranta, ricevette differenti premi e accessit per la copia, il nudo e l’invenzione della figura. Con il tramite di nuovi sussidi locali, nel 1843 si deve collocare il passaggio a Roma, con la conseguente frequentazione di alcuni pittori che gravitavano attorno all’Accademia di S. Luca e del circolo dei nazareni e l’interesse per i dibattiti puristi, oltre alla collaborazione con Francesco Coghetti e all’influenza di Tommaso Minardi (con cui Roi fu in rapporti d’amicizia), di Nicola Consoni e di Friedrich Overbeck (di cui nel 1845 Pietro Selvatico lo definì discepolo; Brotto Pastega, 2003, p. 804).

Ciò dovette forse emergere nel dipinto con il Gesù santo pastore mandato all’esposizione di Venezia di quell’anno, oltre che nella sua natura di «buon coloritore e disegnatore accurato», il quale non «sacrificò mai alla realtà, che pure guardò acutamente secondo il programma dei puristi» (Carnemolla, 1949, p. 581), mentre altrove si parlava di un «purismo programmatico» e di un «nitore della forma» accentuato nell’evanescenza cromatica e nei profili dalla precisione cristallina (Pranovi - Rigon, 2002, p. 286).

L’attenzione per i soggetti di ascendenza religiosa si concretizzò nella seconda metà degli anni Quaranta, a cominciare dal fortunato ritratto di Pio IX, su commissione privata, di cui l’artista realizzò una cinquantina di repliche (una viene ricordata nell’inventario del 1854 del museo di palazzo Chiericati a Vicenza), sino alla Deposizione della parrocchiale di Sandrigo, oltre al precoce ritratto dell’arciprete Giovan Battista Colombara, in cui l’«anacronismo formale» e la negazione del dato di costume si sommano alla «secchezza» del tratto e a un «primitivismo ancora neoclassico», pareggiato dagli accenti antichi del ritratto di Fabrizio Franco (Castellani, 2000, p. 151, scheda 108; Marinelli, 2003, pp. 306 s.).

Versato nella ritrattistica, con cui si segnalò alle esposizioni, Roi venne sostenuto dai Franco e da altri benemeriti locali e lodato da Jacopo Cabianca (1855): «pure anche da’ suoi ritratti appare di qual modo egli sappia collo studio del contorno e del chiaroscuro raggiungere l’eccellenza della forma; perché ne sembra che il suo posto sia già fra i più celebrati coloristi d’Italia» (p. 119).

Assecondando il fervore risorgimentale dei tardi anni Quaranta, Roi si arruolò, combattendo tra il Trevigiano, Venezia e il Vicentino, e a tali episodi rimane legata la levigata effigie di Camillo Franco, caduto a Vicenza nel 1848 e raffigurato con la giubba dei ‘crociati’ e alle spalle la basilica della Madonna di Monte Berico. Acquietati i moti, il pittore seguitò a gravitare tra Roma e la realtà vicentina. La propensione per le patrie battaglie non dovette comunque impedirgli di accettare, una decina d’anni appresso, e dopo il definitivo trasferimento dello studio a Venezia nel 1853, forse alla ricerca di un confronto con un contesto e un mercato meno provinciali, la scomoda e sgradita commissione, da parte del governo austriaco di Massimiliano d’Asburgo Lorena, di un dipinto che doveva celebrare l’inizio della Restaurazione e raffigurare L’ingresso degli austriaci a Venezia (1859), commissione respinta da Antonio Zona nonostante le insistenze del dimissionario Selvatico, il quale dal dicembre 1849 era stato segretario dell’Accademia veneziana. L’ambiente espositivo e accademico lagunare, allora infiacchito in una «tradizionale meschinità» (Mazzocca, 1989, p. 77) denunciata dalla pubblicistica locale, non ostacolò in Roi l’idea di porsi in competizione con lo stesso Zona nella pittura di storia con il Tiziano che incontrando Paolo Veronese si congratula con lui per un quadro recentemente finito, aprendosi alla composizione di grande impianto, quale fu il Manfredi riconosciuto dai suoi familiari dinanzi a Carlo d’Angiò, ora nel municipio di Sandrigo. Preceduto in terra berica da altri esercizi, come la tela per la contessa Scroffa (Il conte Luigi da Porto in atto di prendere commiato dalla moglie e dai figli prima di partire per la battaglia) o il progettato pantheon di vicentini illustri per palazzo Chiericati, il Manfredi venne lodato da Camillo Boito e più severamente giudicato da Selvatico. Il cartone passò nel 1861 all’Esposizione nazionale di Firenze e, con altri studi del medesimo soggetto, che ebbe una gestazione assai lunga e fu trovato ultimato solamente alla morte del pittore, segnò appena il percorso espositivo del sandrighese oltre l’ambito veneto – in laguna mandò pastelli, figure e ritratti tra il 1862 e il 1865, oltre a Venezia commerciale e industriale –, giacché vale segnalarlo a Milano nel 1860 e in quegli ambienti artistici ricordati già da tempo come più vivaci nelle cronache del Gondoliere, della Gazzetta di Venezia e del Giornale Euganeo.

