LANTERI, Pio Bruno

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 63 (2004)

LANTERI, Pio Bruno (Brunone)

Giuseppe Griseri

Nacque a Cuneo il 12 maggio 1759 dal medico Pietro, originario di Briga Marittima, e da Margherita Fenoglio; a quattro anni rimase orfano della madre, deceduta dopo avere dato alla luce il decimo figlio. Terminati gli studi nelle scuole secondarie locali, nel 1776 decise di entrare nella vicina certosa di Chiusa Pesio, ma la gracile costituzione non gli consentì di sopportare i rigori della vita monastica. L'anno successivo, con il consenso del vescovo di Mondovì, M. Casati, vestì l'abito talare e si trasferì a Torino per proseguire gli studi nella facoltà di teologia di quella Università, vivendo però fuori dal seminario, probabilmente ancora a causa delle delicate condizioni di salute.

Nel 1779 venne a contatto con l'ex gesuita N.J.A. von Diessbach, e si mise sotto la sua guida spirituale. Diessbach provò subito molta stima per lui e lo volle con sé nel viaggio intrapreso nel gennaio 1782 per Vienna, per preparare quello di Pio VI. Rientrato in patria, il 25 maggio dello stesso anno il L. venne ordinato sacerdote dall'arcivescovo di Torino, V. Costa d'Arignano, e il successivo 13 luglio conseguiva la laurea in teologia. Frequentò quindi per un triennio le conferenze di teologia pastorale; nell'ottobre 1785 ottenne la patente per le confessioni.

Nel frattempo partecipava con molto impegno alle opere del Diessbach, come uno dei discepoli più fedeli e assidui. Svolse un ruolo particolarmente rilevante in seno all'Amicizia cristiana, società segreta fondata a Torino dal Diessbach tra il 1778 e il 1780 con un gruppo ristretto di uomini e donne, che si dedicavano alla diffusione di libri a sostegno del cattolicesimo contro le deviazioni dottrinali del secolo XVIII.

Il L. ne fu inizialmente secondo bibliotecario, incaricato dell'organizzazione, e alla morte del fondatore (1798) gli subentrò nella direzione del sodalizio. Sulla scorta degli insegnamenti del Diessbach si prefisse principalmente di combattere la irreligiosità portata dalla cultura illuministica, l'antipapalismo sul piano dottrinale e politico e il rigorismo morale giansenistico, cui opponeva l'insegnamento di Alfonso Maria de' Liguori. Nel frattempo prendeva anche parte all'attività di altre società segrete, collegabili per qualche aspetto all'Amicizia cristiana. Nel 1781 il chierico J.-F. Murgeray introduceva a Torino l'AA (Assemblée des amis o Assemblée des associés), considerata una derivazione delle Congregazioni mariane dei gesuiti. Gli associati appartenevano quasi tutti all'Amicizia cristiana; il L., compagno di studi e amico del fondatore, fu uno dei primi membri attivi sino a che un provvedimento di polizia lo relegò a Bardassano. Un'altra società segreta cui prestò la sua collaborazione fu l'Amicizia sacerdotale, fondata a Torino tra il 1781 e il 1782 dal Diessbach su richiesta di alcune "amiche cristiane". Analogamente alla precedente, essa si proponeva la formazione spirituale e intellettuale del giovane clero, un problema aperto malgrado l'apporto dato dalla riforma dei seminari, perché non pochi chierici trascorrevano gli anni degli studi fuori di essi. Era intendimento del fondatore di diffondere l'Amicizia sacerdotale a tutte le diocesi d'Italia, ma, nonostante gli sforzi suoi e del L., che nel 1798 gli successe nella direzione, i risultati non furono di molto rilievo: riuscì solo ad avere sedi a Firenze, forse a Montepulciano e a Milano.

Nel periodo rivoluzionario e durante l'occupazione francese del Piemonte il L., con l'amico e conterraneo L. Virginio, cercò di mantenere i contatti con le "colonie" dell'Amicizia costituitesi tra l'altro a Milano, Firenze, Roma, Friburgo in Svizzera, Augusta, Parigi, Vienna, Varsavia. Riuscì pure a dare un nuovo impulso all'Amicizia torinese, attivando il progetto di aprire case di campagna o di solitudine per tenervi corsi di esercizi spirituali, adattando allo scopo una villetta detta La Grangia nella sua tenuta di Bardassano. Molto esperto in questo genere di pratica, oltre a tenere innumerevoli corsi lasciò sull'argomento una considerevole quantità di manoscritti che, anche se non sempre originali, attestano il suo profondo interesse per la materia, tale da farlo considerare, insieme con il teologo L. Guala, uno dei maestri più autorevoli.

