SUSINI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

SUSINI, Pietro

Salomé Vuelta García

SUSINI, Pietro. – Nacque a Firenze il 3 maggio 1629, dallo scultore Giovanni Francesco e da Lucrezia Marmi, cugina dell’architetto e scenografo granducale Alfonso Parigi.

Ebbe due fratelli, Filippo e Antonio, pievano di Carmignano, e una sorella, Elisabetta, sposata con il pittore Lorenzo Lippi, autore del poema eroicomico Il Malmantile racquistato.

Pur non avendo «gran fondamento di studio», entrò in giovane età nell’entourage della corte come «maestro de’ paggi» (Vuelta García, 2013, p. 12) e aiutante di camera di Leopoldo de’ Medici, con cui fu in confidenza (lettere e poesie di Susini a Leopoldo; Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 5550, c. 681r, 6422, cc. 287, 299r e 312r). A corte ebbe per amici letterati ed eruditi legati al principe Leopoldo, come il cruscante Lorenzo Panciatichi e il bibliotecario Antonio Magliabechi, cui dedicò componimenti poetici satirici. Lodato come «poeta e comico di svegliatissimo ingegno» (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano IX.67: G. Cinelli, La Toscana letterata ovvero Storia degli scrittori fiorentini, II, c. 1500), fu autore di componimenti burleschi (tra cui violente invettive contro i gesuiti) e famoso commediografo applaudito nel mondo accademico fiorentino. Da giovane partecipò alla Confraternita dell’Arcangelo Raffaello detta della Scala, nella quale si praticavano, per fini educativi, la musica e il teatro (cfr. la lista dei membri all’Archivio di Stato di Firenze, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo, 164, f. 4). In questa congregazione Susini poté partecipare alle recite di pièces ispirate a modelli spagnoli, determinanti per la sua formazione di drammaturgo. Frequentò anche l’Accademia degli Apatisti, fondata nei primi anni Trenta da Agostino Coltellini, dedita allo studio delle lingue classiche e di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Nell’adunanza egli soleva commentare le lezioni dei colleghi in salaci epigrammi (Vuelta García, 2013, pp. 15 s.). La vena satirica pervade l’intera, abbondante produzione poetica di Susini, comunque ricca di notizie sulla cultura e il teatro a Firenze.

La precoce passione per le scene lo indusse a partecipare ad altre adunanze fiorentine dedite a recite drammatiche, come l’Accademia dei Sorgenti, della quale fece parte in qualità di «aggregato» (Hill, 1976, p. 30). Per i Sorgenti compose nel 1656 La Paulina violata nel tempio overo La costanza schernita e il ‘cartello’ del 14 agosto 1660 per il genetliaco dell’erede al trono, il futuro Cosimo III, dati nel teatro del Cocomero (oggi Niccolini).

Negli anni Cinquanta fu anche drammaturgo degli Affinati, cortigiani che, sotto la protezione di Leopoldo de’ Medici, mettevano in scena commedie per un pubblico aristocratico in un teatro al primo piano di palazzo Medici in via Larga: nel Carnevale del 1657 costoro recitarono L’inganno vince l’ostinazione, non pervenuto; due anni dopo Di male in peggio, tratto da Peor está que estaba di Pedro Calderón de la Barca, che ebbe fra gli attori il marchese Mattias Maria Bartolommei Smeducci, anch’egli traduttore del teatro aureo spagnolo.