Se nel capoluogo vicentino Roi lasciò interventi di natura marginale, assecondando talora un gusto orientato verso proposte diminutive, come accade per una S. Dorotea commissionatagli nel 1851 sempre dal conte Camillo Franco per l’oratorio di S. Chiara, cui seguirono delle storie di s. Antonio, non sempre i quadri sacri si discostarono dalle buone qualità coloristiche e di disegno che accompagnarono la produzione storica, come è per la tela di funzione devozionale con S. Giuseppe che contempla l’incoronazione della Vergine della chiesa di Malo, richiestagli nel 1855 e collocata nel novembre del 1857.

La tela si inseriva in un concentrato programma di rinnovamento dell’apparato pittorico che coinvolse, tra gli anni Cinquanta e Settanta, Michelangelo Grigoletti, friulano inurbato e successore di Lipparini all’Accademia, un ‘devoto’ del purismo come Pompeo Marino Molmenti e quell’Antonio Zona pupillo di Selvatico e riformatore in chiave purista della tradizione veneta cinquecentesca, uniti all’intraprendente Giovanni Busato, che per Malo eseguì da ultimo un S. Gaetano Thiene in preghiera.

L’apertura a maggiori agiatezze e a contesti di impronta internazionale, francesi e ancor più tedeschi, avvenne per Roi dopo il 1864 quando sposò un’allieva, la contessa russa Elisa Kapnist (dalla quale ebbe tre figli, Giovanni Basile, Camillo e Simon), e allorquando si concentrarono i viaggi, le permanenze e gli spostamenti in diverse città europee, ad Auteuil e a Parigi, dove tenne studio, in Belgio e in Germania. I cauti aggiornamenti, l’avvicinamento al mercato straniero e le sortite ad alcune rassegne di rilievo – all’Esposizione universale di Vienna nel 1873, a quella di Parigi del 1878 e un anno dopo al Salon, proponendovi nuovamente una Jeune fille venitienne e La France et l’Italie – non gli impedirono comunque di tornare alla ritrattistica e alle composizioni di gusto letterario. Tra queste, Giulietta e Romeo del Museo civico di Vicenza, collocabile al 1882, la quale ebbe una certa risonanza, tanto che una replica mandata a Colonia ricevette nel 1889 la medaglia d’oro, segnando un ritardatario raggiungimento dei buoni esiti della pittura storica in una tela che condivideva la base compositiva con il Manfredi e richiami a Francesco Hayez per quegli espedienti che prolungavano la ricaduta emotiva del racconto dilazionandone i tempi.

Altre presenze espositive nazionali puntellarono l’ultima fase di attività di Roi (esposizioni di Belle arti a Torino nel 1880, a Roma nel 1883 e a Venezia nel 1887), segnata da un rientro nella città lagunare già al chiudersi degli anni Sessanta e, in una cornice di impegno diradato, da scelte anacronistiche, da rifacimenti e ripensamenti, e da lavori quali il ritratto di Giuseppina Muzzarelli Roux (ripresa con un abbigliamento che non si direbbe da lutto stretto; Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio), il non pacifico Autoritratto delle raccolte di Vicenza e il pittoricamente meno significativo Autoritratto mandato alla Galleria degli Uffizi non molto dopo quelli di Hayez e Zona.