A seguito dell'inasprirsi del conflitto fra Napoleone e Pio VII e della segregazione di quest'ultimo a Savona (1809), il L. promosse a Torino la costituzione di un comitato segreto per soccorrere il pontefice, sia finanziariamente sia facendogli pervenire documenti e notizie utili. Ne facevano parte l'abate M. Daverio, il Guala, il cav. Cesare Renato Galleani d'Agliano e i banchieri F. Nigra e A. Gonella.

Appreso che a Pio VII faceva d'uopo avere il testo delle decretali di Bonifacio VIII e degli atti del secondo concilio di Lione, per provare a Napoleone l'infondatezza delle sue pretese, il L. trascrisse tali documenti e li fece giungere tramite il coraggioso cavalier d'Agliano, che in occasione di una visita al papa glieli fece scivolare di nascosto tra le pieghe della veste. Ma la polizia, che già teneva sotto sorveglianza il L. per le sue opinioni ultramontane e perché riceveva in confessione molte persone sulle quali sembrava esercitare una grande influenza, il 29 genn. 1811 effettuò una perquisizione nella sua casa a Torino. In conseguenza, il 29 marzo successivo il ministro dei culti F.-J. Bigot de Préameneu ingiungeva all'arcivescovo di Torino G. Della Torre di privarlo della facoltà di confessare. Il prelato si affrettò a eseguire l'ordine, sicché poco dopo il L. era costretto a ritirarsi nella sua tenuta di Bardassano. La relegazione lo costrinse a ridurre i rapporti con le società che dirigeva, ma gli consentì di dedicarsi con maggiore impegno all'attività di pubblicista. Appartiene a questo periodo una serie di suoi trattatelli intesi a spiegare alla luce della dottrina romana gli avvenimenti politico-ecclesiastici del tempo e a chiarire i fondamenti delle prerogative papali.

Il suo rientro dal confino, nei primi mesi del 1814, non portò a un'immediata ripresa dell'Amicizia cristiana. Alcuni suoi uomini, come C. Taparelli d'Azeglio e G. Provana di Collegno, accettarono incarichi politici che resero opportuni mutamenti nelle forme operative del sodalizio. Da parte sua, nel febbraio 1815 il L. raccolse attorno a sé a Torino un gruppo di sacerdoti e chierici per portarvi la Pia Unione di S. Paolo, fondata a Roma nel 1790 dall'ex gesuita L. Felici per reclutare confessori, istruttori, consolatori per gli ospedali, per i poveri abbandonati e le prigioni. L'associazione ebbe vita breve, ma anticipò in qualche misura il progetto di corporazione religiosa che si sarebbe concretizzato con la fondazione degli oblati. In quegli stessi anni il L. collaborò anche con il Guala per fondare il Convitto ecclesiastico di Torino per la formazione del giovane clero.

Infine, dopo lunghe discussioni, il 3 marzo 1817 si riunirono a Torino, in casa d'Azeglio, i soci dell'Amicizia cristiana per riprendere la loro attività. Il cavalier Provana presentava un suo progetto di associazione pubblica per la diffusione dei buoni libri e la lotta contro la Società biblica protestante.

Formato da soli laici, il sodalizio ebbe dapprima il nome di Società ecclesiastico-biblica, e in un secondo tempo assorbì l'Amicizia cristiana. Sembra che il L. fosse contrario a questa trasformazione, ma la documentazione al riguardo è molto scarsa. Peraltro nel novembre successivo, con l'ingresso nella società del conte J. de Maistre, si giunse a una soluzione di compromesso: su proposta di questi la società prese il nome di Amicizia cattolica. Ne facevano parte uomini di primo piano nell'orizzonte politico subalpino: il marchese C. Taparelli d'Azeglio grande di Corona, il conte L.A. Gattinara di Zubiena reggente la Grande Cancelleria, il marchese G. Massimino, presidente capo del Consiglio di finanze, il conte de Maistre ministro in Russia e poi reggente la Grande Cancelleria, il conte T. di Piobesi gentiluomo di Camera, il conte G. Tornielli direttore generale del Debito pubblico, il marchese G. Brignole presidente capo dell'Istruzione pubblica, il conte P. Ferrari di Castelnuovo avvocato generale, poi presidente del Senato di Nizza. Distribuita in colonie e corrispondenti, la società si estese in numerose città del Piemonte e anche fuori dello Stato. Nel gennaio 1822 il segretario d'Azeglio iniziava la pubblicazione del periodico L'Amico d'Italia, destinato a coloro che restavano estranei alle distribuzioni gratuite dei "buoni" libri. Pur non presentandosi come portavoce del sodalizio, perseguiva lo stesso programma di restaurazione cristiana. Costituiva inoltre uno dei primi esempi di giornalismo cattolico.