Susini si produsse anche come attore. Da ‘istrione’ si era fatto conoscere nella parte di Pedrolino, il servo sciocco della commedia ‘all’improvviso’. Nel Malmantile racquistato di Lippi (1676) viene citato con il soprannome anagrammatico «istrion Vespi» (cantare XI, stanza 55); nel commentare questo passo del poema Paolo Minucci fece allusione alla bravura scenica di Susini, che «rappresentava in commedia tutte le parti e in particolare quella del servo sciocco lombardo, che usa armare con un coltello di legno»: anzi, alla sua morte «si può dire che morisse tutta la moderna arte comica» (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano VII.1247: L. Lippi, Il Malmantile, c. 155r). Secondo Anton Maria Salvini, un altro glossatore del poema, Susini «dava i suggetti; e recitava anch’esso nelle commedie all’improvviso che si facevano da’ gentiluomini nel Casino di San Marco, al tempo del principe Leopoldo, poi cardinale» (Cabani, 2010, p. 127).

L’ingegno drammaturgico di Susini, capace di stilare in poche ore un ‘soggetto’ (ossia un dettagliato riassunto dell’azione, da recitare poi ‘all’improvviso’, oppure da utilizzare come falsariga per ‘distendere’ i dialoghi di una commedia ‘premeditata’), era notorio in città, come pure l’esuberanza della sua produzione. Delle «innumerabili» sue commedie (Vuelta García, 2013, p. 22) ne sono state finora accertate come autentiche diciotto. Dieci apparvero a stampa, per lo più postume, alcune sotto nomi di altri commediografi: il dramma per musica Le nozze in sogno (Firenze 1665); Le gare dell’odio e dell’amore (Macerata 1666; e sotto il nome di Giacinto Andrea Cicognini: Macerata 1667); Il costante fra gl’huomini overo L’honore impegnato per la conservatione del regno (a nome di Cicognini, Roma 1667 e Bologna 1670); Rivale amore di tre fratelli per la persa sorella (Vienna 1675; con il titolo La Matilde overo I tre fratelli rivali negli amori dell’incognita sorella, Bologna s.d.); La fedeltà costante overo L’honore immascherato (Roma 1677); Le false opinioni schernite (Viterbo 1677, Bologna 1690, Viterbo s.d.; a nome di Girolamo Barbieri, Venezia 1678, Bologna s.d.); Il traditor fortunato (adespota Bologna 1678; a nome di Susini: Bologna, 1685); La cortesia tra rivali (Perugia 1679, Firenze 1691); Donna saggia può ciò che vuole (adespota Firenze 1679; poi Bologna 1694); L’innocente mezzano di sua consorte (Venezia 1683); L’amoroso segretario (Firenze 1690, Bologna 1695). Vivo l’autore, queste opere circolarono, come di consueto nel Seicento, perlopiù manoscritte (ne sopravvivono diverse in biblioteche italiane e straniere). Altre otto commedie non risultano stampate: L’amante di sé stesso, Di male in peggio, Il giudice di sua causa, Le nozze per amore e per forza, La Paulina violata nel tempio, Il traditor favorito, nonché due commedie ‘civili’ e di gusto locale, Il piaccianteo e Le nozze interrotte; queste ultime, ambientate in Firenze, apparterrebbero a quel gruppo di opere ‘originali’ concepite dai commediografi toscani del secondo Seicento che, muovendo dal teatro comico latino, lo rinnovavano nell’argomento e nei personaggi (cfr. Mandò, s.d., p. 28; il titolo del Piaccianteo allude a un personaggio allora popolare, citato nel Malmantile racquistato, 1676, cantare III, stanza 44, famoso per aver dilapidato diverse eredità). Molte commedie, infine, si ispirano al teatro spagnolo coevo, una drammaturgia dalla quale attingeva una nutrita schiera di autori attivi in Toscana (come i già citati Cicognini e Bartolommei, Mario Calamari, Giovanni Battista Ricciardi, Ludovico Adimari, Antonio Fineschi da Radda) che adattarono comedias di Felix Lope de Vega, Calderón, Tirso de Molina, Juan Pérez de Montalbán, Francisco de Rojas Zorrilla e Antonio Mira de Amescua. Fra le commedie di Susini rientrano in questo filone Il giudice di sua causa (da El juez en su causa di Lope), il citato Di male in peggio e L’amoroso segretario (da El secreto a voces di Calderón).

