Pieve al Toppo

Enciclopedia Dantesca (1970)

Pieve al Toppo

Giovanni Cherubini

Località, a circa dieci chilometri da Arezzo, sulla strada che porta a Siena. Il 26 giugno 1288 gli Aretini tesero qui un'imboscata ai Senesi che ritornavano dall'assedio della città. All'avvenimento si accenna in If XIII 121, nell'episodio di Lano, e D. usa l'espressione giostre dal Toppo per indicare, forse sia il corpo a corpo che caratterizzò il combattimento, sia la faciloneria dei Senesi che, quasi fossero a giostrare in un torneo e non in guerra, non valutarono sufficientemente i rischi e caddero nell'imboscata.

Il colpo di mano del 1287 in Arezzo, dando la città in potere agli Ubertini e cacciandone i guelfi, aveva riaperto le ostilità tra guelfi e ghibellini in Toscana, e in questo quadro s'inserisce la spedizione che i Fiorentini, con gli alleati guelfi delle città toscane e di alcune città marchigiane, prepararono contro gli Aretini. Dopo aver distrutto castelli nemici e devastato le campagne, l'esercito giunse sotto le mura di Arezzo e lì corse il palio, ma poi, mancando in realtà i mezzi per un vero assedio, prese la via del ritorno. Per quanto consigliati dai Fiorentini, per evitare sorprese da parte degli Aretini, di fare la loro stessa strada fino a Montevarchi e poi attraverso le colline chiantigiane tornare a Siena, i Senesi, che intendevano attaccare il castello di Lucignano, preferirono prendere da soli la strada diretta per la loro città. Con loro c'erano Ranuccio Farnese, a capo di truppe mercenarie, e un gruppo di cavalieri al soldo di Firenze. Il 25 giugno i Senesi partirono dalla città nemica, ma nella notte gli Aretini mandarono trecento cavalieri e duemila fanti, al comando di Bonconte da Montefeltro e Guglielmino dei Pazzi, presso P. al Toppo per preparare l'imboscata. Infatti il 26, mentre i Senesi passavano a guado la Chiana, disordinatamente e senza preoccupazione alcuna, gli Aretini attaccarono e, nonostante l'inferiorità del numero, misero in fuga gli avversari colti di sorpresa. Pare che trecento ragguardevoli cittadini senesi e grandi del contado rimanessero sul campo di battaglia; lo stesso Farnese perse la vita, mentre duecento prigionieri furono portati ad Arezzo.

Bibl. - Davidsohn, Storia II II 425-428.

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