L'attività dell'Amicizia cattolica nella diffusione libraria divenne imponente ed estesa, ma non priva di inconvenienti. L'appartenenza al sodalizio facilitava l'accesso a pubblici impieghi e la concessione di benefici di vario genere, ciò che gli dava l'aspetto di un gruppo di potere, suscitando forti opposizioni soprattutto tra i sostenitori di principî gallicani nei rapporti Chiesa-Stato e tra i fautori del rigorismo di impronta giansenistica, gli uni e gli altri molto radicati nel Piemonte della Restaurazione. Le denunce del censore deputato alla teologia, G. Bessone, contro l'importazione dalla Francia di libri il cui contenuto era considerato lesivo della "plenitudo potestatis" del principe, come il De l'immunité des personnes ecclésiastiques del padre A. Muzzarelli (Avignone 1828), l'ostilità del segretario di Stato per gli Affari interni G. Roget de Cholex, unitamente alle pressioni del primo ministro russo conte K.R. Nesselrode, preoccupato per presunte analogie tra Amicizia cattolica e templari di Polonia, indussero Carlo Felice a disporre nel giugno 1828 lo scioglimento dell'associazione.

Il L., benché estraniato dall'Amicizia, aveva continuato a seguirne con simpatia l'attività, non lasciandole mancare il proprio appoggio ma evitando di farsi coinvolgere nelle vicende che ne segnarono la fine. In quegli anni egli fu principalmente occupato nel seguire da vicino le vicende della Congregazione degli oblati di Maria (sorta nel 1814 in Carignano per iniziativa del sacerdote G.B. Reynaudi, membro della citata Pia Unione), sino a dirigerla.

La Congregazione aveva lo scopo di attendere al ministero della predicazione e delle confessioni. Il L. le dette forma istituzionale, con i tre voti religiosi più un quarto di perseveranza e apposite regole. Le finalità diventavano quelle già indicate dal Diessbach: predicazione degli esercizi di s. Ignazio, preparazione dei sacerdoti novelli ai compiti della vita pastorale, lotta agli errori moderni con particolare riguardo a quelli che si opponevano alle prerogative pontificie, diffusione della "buona" stampa. Il 13 nov. 1816 ottenne l'istituzione canonica dal vicario capitolare E. Gonetti, e l'anno successivo la convalida delle regole; tuttavia la pratica per l'approvazione da parte della S. Sede si arenò a Torino per l'opposizione dell'arcivescovo C. Chiaverotti, incline al rigorismo morale per la sua estrazione dall'Ordine certosino e neppure avverso al regalismo, per una precedente esperienza di magistrato. Onde evitare contrasti, il 29 maggio 1820 il L. preferì sciogliere la Congregazione.

A fare rinascere l'interesse per l'istituzione religiosa fu il vescovo di Pinerolo, P.-J. Rey, che nel 1825 offrì al L. l'appoggio necessario a rilanciare l'iniziativa. All'approvazione diocesana seguì quella pontificia, concessa da Leone XII con il breve Etsi Dei Filius (1° sett. 1826). Maggiori difficoltà incontrò la pratica per ottenere il regio exequatur, data l'opposizione congiunta del segretario di Stato all'Interno, conte G. Roget de Cholex, e dell'arcivescovo Chiaverotti. A rimuovere gli ostacoli fu ancora il Rey, intervenendo presso Carlo Felice. L'approvazione governativa fu infine concessa il 12 giugno 1827.

Il L. morì a Pinerolo il 5 ag. 1830.

Le lettere del L., reperite in vari archivi italiani ed esteri, sono state pubblicate in Carteggio del venerabile padre Pio Bruno Lanteri (1759-1830) fondatore della Congregazione degli oblati di Maria Vergine, a cura di P. Calliari, I-V, Torino 1975-76. Gli scritti editi e inediti, conservati nell'Archivio degli Oblati di Maria Vergine nella casa generalizia di Roma, sono stati riportati su supporto elettronico, ricavato dalla banca dati del Centre Informatique et Bible di Maredsous (Belgio), e pubblicati a stampa: P.B. Lanteri, Scritti e documenti d'archivio, I-IV, Roma-Fossano 2002.

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