In qualità di traduttore, Susini tenne conto dell’orizzonte di attesa dei propri spettatori, spaziando dall’adattamento fedele (Il giudice di sua causa, Di male in peggio) al libero rimaneggiamento (L’amoroso segretario). Intento a offrire testi fruibili e scenicamente efficaci, eliminava brani e riferimenti che potessero risultare oscuri o che rallentassero l’azione, aggiungeva spiegazioni e riepiloghi dell’accaduto e riportava con cura le indicazioni sceniche, fornendo altresì didascalie gestuali per gli attori. Trattava con la consueta libertà le parti comiche, vuoi accorciandole (Il giudice di sua causa) vuoi dilatandole e affidandole a personaggi che si esprimevano magari in vernacolo (Di male in peggio), ma non esitava a introdurre modifiche incisive nei personaggi principali, nobilitandone le azioni (Di male in peggio) o polarizzandoli tra buoni e cattivi, senza sfumature né zone d’ombra (Il giudice di sua causa). Come altri traduttori coevi, Susini si sforzò di ricondurre la natura mista degli originali spagnoli entro i limiti del genere comico, eliminando l’ambivalenza di finali non del tutto felici (Di male in peggio).

L’unico dramma per musica pervenuto, Le nozze in sogno, dedicato al cardinal Carlo de’ Medici, andò in scena nel maggio del 1665 per inaugurare il teatro alla Volta degli Spini gestito dall’Accademia degli Infuocati. È un «dramma civile», ambientato a Livorno nel gennaio dell’anno prima, sulla scia delle opere di soggetto comico introdotte nel teatro della Pergola da Giovanni Andrea Moniglia negli anni Cinquanta sotto l’egida dell’altro cardinale mediceo, Giovanni Carlo. Nell’accentuato plurilinguismo (italiano poetico, vernacolo di città e di campagna, giudeo-italiano, calabrese, siciliano) esso rispecchia la realtà vigente nella città portuale, dove le cosiddette leggi ‘livornine’ avevano accolto comunità delle più varie provenienze (Franceschini, 2018). La musica delle Nozze in sogno, conservata adespota a Parigi, fu dell’aretino Antonio Cesti, maestro di cappella alla corte di Innsbruck (Michelassi - Vuelta García, 2015); appunto a Innsbruck, nel Festival di Musica barocca del 2016, l’opera è stata allestita (direttore Enrico Onofri, regista Alessio Pizzech).

Restano infine, in biblioteche fiorentine, diversi prologhi e intermezzi di Susini, molti per musica, come gli Intermedi della Cuccagna [...] rappresentati in musica nell’Accademia de’ Sorgenti l’anno 1665 (Vuelta García, 2013, pp. 151 s.).

La fama di Susini drammaturgo oltrepassò i confini della Toscana. A Roma la sua produzione teatrale era nota fin dal 1661: in una lettera del 17 dicembre di quell’anno l’abate Marc’Antonio Ducci Guicciardini riferisce recite di commedie di Cicognini, Susini e Ricciardi fatte in una piccola accademia di cavalieri da lui promossa a Trinità dei Monti. Nel 1677 Le false opinioni schernite e La fedeltà costante andarono in scena nell’aristocratico collegio Clementino. Nel 1675 si ha notizia addirittura di una recita dei Tre fratelli rivali alla corte di Vienna.

A Firenze le commedie di Susini ebbero successo e furono date a corte, in accademie e in case private fino ai primi decenni del Settecento (per un elenco delle recite documentate cfr. Michelassi - Vuelta García, 2013, pp. 161 s.). Alcune di queste recite suscitarono scalpore, mettendo in difficoltà l’autore: fu il caso, nel 1664, delle False opinioni schernite, giudicata «un suggetto eretico e dannato» (come risulta dal prologo manoscritto per Le nozze in sogno, Vuelta García, 2013, pp. 154 s.).