Morì a Venezia nel gennaio del 1896.

Legata in parte agli esordi giovanili del figlio Giovanni Basile Roy (Heidelberg, 1866-Ferrara, 1921), l’eredità pittorica di Roi subì un deciso declino con il principiare del Novecento, e se la tela bassanese con la contessa Muzzarelli fu scelta da Ugo Ojetti nel 1911 per la mostra sul ritratto di Firenze e da Nino Barbantini nel 1923 per quella di Venezia, indicativo apparve, ben prima dei ripensamenti degli anni Venti, il mancato apprezzamento di Gino Fogolari, che nel riordino del museo vicentino decise di rimuovere Giulietta e Romeo, pur riconosciuta come opera di merito da parte della commissione locale (Vicenza, Archivio del Museo civico, Verbali della Commissione, Secolo XX, seduta del 5 febbraio 1911), giacché in quella sua tetraggine di cripta pareva ben turbare i morbidi incanti coloristici dei maestri veneti, facendo «l’effetto di una doccia ghiacciata» (Fogolari, in La pittura..., 1986, p. 45).

Fonti e Bibl.: Vicenza, Archivio del Museo civico, Copialettere, Secc. XIX-XX, pp. 432, 443, n. 1075; Verbali della Commissione, Sec. XX, seduta del 5 febbraio 1911; Biblioteca civica Bertoliana, mss. 3396, 3403 (Appendice 2): G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza, cc. 131v, 645r; Atti della Imp. Regia Accademia di Belle Arti di Venezia per la distribuzione de’ premi negli anni 1840-1841, Venezia 1841, pp. 81 s.; F. Mutinelli, Annali delle province venete dall’anno 1801 all’anno 1840, Venezia 1843, pp. 172 s., 175; J. Cabianca, Alcuni cenni delle Arti Belle Vicentine, in Prima mostra dei prodotti primitivi del suolo della Industria e Belle Arti della Provincia vicentina tenuta nel palazzo del Museo Civico il 25 agosto 1855, Vicenza 1855, pp. 118-120; C. Boito, Scultura e pittura d’oggi, Torino 1877, p. 113; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi. Pittori, scultori, architetti, Firenze 1889, pp. 424-427.

A.M. Comanducci, I pittori italiani dell’Otto-cento. Dizionario critico e documentario, Milano 1934, pp. 606 s.; E. Michel, R. P., in Dizionario del Risorgimento nazionale, dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, IV, Milano 1937, pp. 92 s.; J. Carnemolla, R., P., in Enciclopedia italiana, XXIX, Roma 1949 (ristampa dell’ed. 1936), p. 581; Pittura dell’Ottocento a Bassano. «Da Canova a Milesi» (catal.), a cura di G.M. Pilo, Bassano del Grappa 1961, pp. 59 s.; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, IV, Milano 1973, pp. 2756 s.; La pittura di P. R. e del figlio Giovanni Basile Roy (catal., Vicenza-Sandrigo), Vicenza 1986 (in partic. G. Fogolari, Per il «Manfredi» di P. R. (1927), pp. 45-51); G. Mazzocca, Arti e politica nel Veneto asburgico, in Il Veneto e l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete 1814-1866 (catal., Verona), a cura di S. Marinelli - G. Mazzariol - F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 60, 76 s.; B. Rigon Barbieri, La pittura dell’Ottocento a Venezia e nel Veneto, VI, Vicenza, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, I, Milano 1991, pp. 215-217; Ead., R., P., ibid., II, Milano 1991, p. 995; F. Castellani, P. R., in Dipinti e sculture del XIX secolo (catal., Vicenza), a cura di F. Mazzocca, Venezia 2000, pp. 150-154, schede 108-111; A. Pranovi - F. Rigon, Vicenza, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, I, Milano 2002, pp. 285 s., 298; A. Brotto Pastega, R. P., ibid., II, Milano 2003, pp. 804-806; S. Marinelli, Ritratti nella pittura dell’Ottocento e del primo Novecento a Vicenza, in Theatrum urbis. Personaggi e vedute di Vicenza, a cura di S. Marinelli - C. Rigoni, Verona 2003, pp. 306-309.

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