Susini visse a Firenze, ma negli ultimi anni soggiornò per qualche tempo anche a Roma, dove si recò una prima volta nel 1668, per l’investitura cardinalizia di Leopoldo de’ Medici: lì poté frequentare Salvator Rosa, assieme al caro suo amico Panciatichi, canonico del duomo di Firenze. Rosa doveva aver conosciuto Susini adolescente durante il suo primo soggiorno fiorentino (1641-47).

In alcune lettere indirizzate da Roma al pisano Ricciardi egli accenna alle visite di Panciatichi e Susini e alla passione di questi per il teatro, in special modo per i drammi musicali (in particolare nella lettera del [14] aprile 1668, in Rosa, 2003, p. 371).

Anche da Roma Susini continuò a inventare commedie, come risulta da una lettera del cardinal Leopoldo a Magliabechi, da Roma il 7 marzo 1670: «Ho caro che vi sia piaciuta la commedia del Susini, e se egli avesse il fondamento dello studio opererebbe molto bene, perché l’ingegno non gli manca» (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano VIII, 718, c. 14r; cit. in Mirto, 2012, p. 87). A Roma però si ammalò gravemente e fu costretto a tornare a Firenze (lettera di Panciatichi a Magliabechi, Roma, maggio 1670; Panciatichi, 1856, lettera XXXII, p. 232). Lì il lungo isolamento in campagna fece credere che fosse deceduto: in una lettera Susini informava il cardinale della falsa notizia, con un riferimento ironico al «lazzo dell’enamorato in commedia quand’è creduto morto» (Vuelta García, 2013, p. 21). Morì non molto dopo, l’8 settembre 1670.

In una lettera scritta al cardinal Leopoldo l’indomani della scomparsa del commediografo, il fratello Antonio si preoccupava che ne venisse preservata la memoria (egli stesso ne riportò poi in scena alcuni testi nella villa medicea di Poggio a Caiano) e si affidava al principe affinché le sue opere drammatiche e poetiche venissero avviate alle stampe (Vuelta García, 2013, p. 21).

Fonti e Bibl.: Le fonti biografiche e la bibliografia su Pietro Susini sono ampiamente compendiate in S. Vuelta García, Il teatro di P. S. Un traduttore di Lope e Calderón alla corte dei Medici, Firenze 2013. Qui si citano soltanto i contributi maggiori e quelli successivi a tale data: P. Zipoli (L. Lippi), Il Malmantile riacquistato, Finaro 1676; L. Panciatichi, Scritti vari, a cura di C. Guasti, Firenze 1856; J.W. Hill, Le relazioni di Antonio Cesti con la corte e i teatri di Firenze, in Rivista italiana di musicologia, XI (1976), pp. 27-47; S. Rosa, Lettere, a cura di G.G. Borrelli, Bologna 2003, pp. 350, 354, 360, 371, 373, 398; M.V. Cabani, Testo e commento nel «Malmantile racquistato», in Firenze milleseicentoquaranta, a cura di E. Fumagalli - A. Nova - M. Rossi, Venezia 2010, pp. 115-151; A. Mirto, Lettere di Antonio Magliabechi a Leopoldo de’ Medici (1666-1675), Roma 2012, p. 87; N. Michelassi - S. Vuelta García, Il teatro spagnolo a Firenze nel Seicento, I, Giacinto Andrea Cicognini, Giovan Battista Ricciardi, P. S., Mattias Maria Bartolommei, Firenze 2013; Iid., Antonio Cesti e la partitura delle «Nozze in sogno» (Firenze 1665), in Il Saggiatore musicale, XXII (2015), pp. 203-214; F. Franceschini, Giudeo-romanesco a Livorno. L’ebreo stregone e il teatro delle lingue nelle «Nozze in sogno» (1665), in Nuova Rivista di letteratura italiana, XXI (2018), 1, pp. 47-68.

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